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  1. Piloti di DrivingItalia e non solo, bentornati nella nostra guida a puntate in cui vi stiamo mostrando quanto è il gap prestazionale tra un setup di base e un setup modificato su un’auto da corsa nel mondo del simracing. Dopo il caso di un circuito bilanciato come l’Albert Park di Melbourne e quello dove è privilegiata l’alta velocità, condizione toccata sull’Autodromo Nazionale di Monza, oggi andremo ad analizzare l’ultimo caso che ci è rimasto: una pista in cui l’alto carico aerodinamico (o downforce) è ciò che è necessario per andare veramente forte. SETUP AD ALTO CARICO AERODINAMICO: VERSO L’HUNGARORING Come abbiamo visto, i circuiti da velocità in pista si dividono essenzialmente in tre categorie: la prima è quella dove contano le top speed e dove bisogna settare la vettura in modo che generi il minor carico aerodinamico possibile, come Monza e Spa-Francorchamps. La seconda è quella che vedremo oggi e che è caratterizzata dal caso esattamente opposto: alto carico aerodinamico e velocità molto più basse, condizioni ideali per piste come l’Hungaroring o Montecarlo. Infine, l’ultima classe di circuiti è quella bilanciata, dove le caratteristiche di alta velocità e downforce riescono a dialogare in maniera efficace attraverso un compromesso ideale. In Australia, una delle piste racchiuse in questa categoria, il gap prestazionale che abbiamo rilevato è stato poco meno di 3 decimi, mentre sul Tempio della Velocità di Monza il distacco si è assestato a quasi un secondo, segno che il setup, su un tracciato del genere… conta eccome! Cosa succede, invece, se portiamo la nostra Formula Hybrid 2019 sul difficile e tortuoso circuito dell’Hungaroring, sede dal 1986 del Gran Premio d’Ungheria? Siamo di fronte a una pista dove sono privilegiati setup ad alto carico aerodinamico, utilizzata quasi esclusivamente dalle monoposto del Circus iridato nel mese di agosto di ogni anno. È da sempre considerato un tracciato in cui i sorpassi sono molto poco agevolati, a meno di situazioni meteorologiche incerte o perturbate che riescono ad alimentare uno spettacolo, altrimenti, molto poco entusiasmante. Lungo 4,381 km e con 14 curve all’attivo, l’Hungaroring presenta nella sua Hall of Fame il giovane Max Verstappen, che l’anno scorso ha stabilito non solo il record in gara (1’17’’103), ma anche il primato assoluto in qualifica, fermando il cronometro sull’1’14’’572. SETUP AD ALTO CARICO AERODINAMICO: QUANT’È LA DIFFERENZA? Rispetto a quanto visto prima a Melbourne e poi a Monza, il nostro primo shakedown sul circuito ungherese si è rivelato più complicato del previsto. La mod utilizzata ci ha svelato una pista estremamente fedele non solo nel suo layout, ma anche nella sensazione di scivolamento e perdita di aderenza in curva, a causa dello sporco che solitamente si raccoglie ai lati del tarmac quando le monoposto del Circus iridato non corrono in questa location. La mancanza di grip è stata notata non solo a livello dell’aerodinamica posteriore, che sulla Formula Hybrid 2019 è all’ordine del giorno, ma anche di quella anteriore: nel momento di inserire la nostra vettura in curva, abbiamo rilevato una forte tendenza al sovrasterzo, che si è poi accentuata in percorrenza e, ovviamente, in uscita in tutti quei casi in cui abbiamo tentato di tenere puntato il gas e di controllare una situazione che, in poco tempo, è diventata ingestibile. In queste condizioni il nostro miglior risultato con il setup di base è stato un 1’16’’318, che abbiamo sfruttato come punto di partenza per iniziare a individuare alcune modifiche all’assetto grazie anche all’aiuto del nostro Virtual Race Car Engineer 2020. Impostate le temperature delle gomme rilevate dall’apposita app fornita da Assetto Corsa, abbiamo selezionato la sensazione al volante da noi rilevata: ecco quindi i primi consigli su cosa migliorare sulla nostra Hybrid 2019, individuati essenzialmente su un’ammorbidimento dell’anti-roll bar e della taratura delle molle posteriori, assieme a un’estremizzazione del rake con una riduzione dell’altezza da terra anteriore e un aumento di quella posteriore. Procedendo pochi click alla volta per ogni singola modifica, abbiamo gradualmente spostato il grip a nostra disposizione verso il retrotreno risolvendo in buona parte la sensazione di forte sovrasterzo nella fase di richiamare il gas in uscita di curva. Per equilibrare la stessa condizione rilevata in ingresso curva, invece, abbiamo focalizzato la nostra attenzione sull’angolo di incidenza degli alettoni: l’incremento di un paio di click sia nei confronti dell’ala anteriore che di quella posteriore ha cambiato drasticamente la situazione, con un pacchetto aerodinamico ora finalmente in grado di generare la giusta downforce per affrontare a tutta velocità le varie curve dell’Hungaroring. Tra le altre modifiche da noi effettuate, abbiamo anche agito sul differenziale in modo da garantire una maggiore progressività della potenza generata dalla nostra power unit: un settaggio meno aggressivo in “Power” e uno più consistente in “Coast”, testati opportunamente sempre pochi click per volta con alcuni giri di pista. Per quanto riguarda gli ammortizzatori, abbiamo preferito diminuire giusto di un paio di click i valori in compressione ed estensione, mentre a livello delle gomme abbiamo settato la pressione a 15 PSI all’avantreno e a 14 PSI al retrotreno. Il risultato finale? Dopo alcuni tentativi con i quali abbiamo trovato il giusto ritmo e la giusta concentrazione, siamo riusciti ad abbattere il muro dell’1’16’’, fermando il cronometro sull’1’15’’753. Una prestazione difficile, che però ci ha permesso di migliorare il nostro riferimento di ben 565 millesimi, quindi perfettamente in linea con le previsioni che avevamo fatto all’inizio di questa guida. CONCLUSIONI Con questo nostro ultimo test abbiamo concluso questa speciale guida sul setup nel simracing, in cui abbiamo visto quanto è effettivamente il gap prestazionale tra una vettura con setup di base e un’altra che utilizza un setup modificato. Si tratta di una differenza rilevante per tutti coloro che amano la competizione online, perché ogni più piccola modifica può fare la differenza quando stiamo combattendo ruota a ruota con il nostro avversario. In ogni caso, vogliamo ribadirvi la regola più importante che sta alla base del mondo della simulazione in pista: se il vostro gap cronometrico è superiore al secondo rispetto al vostro più diretto rivale, continuate a girare e a fare pratica con quello che avete a disposizione. Entrate in sintonia con la vettura che state utilizzando, cercate di capire se il setup di base presenta delle lacune individuando gli eventuali effetti di sovra o sottosterzo. Provate ad utilizzare la tecnica del trail braking, a tenere traiettorie differenti, a frenare prima e a tornare sul gas in anticipo. Solo quando avrete fatto tutto questo, iniziate a mettere mano all’assetto con piccole modifiche alla volta. Un approccio sicuramente più difficile di voler andare veloci subito, ma che vi premierà successivamente con grandi soddisfazioni.
