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Simracing per tutti: iniziare spendendo poco

I costi nel motorsport reale sono proibitivi... ma nel simracing si può cominciare spendendo poco!
Simracing per tutti
  • Giulio Scrinzi
    Giulio Scrinzi

    Simracing eSports: perché la guida simulata ad alto livello deve cambiare… al più presto!

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    Oggi scriverò un articolo diverso. E lo scriverò in prima persona. Nella mia carriera di pilota virtuale non ho fatto tantissime gare: tra le competizioni più importanti ho partecipato alla prima edizione del World’s Fastest Gamer, del McLaren Shadow (qualificandomi per due eventi su tre) e recentemente del Karting eSports Championship. 

    Sono un appassionato di motori e corse, adoro i go-kart e le monoposto. In realtà, nel corso del tempo ho cercato più che altro di sfruttare il simracing per affinare le mie capacità di pilota e la mia concentrazione dietro al volante, in tutte quelle occasioni che non sono realmente in pista. Perchè in garage ho un KZ a marce, acquistato con mille sacrifici e che mi manca tanto, troppo. Almeno finché non guardo il cronometro.

    Ma torniamo a noi. Di recente ho voluto rimettermi in gioco partecipando al Karting eSports Championship su rF2: partito con l’entusiasmo a mille, ho iniziato a girare a Buckmore Park per passare la prima fase di qualificazione, basata sul famigerato “hotlapping” a suon di millesimi di secondo. E qua ho capito che prima o poi un articolo così l’avrei scritto, per elencare tutti i problemi attuali del mondo eSport a quattro ruote.

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    QUANDO TUTTO SI RIDUCE A UNA PROVA IN STILE “GUITAR HERO”…

    Il primo problema della guida simulata che ho riscontrato si è manifestato proprio nella prima sfida che ho dovuto affrontare. Quattro giorni di hotlapping per far segnare il miglior tempo in assoluto e qualificarsi nei primi 60 piloti che avrebbe avuto accesso alle Semi-Finali sul circuito di Glan-Y-Gors. Già dopo la prima ora ero stufo da una parte… e indiavolato dall’altra.

    Tra l’altro, sapete benissimo che un X30 monomarcia ha solamente un freno dietro… quindi per andare il più veloce possibile ho praticamente annullato il fenomeno del bloccaggio dell’assale posteriore, calibrando il pedale del freno con una forza frenante da Formula 1. Il risultato? In curva il mio kart rimaneva molto più stabile e potevo utilizzare il trail braking come niente fosse fino all’apice della curva. Realistico? Neanche per idea: su un monomarcia si frena diversamente.

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    Praticamente ho snaturato il comportamento di un kart, pur di andare veloce. Tra l’altro, passando nella chicane centrale del circuito tagliandola tranquillamente in entrata… perché rFactor 2, non si sa perché, non è stato in grado di rilevare questa traiettoria come un “cut track”. Splendido, vero? Alla fine, con un tempo di 37’’998 mi sono qualificato 48esimo, ma questa prima prova mi ha lasciato un bel po’ di amaro in bocca.

    Rispetto ai tempi del WFG e del McLaren Shadow, niente è cambiato. Chi ha il miglior hardware, ovviamente, ha quei due-tre decimi di secondo garantiti su tutti coloro che si sono arrangiati con un G29 attaccato alla scrivania, ma in ogni caso una fase di hotlapping spalmata su più giorni si traduce in… continuare a girare in tondo all’infinito sperando che, su 100 giri, almeno uno riesca bene e permetta di migliorare il proprio best lap. Avete presente i giocatori di Guitar Hero che si dilettano nel fare record su record con delle combo pazzesche? Ecco, siamo di fronte più o meno alla stessa cosa. Anche loro passano le ore a provare, provare e provare ancora, sperimentando fasi mentali che vanno dall’entusiasmo iniziale alla noia mortale, per terminare nella frustrazione più assoluta che può sfociare in un odio profondo verso quello che si sta facendo.