  2. Piloti! Bentornati nella nostra speciale guida a puntate con la quale stiamo scoprendo quanto conta effettivamente il setup su un’auto da corsa nel mondo del simracing. Qualche giorno fa vi abbiamo proposto il caso di un circuito bilanciato come l’Albert Park di Melbourne, dove la velocità di punta e il carico aerodinamico necessario per rimanere incollati all’asfalto si equilibrano nella giusta maniera per ottenere il massimo rendimento possibile. Cosa succede, invece, se passiamo su un tracciato dove è privilegiata l’alta velocità? Il gap prestazionale che va da pochi decimi a quasi un secondo (o poco più, a seconda di quanto siamo riusciti a “spremere” la nostra vettura preferita in ogni singolo test in pista) sarà rispettato? Come può essere quantificato precisamente? E quali modifiche è più opportuno fare per ottenere un risultato di valore? Continuate a leggere e lo scoprirete! SETUP AD ALTA VELOCITA’ - PRIMO TEST A MONZA Riprendendo la formula della scorsa puntata, abbiamo utilizzato nuovamente il simulatore Assetto Corsa con la splendida Formula Hybrid 2019, che stavolta è scesa in pista sul velocissimo anello dell’Autodromo Nazionale di Monza. Una pista che ancora oggi è soprannominata “il Tempio della Velocità”, proprio grazie alle top speed che è possibile raggiungere sui suoi lunghi rettilinei. Il primato assoluto in questo senso è datato 2005 ed appartiene a Juan Pablo Montoya: il pilota colombiano raggiunse i 372,2 km/h durante le prove del Gran Premio d’Italia al volante della sua McLaren-Mercedes, un record che poi il suo compagno di squadra Kimi Raikkonen riuscì a ripetere durante lo stesso weekend fermando il rilevamento sui 370,1 km/h. Montoya, all’epoca, aveva già in tasca il primato del giro più veloce di tutta la Formula 1: lo ottenne l’anno precedente sempre a Monza, quando nelle prove libere stampò un sensazionale 1’19’’525 alla media oraria di 262,242 km/h… il quale, tuttavia, non venne considerato dalla FIA come ufficiale. Al suo posto preferì la prestazione di Rubens Barrichello, stabilita in gara al volante della Ferrari F2004 che, invece, fermò il cronometro sull’1’21’’046. Un record che idealmente è durato fino a due anni fa, quando Kimi Raikkonen ha riscritto i libri di storia della velocità brianzola demolendo nuovamente il muro dell’1’20’’: durante le qualifiche del GP d’Italia il finlandese andò ancora più veloce di Montoya, alzando l’asticella su quell’1’19’’119 alla media di 263,587 km/h, la più alta mai segnata nella massima serie automobilistica. Abbiamo detto “idealmente” proprio perché la FIA, di nuovo, ha confermato i 257,3 km/h di Barrichello, per il fatto che i primati ufficiali, secondo la Federazione, sono solo quelli stabiliti in gara. Di fronte a tali palmares, noi abbiamo provato a fare del nostro meglio al volante della Hybrid 2019 firmata Race Sim Studio… ma con il setup di base il risultato ottenuto è stato solo in parte incoraggiante. Sull’anello brianzolo la nostra performance si è assestata sull’1’20’’786, spremendo a fondo i settaggi della power unit a nostra disposizione. Le nostre sensazioni? Un grande carico aerodinamico che ci ha permesso di affrontare a tutta velocità le due Lesmo e il sinistra-destra della Ascari, oltre a percorrere praticamente in pieno la Parabolica. Allo stesso tempo, però, una certa difficoltà nell’effettuare correttamente le staccate della Prima e della Seconda Variante, dove è stato facile cadere nell’errore di portare troppa velocità in curva con il conseguente stallo dell’aerodinamica posteriore. Insomma, senza la giusta sensibilità su acceleratore e freno il testacoda era (quasi) assicurato. SETUP AD ALTA VELOCITA’ - QUANT’È LA DIFFERENZA? Con queste premesse siamo passati senza troppi indugi sul nostro Virtual Race Car Engineer 2020, che abbiamo nuovamente preso in causa dopo i positivi risultati nella scorsa puntata in quel di Melbourne. Anche stavolta lo abbiamo interrogato su come migliorare la scarsa stabilità riscontrata al retrotreno, ottenendo come risposta una sostanziale conferma di intervento a livello dell’anti-roll bar e delle molle posteriori, anche in fatto di valori in compressione ed estensione. In aggiunta, però, a Monza abbiamo sentito anche la necessità di avere un po’ più velocità sui rettilinei, il che ci ha dato come soluzione una modifica all’altezza da terra e, finalmente, all’angolo di incidenza delle ali. Nel primo caso abbiamo diminuito di un paio di click la distanza del fondo della vettura dal tarmac sia all’anteriore che al posteriore, il che ci ha permesso di ottenere un discreto miglioramento prestazionale senza far andare in stallo l’intero pacchetto aerodinamico a nostra disposizione. Poi abbiamo toccato i due alettoni: all’avantreno abbiamo ridotto l’angolo di incidenza complessivamente di dieci click, mentre al posteriore di cinque, con l’obiettivo di mantenere quell’equilibrio necessario a non “combattere” la nostra monoposto per tenerla in pista. Allo stesso tempo abbiamo modificato anche la taratura delle molle: per evitare di “spanciare” sull’asfalto, siamo andati ad indurire di un paio di click il rateo di funzionamento del sistema anteriore, lasciando invariato l’ammorbidimento del posteriore per mantenere la stabilità richiesta volta ad affrontare al meglio gli inserimenti in curva e le ripartenze dalle basse velocità. Togliere così tanto carico aerodinamico a livello degli alettoni, tuttavia, ha provocato l’insorgere di un certo sottosterzo in entrata e in percorrenza di curva, particolarmente evidente nella prima di Lesmo. Mentre con il setup di base ci bastava togliere una marcia, dare un leggero colpettino di freno e inserire la vettura giocando con l’acceleratore, le modifiche effettuate ci hanno costretto a ridurre gradualmente il nostro intervento sul pedale del gas durante le nostre prove, il che equivale a perdere velocità e, di conseguenza, tempo sul giro. Il motivo è presto detto: privilegiando l’aderenza al posteriore con le modifiche all’anti-roll bar e riducendo l’incidenza degli alettoni abbiamo tolto grip all’anteriore, che ha perso ulteriore contatto con l’asfalto quando abbiamo indurito le molle anteriori. La soluzione che abbiamo trovato è stata quella di modificare poco alla volta i valori in compressione ed estensione degli ammortizzatori, diminuendo progressivamente di alcuni click i parametri all’avantreno ed aumentandoli al retrotreno fino a trovare il giusto equilibrio del sistema. Parallelamente abbiamo ritoccato la pressione delle gomme: come per gli altri aspetti, anche a livello degli pneumatici abbiamo dovuto trovare un compromesso, riducendo di un solo PSI la pressione sia all’anteriore che al posteriore. In questo caso abbiamo voluto privilegiare la stabilità al retrotreno, sempre molto difficile da gestire quando era il momento di riprendere il gas in mano. A questo punto, dopo più di due ore di prove dall’ultimo test effettuato con il setup di base siamo riusciti a trovare l'assetto giusto per andare all’attacco del cronometro. Il risultato ottenuto ci ha dato parecchia soddisfazione: le modifiche apportate alla nostra Formula Hybrid ci ha permesso di abbattere a nostra volta il muro dell’1’20’’, scendendo sull’1’19’’898 con un miglioramento di quasi nove decimi. Perfettamente in linea con quanto speravamo di raggiungere all’inizio di questa puntata. CONCLUSIONI Rispetto a un circuito bilanciato come l’Albert Park di Melbourne, una pista da alta velocità come quella di Monza ha richiesto un lavoro di fino a livello di setup molto più complesso ed articolato. Non abbiamo semplicemente abbassato gli angoli di incidenza delle ali, ma abbiamo dovuto spostare più volte il grip tra avantreno e retrotreno fino a trovare il giusto equilibrio aerodinamico, contraddistinto dalla massima velocità di punta possibile associata alla downforce necessaria per affrontare al massimo delle performance le (poche) curve dell’autodromo brianzolo. Una sfida senza dubbio molto più entusiasmante rispetto a quella affrontata in Australia, dove in realtà le nostre capacità di guida con l'assetto di base fornito dalla Formula Hybrid 2019 hanno potuto “mettere una pezza” per trovare gli ultimi decimi da recuperare nei confronti di un setup modificato. Su una pista come Monza, invece, abbiamo dimostrato che il talento del pilota riesce ad arrivare fino a un certo punto: per andare oltre è necessario settare la propria vettura a dovere. Nella prossima puntata, l’ultima di questa guida speciale agli assetti, andremo a vedere il caso diametralmente opposto a quello affrontato oggi: un circuito dove prevale la downforce, quindi una situazione da alto carico aerodinamico. Quali saranno i nostri risultati?
  3. Cari Piloti Virtuali e appassionati di DrivingItalia, siamo tornati con un nuova guida che sicuramente sarà di vostro interesse. Dopo avervi spiegato come effettuare il setup di una vettura da competizione e come analizzare la telemetria attraverso l’acquisizione dati effettuata da uno strumento professionale come il MoTeC, oggi inizieremo un altro argomento che toglierà molti dubbi in fatto di assetti e regolazioni. Quando si inizia a girare e fare pratica su un simulatore come Assetto Corsa o rFactor 2, ma anche su titoli più alla portata di tutti come F1 2019, il primo pensiero di un pilota di fronte alla propria prestazione è solamente uno: “perchè sono sempre così lento nei confronti dei più bravi?”. In quel momento, allora, si crede di trovare la soluzione a questo problema cercando un setup più veloce e aggressivo, nel quale riponiamo la massima fiducia che ci permetterà di colmare il nostro gap dalla vetta. Un approccio che, in realtà, è solo in parte corretto e dovrebbe essere utilizzato solo in un secondo momento. Ora vi spieghiamo il perché. SETUP NEL SIMRACING: LA REGOLA FONDAMENTALE Rispetto a tanto tempo fa, oggi viviamo in un’era frenetica dove siamo sempre tutti di corsa. Vogliamo ottenere ciò che desideriamo all’istante, a momenti senza fatica: questo vale nella vita di tutti i giorni quanto nel “nostro” mondo, in cui molti piloti alle prime armi, quando arriva il momento di impegnarsi di fronte alla sfida di un giro lanciato oppure in una gara, cominciano a tirare fuori scuse e a giudicare la propria e l’altrui prestazione, soprattutto quando si nota la differenza tra le proprie abilità e quelle dei più bravi. Senza procedere oltre alimentando dell’inutile polemica, esiste una regola fondamentale che vale nel simracing, nello sport e nella vita in generale: per ottenere risultati concreti serve impegno, il giusto approccio mentale e tanta, tanta pratica. Il “tutto subito” non è contemplato. Facciamo un esempio: avete effettuato una prova di Time Trial in F1 2019 e il vostro tempo è distante 3-4 secondi dai più veloci. Un gap del genere vuol dire solamente una cosa: nonostante il vostro impegno quello che avete fatto non rappresenta il vostro vero potenziale. Senza troppi giri di parole, utilizzare un setup diverso da quello di base fornito dal vostro simulatore vi potrebbe fare anche andare più veloci… ma rimarrebbe comunque un distacco ancora troppo importante dalle prestazioni più rapide dei vostri avversari. Quello che vi vogliamo trasmettere è un consiglio molto prezioso, che permetterà di migliorare voi stessi prima di influenzare altre variabili. Riprendendo l’esempio precedente, con un distacco del genere il vostro compito è quello di CONTINUARE A GIRARE. Provate a frenare una frazione di secondo dopo, a tornare sull’acceleratore in anticipo, cercate di lasciar scorrere la vostra vettura senza guidarla “a strattoni”, guardate i video onboard dei più bravi e confrontateli con i vostri. Le traiettorie sono le stesse? Come utilizzano gas e freno? Che tecniche di guida sfruttano? SETUP NEL SIMRACING: TUTTO DIPENDE (ANCHE) DAL CIRCUITO Seguendo quanto vi abbiamo consigliato, riuscirete piano piano a ridurre drasticamente il vostro laptime, trovando addirittura alcuni secondi nel vostro taschino! Ovviamente dovrete cambiare qualcosa nel vostro stile di guida, che diventerà progressivamente più fluido: piuttosto che frenare come non ci fosse un domani in staccata bloccando le gomme, provate per esempio a dare un input deciso all’inizio sul pedale del freno per poi rilasciarlo gradualmente fino al punto di corda. Questa tecnica si chiama “trail braking” ed è una delle tante ampiamente utilizzata dai più veloci simdriver (e piloti reali) in tutto il mondo. In ogni caso, però, arriverà un punto in cui vi accorgerete di aver estrapolato il massimo potenziale da voi stessi e dalla vostra vettura: quando tenterete di spingerla ulteriormente oltre, andando in “over-driving”, lei non seguirà le vostre intenzioni e vi porterà fuori pista. In questa situazione, quindi, il vostro gap prestazionale dai più veloci si dovrebbe essere assestato a qualche decimo oppure a poco più di un secondo: come mai questa differenza? Tutto dipende dal circuito su cui state girando. Nel mondo della velocità su pista esistono sostanzialmente tre tipologie di tracciato: quelli che privilegiano l’alta velocità, come Monza, quelli dove è necessario un alto carico aerodinamico (come l’Hungaroring o Montecarlo) e quelli in cui è consigliabile utilizzare un setup bilanciato per ottenere la massima prestazione, come Suzuka o l’Albert Park di Melbourne. Quindi, se siete stati onesti con voi stessi e avete spremuto fino all’osso il setup di base della vostra vettura da competizione, quanto conta veramente utilizzare in questo momento un setup su un circuito piuttosto di un altro? Noi risponderemo a questa domanda partendo da una pista bilanciata come quella che ospita annualmente il Gran Premio d’Australia, utilizzando come metro di riferimento la Formula Hybrid 2019 e il simulatore Assetto Corsa. Inoltre impiegheremo per la prima volta un software di “aiuto” come il Virtual Race Car Engineer, recente uscito nella versione aggiornata al 2020. VIRTUAL RACE CAR ENGINEER 2020: ARRIVANO I RINFORZI Iniziamo dando un’occhiata a come è cambiato il software realizzato da Tim McArthur: rispetto all’edizione 2018, il nuovo Virtual Race Car Engineer si presenta con un'inedita veste grafica decisamente più appagante, semplice e intuitiva. Ora l’interfaccia è molto più organizzata, oltre che curata con un design “a rettangoli” che rappresenta sicuramente uno step evolutivo importante rispetto a quanto visto nella release di due anni fa, decisamente più confusionaria e dall’aria “antiquata”. La prima cosa da fare, ovviamente, è impostare il programma a seconda della vettura che andremo ad utilizzare (Sport Car, Touring Car, Open Wheel… ma anche Kart!), a seconda della sessione di allenamento (Testing, Qualifying o Race) e del tipo di circuito (Road o Oval Track). Successivamente si può procedere in due modi: sfruttare la potenzialità offerta dal “Lap Wizard”, che ci fornirà le modifiche da apportare tenendo conto di un giro di pista completo, oppure i consigli del “Corner Wizard”, che invece proporrà un aggiustamento al setup in base all’eventuale presenza dei fenomeni di sottosterzo o sovrasterzo nelle varie fasi di una curva. Quando si accede al “Lap Wizard”, la prima cosa che ci viene chiesta sono le temperature delle quattro gomme, divise nei valori della parte interna, esterna o centrale di ogni singolo pneumatico. L’inserimento è opzionale, ma è consigliato per ottenere un feedback finale più preciso. Successivamente si può inserire il proprio laptime, per poi passare alla schermata più importante in cui andremo a scegliere la “problematica” che abbiamo riscontrato al volante della nostra vettura. Qui si può scegliere tra comportamenti in cui è presente un sovrasterzo (o sottosterzo) generale, in cui la velocità di punta non è sufficiente, in cui il retrotreno è instabile