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    Tornando a noi… ma la guida virtuale non dovrebbe essere, sulla carta, una simulazione di ciò che si fa in realtà? In una pista vera, quando ci sono le qualifiche, si hanno a disposizione due, tre giri quando va bene, esclusi quelli di in-lap e di out-lap. E quei tre giri si fanno in apnea. Sempre a seconda di quanto le gomme riescono a rendere in termini di massima prestazione possibile. Non si pensa, non si ha il tempo, anche perché così facendo perdi decimi preziosi e, nel caso peggiore, puoi arrivare all’errore. Si diventa un tutt’uno con il proprio mezzo da corsa. Si usano i sensi che ci ha dato Madre Natura, ci si connette con il proprio Io interiore che vuole correre, sempre più veloce.

    Questo, di fronte a una prova di simracing del genere, ti dà una mano i primi dieci minuti. Poi si stufa anche lui. Ah già, dimenticavo! La fase di hotlapping in questione è stata settata senza il consumo di carburante, così ci è stata data la possibilità di girare con il minimo sindacale senza preoccuparci minimamente di finire la benzina. Il tyre wear, invece, è rimasto attivo, ma con le gomme di questo X30 virtuale si può girare praticamente senza limiti prima di intravedere un minimo di degrado in termini di prestazione. Mah…

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    LE GARE SI VINCONO ALLA PRIMA CURVA. O FORSE NO…

    Un po’ a sorpresa, quindi, sono riuscito a passare alle Semi-Finali. Sì, perché in realtà ho girato solamente un pomeriggio: quando mi sono accorto di quanto era irrealistico quello che stavo facendo, ho mollato lì. Poi, però, ecco la mail per la gara a Glan-Y-Gors. Va bene, sono in ballo, corriamo. La pista, tuttavia, è una di quelle che non mi piacciono.

    Comincio a girare sui server dedicati, allungo il rapporto dell’X30 a sfinimento e alla fine, poco prima dell’inizio dell’evento, comincio a intravedere un barlume di speranza di poter essere, finalmente, competitivo. Sono lontano solo mezzo secondo dai più veloci e correrò nella Semi-Finale C. Mi qualifico al settimo posto: se riesco ad arrivare sesto, rientro nei sei posti disponibili per la Finale al Paul Fletcher International. Vale la pena provare, dai.

    Prima di partire mi faccio il segno della croce. No, non imito Ayrton Senna, ma in quelle poche gare che ho fatto nella mia vita il primo giro è sempre stato un calvario. Questa volta, invece, tutto sembra filare tranquillamente. Trovo il mio ritmo e sono a un passo dal scavalcare il sesto classificato per andare a prendermi la qualificazione. Nella parte finale del circuito il mio avversario mi frena davanti e io lo tocco: perdo terreno, un altro pilota mi scavalca e… volano i Santi.

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    Ora sono ottavo, ma stavolta il destino decide di farmi un regalo: i due davanti a me commettono un errore e vanno a muro, e io mi involo verso il sesto posto assoluto al traguardo. Ce l’ho fatta! In realtà è stata anche una bella gara… chissà come sarà a PFI! L’avessi mai detto… Qui comincio a fare un po’ di setup e, cercando di guidare il più pulito possibile, riesco a centrare costantemente un tempo che, idealmente, mi metterebbe in lizza per la Top 5.

    Mi sento motivato, sono pronto per le qualifiche. Ma non si sa il perché, rispetto alla gara a Glan-Y-Gors, vengono disputate non in “sede separata”, cioè ogni pilota per conto suo… ma tutti assieme! Venti piloti in un kartodromo che tentano l’assalto al tempo in otto minuti. Non mi è mai successo. Ci provo, ma guido male e partirò dalla nona casella. Il tempo? 56’’810, ma potevo tirare giù almeno un decimo e mezzo.