in frenata oppure perde aderenza quando è il momento di tornare sull’acceleratore. Una volta impostato il feedback che abbiamo sentito durante il nostro test, il programma ci fornirà tutti i possibili aspetti in cui sarà possibile apportare delle modifiche all’assetto: la loro visualizzazione avviene in maniera discorsiva (molto precisa e che va immediatamente al punto) oppure con l’indicazione di quali parametri vanno aumentati, diminuiti o mantenuti inalterati tramite i pulsanti presenti in alto. Lo slider vicino, invece, indica su quali aspetti è meglio concentrarsi prima, mentre il bottone “Car Options” ci permette di indicare quali parametri chiamare in causa, il che permette di concentrarsi su una specifica componente della vettura senza condizionare tutte le altre. Passando al “Corner Wizard”, la visualizzazione dei parametri sui quali intervenire è influenzata dalla presenza delle condizioni di sotto o sovrasterzo in entrata, percorrenza o uscita dalle curve a destra o a sinistra che contraddistinguono la pista dove ci stiamo allenando. Se, per esempio, abbiamo notato la tendenza di un certo sottosterzo nell’inserimento di una specifica curva a destra, il programma ci fornirà tutte le possibili soluzioni per limitare il fenomeno in quella particolare parte del circuito. Geniale, non trovate? Tra le altre novità presenti nella nuova versione dobbiamo citare la presenza di una specifica “tab” che rimanda al sito ufficiale del software, in cui è possibile trovare delle guide approfondite agli assetti su alcuni circuiti particolari. Ma non è tutto, perché Tim McArthur ha voluto inserire nella schermata generale anche un eBook che spiega nei dettagli le modifiche da effettuare al setup di una vettura così come dei diagrammi di flusso, che essenzialmente riassumono il PDF in questione per una guida più essenziale e immediata. In sostanza, il Virtual Race Car Engineer 2020 rappresenta un ottimo ausilio per tutti quei piloti che vogliono capire come migliorare il setup della propria vettura: immettendo il feedback ricevuto dalla propria vettura nel software in questione si otterranno gli aspetti dove andare a lavorare, riducendo drasticamente quindi il tempo che sarebbe necessario per effettuare la stessa operazione in maniera “tradizionale”. Ovviamente questo programma non ci fornirà la misura d’intervento, cioè “di quanto” cambiare un parametro piuttosto di un altro, ma ci dirà solamente “cosa” modificare e “come” effettuare tale alterazione all’assetto. Per il suo utilizzo, in ogni caso, è imprescindibile una certa conoscenza dell’auto che stiamo utilizzando, con le conseguenti sensazioni da lei fornite in base al circuito che stiamo affrontando. SETUP SU UN CIRCUITO BILANCIATO: QUANT’È LA DIFFERENZA? Visto come funziona il Virtual Race Car Engineer 2020, passiamo alla parte più importante di questo articolo. Su un circuito bilanciato come l’Albert Park di Melbourne, in quanto si assesta la differenza prestazionale tra un setup di base e un assetto modificato? Per rispondere a questa domanda abbiamo effettuato alcuni hotlap, massimizzando le prestazioni della nostra Formula Hybrid 2019: carburante con 5 Litri, gomme C5, le più soffici selezionabili, temperature basse (12° nell’aria e 17° sull’asfalto) e power unit settata sull’impostazione “Balanced High”, che ci ha permesso di avere un’erogazione elevata ma allo stesso tempo consistente sull’intero giro di pista. Il nostro miglior riferimento è stato un 1’19’’073 con il setup di base, un tempo consistente ma che sentivamo di poter abbassare ulteriormente. Le naturali caratteristiche della Formula 1 prodotta da Race Sim Studio, con quel suo retrotreno leggero con tendenze sovrasterzanti in uscita di curva che possono arrivare alla perdita di aderenza, ci hanno convinto a fare qualche modifica, che utilizzando il VRCE 2020 si è concretizzata in una diminuzione del camber sulle gomme e in un ammorbidimento dell’anti roll-bar posteriore, in modo da spostare parte del grip al retrotreno. Come potete vedere dalle schermate fornite utilizzando il “Lap Wizard” e il “Corner Wizard”, quest’ultima modifica può essere sostituita (o affiancata) da una riduzione del rateo delle molle posteriori, dallo spostamento della geometria dei pesi al posteriore, dalla diminuzione della compressione al retrotreno e dall’incremento dell’estensione all’avantreno degli ammortizzatori oppure da un’alterazione del “rake”, con meno altezza da terra al posteriore e più spazio sotto il fondo della vettura all’anteriore. Combinando uno o più di queste modifiche è quindi possibile limitare la perdita di aderenza in accelerazione sulla Formula Hybrid 2019, che avviene per lo stallo del funzionamento dell’aerodinamica posteriore dovuto, per esempio, portando troppa velocità in ingresso oppure tornando sul gas in maniera troppo repentina. Noi abbiamo modificato il camber delle gomme anteriori da -3,5 a -3 gradi e quello delle posteriori da -1,1 a -1, oltre a rendere più soffice l’anti roll-bar posteriore di un paio di clic. Il risultato è stato sorprendente: la nostra monoposto, infatti, si è subito rivelata più stabile proprio dove ci serviva, senza che il suo comportamento venisse influenzato in nessun’altra parte della pista di Melbourne. Il gap prestazionale? Abbiamo abbattuto il muro dell’1’19’’, scendendo sull’1’18’’813: un miglioramento di 260 millesimi, in linea a quei pochi decimi di secondo che rappresentano il delta ideale tra un setup di base e uno modificato su un circuito come quello australiano, dove il livello di carico aerodinamico e l’alta velocità sono il più possibile bilanciati. CONCLUSIONI A questo punto vi starete chiedendo: “Ma se avessimo cambiato l’inclinazione delle ali, cosa sarebbe successo?”. Abbiamo provato anche questa condizione: aumentando l’angolo di incidenza dell’ala posteriore la nostra Formula Hybrid 2019 è si diventata più stabile, ma ha anche perso in velocità di punta risultando più lenta nelle zone rettilinee di Melbourne. Al contrario, spostando il più possibile il grip al posteriore con alcune delle modifiche aggiuntive consigliate dal VRCE 2020 e diminuendo i gradi dell’aerodinamica anteriore e posteriore, la monoposto è risultata più veloce, ma anche meno attaccata a terra nelle curve medio-veloci: il che, complessivamente, le ha fatto perdere le sue naturali caratteristiche che si possono riscontrare con il setup di base, di contro più veloce di quest’ultima configurazione. Insomma, su un circuito bilanciato come quello di Melbourne l’utilizzo o meno di un setup modificato può comportare una differenza al massimo di qualche decimo, dovuta essenzialmente a variazioni a livello di sospensioni, gomme ed eventualmente di differenziale per rendere ulteriormente più progressivo lo scaricamento della potenza a terra. Toccare l’aerodinamica è possibile, ma non garantisce un miglioramento così sostanziale. Volete un consiglio per questo tipo di piste? Prima di pasticciare con le ali perché in questo modo pensate di andare subito più veloci, provate a cambiare qualcos’altro: ci ringrazierete!
  4. L’attesa è finita: il Mondiale di Formula 1 2020 è pronto ad accendere i motori! Nonostante la sempre più grave emergenza del Coronavirus, FIA e Liberty Media hanno voluto correre il rischio di confermare le prime tappe dell’imminente stagione agonistica, che scatterà in questo fine settimana del 12-15 marzo. Il primo appuntamento, come da tradizione, sarà il GP d’Australia, a cui seguirà la settimana prossima il Gran Premio del Bahrain, mentre all’inizio di aprile sarà il neonato GP del Vietnam ad ospitare le monoposto più veloci del mondo, sull’inedito Hanoi Street Circuit. Tra qualche giorno, invece, sarà il famoso Albert Park di Melbourne a spegnere i primi semafori rossi del Circus iridato: si tratta di una pista che ha preso il posto del precedente circuito di Adelaide nel lontano 1996, lunga 5,303 km e con sedici curve all’attivo. Qualche altro dato? Il record del circuito appartiene a Lewis Hamilton: il Campione del Mondo in carica ha fatto segnare un sorprendente 1’20’’486 nella Q3 dello scorso anno, mentre il primato in gara appartiene a Valtteri Bottas, che ha fermato il cronometro sull’1’25’’580 sempre durante l’edizione del 2019. ALBERT PARK DI MELBOURNE: LA STORIA DEL GP D’AUSTRALIA Le prime notizie del Gran Premio d’Australia risalgono al 1927, quando prese il via una gara nei pressi di Sydney: l’esordio ufficiale, tuttavia, è datato 1928 con la prima edizione della “100 Miles Road Race”, che all’epoca venne disputata sul circuito stradale di Phillip Island. Negli anni ‘30 il GP d’Australia si spostò poi sul circuito di Mount Panorama, che proseguì la propria attività anche nel secondo dopoguerra. L’Albert Park di Melbourne, invece, fece capolino negli anni ‘50 con le Formula 2 dell’epoca: nell’anno delle Olimpiadi australiane, il 1956, questa pista catalizzò l’attenzione di piloti di spicco come Stirling Moss, Bruce McLaren e Jack Brabham, con quest’ultimo che, nello stesso periodo, iniziò a testare le nuove cilindrate da 1.500cc per le monoposto di F1. Nei Campionati australiani, al contrario, vennero utilizzate vetture con motori da 2.500cc, che diedero vita alla Formula Tasman: una serie che precedette le successive Formula 5000 degli anni ‘70 e le Formula 1 degli anni ‘80, quando il GP d’Australia entrò definitivamente nel calendario iridato. Siamo nel 1985 e da quest’edizione fino al 1996 la tappa nella terra dei canguri è stata disputata sul circuito cittadino di Adelaide, collocandosi come gara di chiusura della stagione. Nel 1986 e nel 1994 questa pista fu decisiva per l’assegnazione del Titolo Piloti: prima con Nigel Mansell, che consegnò il trionfo su un piatto d'argento al rivale Alain Prost a causa di una foratura, e poi con lo scontro a distanza ravvicinata tra Damon Hill e Michael Schumacher, dal quale il tedesco risultò vincitore. A questo punto, però, l’ex pilota Bob Jane aveva già maturato il desiderio di riportare il Gran Premio d’Australia nella città di Melbourne: a tale scopo costruì un enorme “thunderdome” nella capitale dello Stato della Victoria, che ospitò l’AUSCAR (equivalente australiano della NASCAR) per ripristinare l’interesse della popolazione nei confronti delle corse automobilistiche. Il suo sforzo non fu vano, perché il governatore Jeff Kennett, nel 1992, ottenne la possibilità di riportare la F1 a Melbourne raggiungendo un accordo con la FIA. Il contratto con il circuito di Adelaide, tuttavia, sarebbe scaduto solamente nel 1996, per cui Kennett potè allestire tutti i preparativi utili per costruire un tracciato all’interno dell’Albert Park, parte del quale formato da strade opportunamente chiuse la traffico durante il weekend di gara. Nel 1996, quindi, Melbourne tornò ad ospitare ufficialmente il GP d’Australia, che divenne anche la gara d’apertura di ogni stagione del Circus iridato. ALBERT PARK DI MELBOURNE: IL CIRCUITO AI RAGGI X La pista di Melbourne è di tipo semi-permanente, ricavata collegando le strade perimetrali del lago nell’Albert Park della capitale della Victoria. Queste solitamente sono aperte al traffico cittadino, mentre il layout complessivo che tutti noi conosciamo, di 5,303 km e 16 curve, differisce significativamente nei novi mesi dell’anno in cui il circuito non è in attività. La sezione che comprende la curva 4, infatti, è rimpiazzata con un parcheggio, il cui accesso avviene all’altezza dello spazio compreso tra la 3 e la 5. Tra quest’ultima e la 6, invece, di solito il nastro d’asfalto non è percorribile: lo diventa dalla 5 fino all’Albert Road, mentre si può tornare sul tarmac dove sfrecciano le F1 solamente in prossimità della curva 7, dove il flusso della viabilità è regolamentato da un semaforo. La chicane che contraddistingue le curve 11 e 12, invece, è generalmente più aperta rispetto a come siamo soliti vederla, dal momento che vengono utilizzate anche le vie di fuga in asfalto. Quando è in attività, al contrario, l’Albert Park di Melbourne si mostra come un circuito da medio-alto carico aerodinamico: qui i sorpassi possono diventare complicati per i piloti visto che il suo layout è contraddistinto da diverse curve veloci e da pochi rettilinei dove le monoposto possono esprimere la loro velocità di punta. Le tre zone DRS, posizionate sul rettifilo di partenza/arrivo, sul tratto di pista che va dalla curva 2 alla 3 e in quello dalla 12 alla 13, aiutano per fortuna a rendere significativamente più vivo lo spettacolo. Le curve dell’Albert Park di Melbourne, come in tanti altri tracciati dove corre la Formula 1, richiamano i grandi Campioni del passato che sono entrati nell’albo d’oro del Circus iridato. La prima curva è dedicata a Jack Brabham, mentre la numero 2 ad Alan Jones. La 3 è chiamata “Sports Center” e conduce alla 4, la Hellas, che poi prosegue verso la 5 in onore di Doug Whiteford, vincitore con una Talbot-Lago nel GP d'Australia del 1952. Il settore successivo fino alla 7 costeggia la strada parallela Albert Road, mentre il circuito continua con la 8, intitolata all’austriaco Niki Lauda. La curva 9 è dedicata a Jim Clark, la 10 a Emerson Fittipaldi e la 11 ad Arthur Waite, vincitore della primissima edizione del GP d’Australia del 1928. Lo scarto a destra che conduce dalla 12 alla 13, che richiama la variante Ascari del nostro Autodromo di Monza, è invece nominato in onore di Graham Hill. Completano il circuito la 14, intitolata a Sir Jackie Stewart, la 15, che ricorda quell’Ayrton Senna vincitore sotto il diluvio del 1991 che interruppe il Gran Premio dopo soli 14 giri, e l’ultima curva, la 16 in onore del quattro volte Campione del Mondo Alain Prost. ALBERT PARK DI MELBOURNE: PIU’ VELOCI DI HAMILTON! In vista delle prime qualifiche dell’anno, che andranno in scena questo sabato e vedranno le sorprendenti Frecce d’Argento di Lewis Hamilton e Valtteri Bottas contro le Ferrari di Vettel e Leclerc e le Red Bull di Verstappen e Albon, ecco a voi il nostro hotlap sul circuito Albert Park di Melbourne, al volante della sensazionale Formula Hybrid 2019 con il simulatore Assetto Corsa. Di seguito invece, trovate lo stesso hotlap ma fatto con F1 2019 di Codemasters dal pilota Mercedes F1 Esteban Gutierriez. Buona visione!