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    In gara mi gioco il tutto per tutto: si fa per dire perché, onestamente, sul podio non ci sarei comunque arrivato, in ogni caso. Si spengono i semafori rossi e cerco di stare attento agli altri piloti in pista, lasciando il giusto spazio senza cercare il contatto. Ma nelle prime due curve tocco il cordolo e, di rimbalzo, finisco contro il kart rosso alla mia destra. Disastro assoluto.

    Riesco a proseguire, ma capisco che sono stato io a commettere l’errore. Rallento, mi sento colpevole. Gli altri, intanto, continuano a gareggiare come niente fosse successo. Ovviamente i danni sono disabilitati. Così facendo creo più casino che altro. Mi tocco ancora un paio di volte, passo vicino ai box e mi verrebbe da ritirarmi… Ma perché scusa? Qui entra in gioco il mio ego, che mi fa ripartire incurante di chiunque stia in pista in quel momento.

    Comincio a battagliare: gestisco il mio ego e rispetto comunque i miei avversari, ma il bello è che sono loro a non rispettare me. Entrano dentro in curva come non ci fosse un domani, mi spingono, mi fanno sbagliare. I miei errori non sono finiti qui e tra escursioni nell’erba e lunghi in staccata, sono solamente 11esimo. Provo qualche attacco, sorpassando nella maniera più corretta possibile, ma la manovra mi viene restituita con una serie di sportellate che a momenti avrebbero potuto porre fine, stavolta definitivamente, alla mia corsa.

    Ora davanti a me ho un paio di avversari che mi bloccano. Mi prendo due, tre giri per studiarli. Provo ad attaccare il primo quando ormai il mio kart è davanti al suo, ritardo la frenata ma lui, non si sa come, riesce ad entrare più forte, mi chiude la traiettoria e… ci manca poco che mi giro e vado a muro. Recupero ancora, mi rifaccio sotto. Mancano tre giri. Finalmente i due davanti a me commettono degli errori, che mi permettono di scalzarli senza troppi problemi. Sono nono, manca un giro e mezzo. Aumento il ritmo e sotto il traguardo passo a meno di un secondo dall’ottavo classificato. Dalla rabbia, dalla delusione e dallo sconforto chiudo la mia corsa in retromarcia sotto la bandiera a scacchi. Meno male è finita.

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    COSA NON HA FUNZIONATO?

    Questa è stata la mia esperienza nella prima edizione del Karting eSports Championship, che in fin dei conti ha riproposto tutto quanto avevo già visto nelle gare a cui ho partecipato in questi anni. Tralasciando la parte di hotlapping che abbiamo già affrontato, posso dire che in questa competizione il rispetto dell’avversario è stata una delle gravi mancanze che si sono notate in pista.

    D’altronde, quando un pilota vuole vincere, ci prova a tutti i costi. Anche a discapito degli altri? Certamente. Nel simracing è concesso. Tanto al limite chiedi scusa e, nei casi più eccezionali, ti danno una squalifica, che vuoi che sia. Io ho corso proprio come avrei fatto nella realtà: ho sbagliato, soprattutto ad inizio gara, non ci sono dubbi. Ma poi ho lasciato sfilare quei piloti che ho danneggiato, tentando infine di ricostruire la mia gara.

    Ad un certo punto ho dovuto tirare fuori un po’ di coraggio, perché sinceramente le mille sportellate che ho ricevuto mi hanno fatto capire che in questo mondo, come nella vita, “o mangi, o vieni mangiato”. Nel motorsport reale è la stessa cosa, ma almeno lì i piloti hanno un po’ di buonsenso. Capiscono quando c’è la possibilità di effettuare un sorpasso senza rovinare la gara del proprio avversario. Capiscono quando una manovra ha un senso oppure no. Ma soprattutto, non cercano a tutti i costi di ostacolarti speronandoti per farti uscire di pista.