  5. Qualche giorno fa il team di sviluppo Race Sim Studio, conosciutissimo per le sue mod di altissima qualità dedicate ad Assetto Corsa, ha rilasciato la prima versione della monoposto che diventerà la base per il Campionato di Formula 1 2021. Una data importante per il Circus iridato, che segnerà un fondamentale cambio di regolamento dalle attuali normative: dall'esasperazione aerodinamica e dal grip senza limiti nelle curve ad alta velocità si passerà a vetture più semplici, più lente ma allo stesso tempo garanti di un maggior spettacolo in pista a suon di sorpassi. Da buona tradizione dei prodotti sfornati da Race Sim Studio, tutto questo è stato replicato nella nuova Formula Hybrid X 2021, che in questo articolo va a sfidare la precedente Formula Hybrid 2019, regina incontrastata dell'attacco al tempo sul giro. Come se le sarà cavata su Assetto Corsa? REGOLAMENTI A CONFRONTO: 2019 e 2020 Prima di andare ad analizzare le differenze tra le due vetture in questione, vediamo velocemente come cambierà il regolamento del prossimo Campionato del Mondo di Formula 1. A livello tecnico le regole che vedremo quest'anno sono essenzialmente un'evoluzione di quelle del 2019, parte integrante della Formula Hybrid che fino ad oggi tutti gli appassionati hanno messo alla frusta sulle piste (virtuali) di tutto il mondo. Nella scorsa stagione l'ala anteriore delle monoposto del Circus era larga 2 metri (pari alla carreggiata anteriore) e alta 225 mm, con una semplificazione drastica dei “flap” per un totale di cinque profili orizzontali e sovrastrutture verticali fino a 50 mm per ogni lato, mentre l'ala posteriore era alta 870 mm e larga 1,05 metri senza alcuna soffiatura o intaglio sulle paratie laterali, munita però di un DRS più efficace per compensare l'aumento dell'attrito dell'aria. I bardgeboards e sidepods sono stati ridotti in altezza a 350 mm per delle pance più compatte, il corpo vettura era più lungo rispetto al 2018 di 125 mm e il serbatoio benzina più capiente per un massimo di 110 kg di carburante. Sono state attuate anche delle modifiche alle prese d'aria dei freni, con un profilo privo di alette aerodinamiche a sezione d'ingresso limitata, e agli specchietti retrovisori, mentre il peso minimo è stato fissato a 740 kg incluso il pilota. Dulcis in fundo, è stata definita la presenza di un serbatoio dell'olio ausiliario di 2,5 Litri destinato al rabbocco del sistema di lubrificazione del motore. Le regole 2020, invece, prevedono invece l'installazione di una piccola “pinna di squalo” sul cofano motore per rendere più visibile il numero dei piloti, mentre sull'ala anteriore è stato deciso di regolamentare l'utilizzo di materiali metallici diversi dalla fibra di carbonio. I primi 50 mm delle appendici dovranno essere realizzati proprio in questo modo, al fine di evitare forature e ritiri causati dalle collisioni tra questi pezzi e le altre monoposto. I condotti dell'aria per il raffreddamento dei freni, inoltre, dovranno essere prodotti direttamente dai team, mentre per quanto riguarda le partenze i piloti dovranno essere in grado di gestire il 90% della coppia motore attraverso l'apposita paletta sulla frizione: ciò equivale a un numero minore di aiuti che premierà la bravura dei più talentuosi. Solo 250 mL, infine, per il carburante presente al di fuori del serbatoio, contro i 2 Litri del 2019: una scelta voluta per limitare la ricerca di qualsiasi, potenziale, beneficio a discapito degli avversari. IL CAMBIO REGOLAMENTARE DEL 2021 Cosa succederà, invece, nel 2021, quando la Formula 1 andrà incontro al suo ennesimo cambio regolamentare? La volontà della FIA e di Liberty Media è quella di rendere le monoposto del futuro più semplici e più inclini alla bagarre tra di loro: fino ad oggi, infatti, la maggior parte dei sorpassi che si vedono in pista sono frutto del tanto amato/odiato DRS, l'ala mobile che consente un aumento di velocità in rettilineo. Dal 2021 l'idea è quella di avere delle vetture che limitino la perdita di carico aerodinamico quando si trovano una dietro l'altra: attualmente la downforce persa a causa della scia e delle turbolenze generate dalle appendici aerodinamiche è pari al 50% del totale, il che comporta anche un fastidioso degrado repentino delle gomme che influenza la performance dei piloti in pista. Con le nuove monoposto, invece, la perdita del carico arriverà attorno al 5-10%, grazie alla forte limitazione dello sfruttamento dei bargeboards e al parallelo ritorno dell'effetto suolo, che al contrario riuscirebbe a generare della downforce grazie al miglior utilizzo del fondo della vettura. Ciò permetterà a un pilota di seguire più da vicino il proprio avversario, aumentando le probabilità di vedere della bagarre fatta di sorpassi e controsorpassi. A livello tecnico, vedremo un'ala anteriore estremamente più semplice e uno spoiler posteriore più grande e imponente. Le pance laterali saranno più rastremate, prive degli attuali bargeboards ma dotate di due tubi Venturi che aiuteranno nel generare downforce con l'effetto suolo del fondo, mentre i cerchi passeranno alla misura di 18 pollici con gomme a spalla bassa e carenature lenticolari in carbonio, che complessivamente indurranno i progettisti a rivedere la geometria delle sospensioni. Gli pneumatici anteriori, in più, saranno dotati di due deviatori di flusso che puliranno la scia e limiteranno le turbolenze negative. Prestazionalmente parlando, le nuove monoposto 2021 potranno diventare quindi più veloci in rettilineo, con velocità di punta leggermente più alte che, allo stesso tempo, le renderanno meno soggette al “drag”, cioè alla resistenza dell'aria. Di conseguenza avranno idealmente dei consumi più ridotti, che potrebbero indurre i team ad utilizzare strategie (e mappature della power unit) più aggressive, oppure ad imbarcare meno benzina nei serbatoi. Parallelamente, però, la minor presenza di appendici aerodinamiche limiterà le loro performance in curva, per via della minor downforce (e quindi del minor grip) disponibile rispetto alle