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    Magari a PFI gli avversari contro cui ho corso non l’hanno fatto di proposito, ma questa è un’eventualità a cui ci credo poco. Forse questi comportamenti sono dovuti alla consistenza ancora acerba di questo Campionato? Mah, con il sostegno di Motorsport UK, Motorsport Games e il British Karting Championship, sinceramente non ci sono scuse che tengano. Come nella fase di qualificazione, anche in gara nessun consumo di carburante e danni disattivati. Una gara ideale, insomma. E di nuovo, dover farmi piacere quel comportamento dell’X30 tutt’altro che realistico, pur di farlo correre il più velocemente possibile. 

    Forse per un gamer o per un pilota virtuale che non ha mai provato realmente questi piccoli missili a quattro ruote l’intero Campionato è stato divertente… ma non per me. Tante cose non hanno funzionato, tra le quali anche un sistema di detection dei tagli della pista che si attivava praticamente quando voleva lui. Ciò che mi ha deluso di più, tuttavia, è stata la condotta irrispettosa di coloro con cui ho avuto a che fare, quasi fosse una semplice garetta online in uno dei tanti server pubblici di rFactor 2 o di Assetto Corsa. Già tanto che non si è palesato il solito “fenomeno” impazzito che ti centra di proposito, giusto perché gli va di fare così…

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    CONCLUSIONE

    L’avevo detto che quest’articolo sarebbe stato diverso. Anche stavolta mi sono messo in gioco e, a momenti, ne sono uscito peggio di come sono partito. Nel mezzo qualche spiraglio di luce l’ho visto, forse dato dal fatto che, con il giusto impegno e determinazione, si può arrivare a competere anche a un livello parecchio elevato nonostante un equipaggiamento tutt’altro che al top.

    Complessivamente, però, mi sarei aspettato una maggiore professionalità da parte di tutti coloro che hanno partecipato a una competizione di questo tipo. Se volevo fare gli autoscontri, avrei giocato a Wreckfest. Ma sono un pilota, per cui è normale che io abbia cercato di vivere l’intera faccenda nella maniera più seria possibile. Tuttavia, ho avuto a che fare con degli avversari che, forse, sono ben più giovani di me e hanno preferito divertirsi piuttosto che… allenarsi.

    Sì, perché per me è stato un allenamento, come al solito. Ma forse dovrei ricredermi. Guardare insistentemente la delta bar giro dopo giro durante la fase di hotlapping non esiste nella realtà, così come effettuare una standing start su un kart X30 monomarcia che, di solito, inizia una gara in modalità partenza lanciata (rolling start). Per non parlare del “racecraft”: avessi corso nella realtà come ho fatto a PFI, avrei rotto il telaio almeno 5-6 volte. Per non parlare delle migliaia di danni e di insulti contro i miei avversari che avrei dovuto affrontare una volta tornato ai box.

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    Forse avrei dovuto vivere l’intera faccenda con più spensieratezza, ma non è il mio stile. Probabilmente sarò l’unico a pensare così nel mondo della guida virtuale, ma non mi interessa. Allora mi faccio una domanda: mi è servito il simracing fino a questo momento? Ni. Fare una cosa perché ti serve a farne un’altra va bene fino a un certo punto. Poi ti accorgi che, in realtà, sei solamente davanti a uno schermo che ti arrabbi, insulti tutti e giri un volante da solo nella tua camera… e fondamentalmente sei fermo sulla tua sedia. Non in pista.

    In ogni caso, con questo articolo mi piacerebbe che il simracing ad alto livello, quello che viene praticato come eSport, cambiasse radicalmente faccia. Un conto è prendere parte a un Campionato amatoriale, un altro è partecipare a una competizione come questa, che certamente ha avuto una discreta importanza visto che ha ricevuto il sostegno della divisione Motorsport Games e del British Karting Championship. Vi sembra un deja vu? Avete fatto centro: quanto accaduto è già successo nella prima gara ufficiale organizzata dalla Formula 1 in Bahrain qualche settimana fa. Chissà adesso cosa succederà...

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