attuali vetture 2019. FORMULA HYBRID 2019: GRIP ESTREMO Fatte le dovute premesse, ora passiamo al piatto forte di questa nostra analisi: la comparativa in pista tra la “vecchia” Formula Hybrid 2019 e la futura, anche se già disponibile per Assetto Corsa, Formula 1 che vedremo nel 2021. Cominciamo dalla monoposto della passata stagione: modellata sulla base della Mercedes W10 EQ Power+ di Lewis Hamilton e Valtteri Bottas, la Hybrid 2019 si è ritagliata un posto privilegiato nel mondo del simracing grazie all'enorme grip fornito dalle sue Pirelli P Zero e dal carico aerodinamico che è in grado di generare in curva. Già dai primi giri la sensazione che ci percepisce è quella di una vettura letteralmente incollata all'asfalto, che è in grado di girare sempre più forte al progressivo aumentare della velocità. Da buon prodotto firmato Race Sim Studio, però, questa Formula dà una certa confidenza fintanto che la si lascia scorrere il più possibile: per essere apprezzata veramente richiede che il pilota sia un simdriver di esperienza, che sappia gestirla con il giusto tocco di freno in staccata e di acceleratore in uscita di curva. Scordatevi di utilizzarla come siete soliti fare con F1 2019: vi punirà senza pietà, con una sonora perdita di aderenza causata da un posteriore che si presenta più leggero e nervoso rispetto alla precedente versione. Una volta trovato il ritmo e imparati a dovere i settaggi della power unit, le emozioni che è in grado di regalare sono sublimi: non aspettatevi velocità da capogiro in rettilineo, ma piuttosto un'aderenza fuori dal comune in ogni curva, soprattutto quelle ad alta velocità. Volete un esempio? Pouhon, la 12 di Spa-Francorchamps: percorrerla in ottava marcia in pieno non ha prezzo! FORMULA HYBRID X 2021: PIU' LENTA, MA DIVERTENTISSIMA Dopo la 2019, ora tocca a lei scendere in pista... alla tanto agognata Formula Hybrid X 2021! Come si comporta la nuova nata dalle mani dei ragazzi di Race Sim Studio? Appena entrati nell'abitacolo la differenza più importante è la presenza dei deviatori di flusso sulle gomme anteriori: affascinanti, senza dubbio, ma per i puristi del Circus iridato possono rappresentare una scelta esteticamente poco convincente. Come è stato per l'Halo sicuramente ci abitueremo anche a loro, anche se nell'affrontare certe curve possono creare qualche impaccio nel trovare la giusta traiettoria. Innestata la prima marcia, ecco la seconda differenza: il sound del motore. Volete il nostro punto di vista? Fino alla Formula Hybrid 2018 il V6 turbo-ibrido sfoggiava un ruggito incantevole, che compensava la perdita dei vecchi V8, V10 e V12 aspirati (aaah, bei tempi...). Con la 2019 qualcosa, in realtà, è cambiato: il team di Race Sim Studio ha voluto seguire la filosofia degli organizzatori della Formula 1, che fin dal 2017 hanno tentato di installare dei modificatori al sound delle power unit vere per renderle acusticamente più accattivanti e qualitativamente più elevate. L'esperimento in questione è riuscito... a metà: le melodie dei propulsori V6 Hybrid si sono sì acuite, lasciando però agli appassionati l'impressione di un sound fin troppo artificioso, quasi metallico. Lo stesso che si sente sulla 2019 di Assetto Corsa e che è ben diverso da quello della 2021, tornato (fortunatamente) più cupo e aggressivo. Proseguiamo la nostra analisi con il comportamento della Formula Hybrid X 2021 in rettilineo e in curva: la semplificazione dell'aerodinamica sulla nuova creazione firmata Race Sim Studio le dona non solo una velocità di punta più bassa rispetto alla “vecchia” 2019, ma anche un carico aerodinamico meno importante. Questo la costringe a prendere le curve ad alta velocità, come la famosa “Copse” di Silverstone, con una marcia in meno rispetto alla precedente generazione, al fine di tenere alti i giri del motore che, in questo modo, non finisce irrimediabilmente sotto coppia. Parallelamente, però, la monoposto 2021 guadagna in stabilità generale rispetto alla 2019: se quest'ultima non concede pietà a chi ha il “piedino” pesante in uscita di curva, la nuova vettura è più permissiva e rimane ben incollata all'asfalto, segno che il retrotreno ha perso parte di quella leggerezza che si riscontrava sul modello rilasciato l'anno scorso. La sensazione, quindi, è una sensazione di grip assoluto che dona sicurezza e fiducia senza incutere gli stessi timori che potevano spaesare i piloti al volante della Hybrid 2019: rispetto a questa, però, manca qualcosa... Ritorniamo, ovviamente, sull'argomento della downforce in curva, che in termini di tempo sul giro rende la Formula Hybrid X 2021 significativamente più lenta rispetto alla “vecchia” 2019, con un gap di circa 3-4 secondi che coincide con la perdita prestazionale prevista dal cambio regolamentare che avverrà l'anno prossimo. A livello di sensazioni in pista, però, la musica cambia drasticamente: se la Formula Hybrid 2019 è un'arma affilata che è in grado di esprimere il suo massimo potenziale solamente nelle mani giuste, la nuova 2021 è diventata più “facile” e, di conseguenza, più divertente da guidare anche da chi non ha una grandissima esperienza su Assetto Corsa. CONCLUSIONE A conti fatti, chi vince tra la “vecchia” Formula Hybrid 2019 e la nuova Formula Hybrid X 2021? A livello prestazionale non ci sono dubbi: la precedente generazione è più veloce sotto tutti i punti di vista, specialmente in curva. Allo stesso tempo, però, è più nervosa e difficile da portare al limite. La prossima monoposto del Circus iridato, invece, si presenta come una vettura più stabile e meno estrema... ma forse è proprio questo che la rende così speciale. D'altronde l'idea degli organizzatori della Formula 1 è quella di avere una macchina capace di regalare più spettacolo in pista con tanto di inseguimenti in scia, sorpassi e staccate al limite: insomma, una monoposto più divertente da guidare, esattamente la qualità con la quale ci sentiamo di descrivere la nuova Hybrid X 2021. Il nostro consiglio? Compratela, scaricatela e godetevela: non ve ne pentirete!
  6. Chiunque sia appassionato di Formula 1 sa già che nel mondo del simracing esiste più di un'alternativa per entrare nell'abitacolo di una monoposto del Circus iridato. La porta d'ingresso, ovviamente, è la serie ufficiale promossa dalla Codemasters, che con l'ultimo F1 2019 ha fatto centro sotto una moltitudine di aspetti. Grafica migliorata, una rappresentazione eccellente di una stagione da pilota della massima serie automobilistica e un feeling incrementato con le monoposto disponibili in griglia: tutto è riprodotto alla perfezione e si tratta di un acquisto caldamente consigliato a tutti coloro che hanno le corse nel sangue, soprattutto per l'elevata qualità dei contenuti messi a disposizione nel pacchetto finale. Però... c'è un però. A conti fatti, F1 2019 non è un simulatore, ma un ottimo “simcade” che ben si presta a Gran Premi casuali così come a Campionati programmati nei minimi dettagli. Il suo scopo è quello di far divertire l'utente finale, che essenzialmente vuole mettersi al volante senza troppi timori di avere tra le mani un mezzo capace, nella realtà, di oltre 1000 cavalli. Detto questo, nel mondo del simracing esistono delle mod molto ben conosciute che, al contrario, vogliono riprodurre fedelmente in tutto e per tutto quelle che sono le specifiche attuali di una monoposto di Formula 1. Stiamo parlando delle vetture prodotte da Race Sim Studio per Assetto Corsa e, in particolare, dell'ultima Formula Hybrid 2019: un mostro di potenza, grip meccanico e aerodinamica che replica nei minimi dettagli la Mercedes W10 EQ Power+ di Lewis Hamilton e Valtteri Bottas. Insomma, un'auto da corsa pazzesca che, nelle mani giuste, diventa un'arma infallibile sia nel time attack che durante un Gran Premio. Ma è anche divertente come quella che si trova nel parco macchine di F1 2019? FORMULA HYBRID 2019: UN'OPERA D'ARTE A QUATTRO RUOTE Una premessa: la versione 2019 della RSS Formula Hybrid è il risultato di uno sviluppo durato tre anni, iniziato nel 2017 quando il team Race Sim Studio rilasciò il primo modello sulla base delle nuove specifiche delle monoposto di Formula 1. Successivamente è arrivata la 2018, più raffinata e ancora più veloce, che infine ha dato vita alla protagonista di questa comparativa. Si tratta di una monoposto che ha alzato drasticamente l'asticella rispetto alla versione della precedente stagione: la potenza della power unit, regolabile proprio come nella realtà con vari livelli di intervento del sistema ERS, ora avviene in maniera più incisiva, il che rende la vettura più veloce e più reattiva agli input del pilota. Confrontata con la 2018, la Formula Hybrid 2019 contrappone tuttavia la sua assoluta agilità a un posteriore molto più nervoso, tendente a grandi sovrasterzi e perdite di aderenza quando si esagera con il pedale dell'acceleratore. Questo non succedeva in passato, quando invece si notava una maggiore stabilità generale e, in particolare, nelle curve lente a bassa velocità. Come ogni buona Formula che si rispetti, la Hybrid 2019 dà il meglio di sé nelle curve a media/alta velocità: qui l'eredità della Formula 2000, un altro “masterpiece” prodotto da Race Sim Studio con la volontà di replicare le F1 degli anni 2000, è ben presente, visto che più si spinge e più si tiene elevata la propria andatura più si genera carico aerodinamico, che tiene incollati a terra con un grip meccanico assoluto garantito dalle irreprensibili coperture “Pirelli replica”. Un ultimo appunto, il Force Feedback: la sensazione di eccessiva leggerezza al volante della versione 2018 è stata fortunatamente sostituita da un feeling più sostanzioso, grazie al quale lo sterzo ora è più pesante già di default. F1 2019: UNA SIMULAZIONE... DA RIVEDERE Grazie anche al motore fisico di Assetto Corsa, ciò che si sente al volante della Formula Hybrid 2019 rappresenta il massimo attualmente disponibile in termini di simulazione di una monoposto. Un discorso che diventa sostanzialmente diverso quando si passa su F1 2019: benchè in questi anni il modello di guida sia evoluto notevolmente, la sensazione che oggi questo titolo di corse è in grado di esprimere appare un po' troppo... semplicistica. Dotati di un Logitech G29 e di settaggi il più possibile equilibrati, distinguere una Mercedes da una Ferrari o da una Red Bull diventa abbastanza complicato: l'una dall'altra differiscono per la loro tendenza al sovrasterzo o al sottosterzo, ma essenzialmente il comportamento in pista è sempre lo stesso. Un handling abbastanza anonimo, con il quale risulta difficile sentire ciò che le gomme cercano di comunicarci: se poi utilizziamo il setup di base, la prima sensazione è quella di avere tra le mani una vettura pesante e poco propensa a seguire i nostri input al volante. Insomma, tutto il contrario di quello che offre la Formula Hybrid 2019: una volta portate le gomme in temperatura, il prodotto Made in Race Sim Studio diventa affilato e ben disposto a fare quello che dice il pilota. Nonostante ciò, le monoposto di F1 2019 possono giocare una carta molto importante a loro favore: il divertimento che riescono a trasmettere grazie a un'immersione di gioco davvero convincente. Se chiudiamo un occhio sul modello di guida offerto, Codemasters riesce a sopperire a una mancanza di fedeltà nel comportamento in pista con un'esperienza al volante da vero pilota di Formula 1: l'IA è aggressiva e veloce e il ritmo è incalzante fin dallo spegnimento dei semafori rossi, passando per i pit-stop e per la gestione di miscela e ERS durante tutto l'arco del Gran Premio. IL VERDETTO: QUAL E' LA MIGLIORE? Quindi, chi vince tra le monoposto di F1 2019 e la Formula Hybrid 2019? Dipende da che tipo di simdriver siete: se state cercando esclusivamente il divertimento e la bagarre in pista, allora la serie del Circus iridato riprodotta dalla Codemasters saprà regalarvi delle emozioni che nessun altro prodotto è in grado di offrire. Se, invece, volete qualcosa di più e adorate “sentire” tra le mani una vera monoposto di Formula 1, la combo Formula Hybrid 2019 – Assetto Corsa vi renderà felici giro dopo giro: non è un prodotto per tutti, se pensate di partire dai box a tutto gas come niente fosse questa vettura vi punirà come è giusto che sia. Si tratta di una macchina destinata al “league racing”, a quella stretta cerchia di piloti virtuali che vogliono replicare il Campionato reale di Formula 1 al volante di un mezzo da competizione realistico, che necessita della giusta esperienza per essere portato in pista agevolmente e di una certa “knowledge” in fatto di setup. Saper sfruttare al meglio i vari settaggi del sistema ERS così come affinare l'aerodinamica e il differenziale sarà fondamentale per guadagnare quei decimi a giro che sotto la bandiera a scacchi di un Gran Premio... fanno decisamente la differenza! Infine per la Formula Hybrid 2019 (che potete acquistare da qui, scontata del 50% fino al 2 Dicembre), vi segnaliamo questo skins pack completo della stagione Formula 1 2019 che, come vedete dalle immagini qui sotto, darà quel qualcosa in più alla nostra esperienza simulata!
  7. Jimmy Broadbent, ben noto youtuber e velocissimo pilota virtuale, ci racconta su GT Planet cosa ne pensa della nuova monoposto Formula Hybrid 2019 rilasciata qualche giorno fa dal team Race Sim Studio per Assetto Corsa. Qui di seguito, alcuni estratti dell'articolo tradotto in italiano.
  8. Il team Race Sim Studio ha appena rilasciato per Assetto Corsa la prima versione della sua Formula Hybrid 2019, ovvero una replica perfetta delle attuali monoposto di Formula 1 impegnate nel mondiale 2019. E' possibile scaricare la vettura direttamente da questo link, effettuando una donazione minima di euro 3,99, oppure acquistare per euro 4,87, con lo sconto del 25%, il pacchetto contenente la Formula Hybrid 2019 insieme alla Formula RSS 2 V6 2018 (ovvero la vettura di Formula 2 dell'anno scorso). Per commenti e supporto fate riferimento a questo link del forum.
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