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  1. Un’altra monoposto classica, un altro gioiello sceso in pista con al volante il mitico Ayrton Senna. Dopo l’affilatissima McLaren-Honda MP4/4 del 1988, che conquistò in quella stagione sia il Titolo Piloti che quello Costruttori, il Mondiale di Formula 1 vide diventare sempre più splendente la stella del pilota brasiliano, costantemente davanti a tutti in qualifica e sempre più aggressivo e determinato in gara. Merito non solo del suo talento cristallino, ma anche di vetture estremamente competitive come quelle messe a disposizione dal team di Woking: queste seguirono un’evoluzione che passò dal V8 della MP4/4 al V10 delle successive MP4/5 e 5B, per arrivare al rabbioso dodici cilindri a V della MP4/6 del 1991, protagonista di questa monografia e, ovviamente, iridata con il driver carioca nel suo abitacolo. McLAREN-HONDA MP4/6: LE ORIGINI Con 15 vittorie su 16 Gran Premi ottenuti al volante della MP4/4 del 1988, il team McLaren-Honda guardava con assoluta fiducia alla stagione successiva, un 1989 in cui la FIA aveva cambiato il regolamento mettendo al bando i motori turbocompressi. Per il reparto corse britannico questo significò che era giunto il momento di ripartire da capo: grazie al profondo legame con il motorista giapponese, la McLaren ottenne un nuovo propulsore per la monoposto di quell’anno, vale a dire un V10 aspirato da 3.5 Litri con angolo tra le bancate di 72° ed una potenza di quasi 700 cavalli. Si trattava dell’unità Honda RA109E che avrebbe equipaggiato la MP4/5, disegnata a da Steve Nichols sotto la supervisione di Neil Oatley: una vettura che si differenziava dalla precedente per una riduzione generale della carrozzeria, soprattutto al retrotreno dove l'effetto “coca-cola” della vecchia MP4/4 era talmente accentuato che andava a scomparire a livello della scocca. Dal momento che utilizzava un motore aspirato, venne reintrodotto sopra la testa del pilota un air-scope maggiorato in modo che garantisse un lieve incremento di pressione dell'aria e, quindi, di potenza erogata alle alte velocità. Inoltre, era ancora una delle pochissime vetture ad essere dotata del cambio manuale a sei rapporti, su trasmissione longitudinale per la prima metà del 1989 passata poi a quella trasversale per tutto il 1990. McLAREN-HONDA MP4/6: SENNA CONTRO PROST I piloti prescelti per portarla in pista erano quelli del 1988: da una parte Ayrton Senna, dall'altra Alain Prost. La loro rivalità aveva raggiunto livelli davvero elevati, ma questo non impedì di far centrare alla nuova arma a quattro ruote firmata McLaren il Titolo Costruttori del 1989, grazie a dieci vittorie messe in cassaforte (sei di Senna e quattro di Prost). Il Titolo Piloti, invece, si risolse nella penultima tappa di Suzuka, entrata nella storia della Formula 1 per quella famosa collisione tra i due Campioni dellla McLaren alla chicane Casio Triangle, dalla quale il pilota carioca ripartì tagliando la variante grazie all’aiuto dei commissari di pista. Tornato ai box per cambiare il musetto danneggiato, Ayrton vinse la corsa… ma venne squalificato a favore di Alessandro Nannini: la manovra da lui compiuta fu ritenuta irregolare e questo sancì la conquista del Terzo Mondiale per il suo rivale francese. Le polemiche non mancarono, ma ormai si stava guardando al 1990: Prost, avvelenato dalla competizione in casa con Senna, lasciò la McLaren e si accasò in Ferrari con la rinnovata 641, mentre al brasiliano venne affidata la versione evoluta della monoposto 1989, la MP4/5B. Nella stagione precedente il modello standard aveva dato qualche problema di affidabilità a livello di lubrificazione, grattacapi che i tecnici di Woking tentarono di risolvere con la nuova versione della vettura inglese. Essenzialmente si trattava di una MP4/5 leggermente rivista nella posizione dei serbatoi del carburante, nell'ala anteriore e posteriore ridisegnate e nel bodywork posteriore riprogettato attorno a dei radiatori allargati. A livello di propulsore si puntò di nuovo a un V10 aspirato, evoluzione diretta del precedente: la MP4/5B fu equipaggiata con l’Honda RA100E, molto simile al “109” ma migliorato sotto l'aspetto, appunto, dell'affidabilità in gara. Questo le garantì nuovamente una stagione ad altissimo livello, con sei vittorie stagionali colte interamente da Ayrton Senna… che a Suzuka si prese addirittura la rivincita sul rivale transalpino. In quell’occasione la loro gara durò solamente poche centinaia di metri dopo il via, quando il brasiliano andò a speronare la Ferrari del francese. In questo modo Senna diventò per la seconda volta in carriera Campione del Mondo, ma in un modo altamente vendicativo, che lui stesso poi ritenne poco corretto. McLAREN-HONDA MP4/6: DA DIECI A DODICI CILINDRI Il 1991, fortunatamente, era alle porte, anche se l’armata delle Williams-Renault con Nigel Mansell e Riccardo Patrese si stava facendo sempre più competitiva: in quella stagione il team britannico portò in scena la mitica FW14 (poi diventata FW14B nel 1992) dotata di un motore V10 che spinse la Honda a rivedere i propri piani. Fino a quel momento la casa giapponese aveva puntato sull'architettura a 10 cilindri, una scelta effettuata in anticipo rispetto alla concorrenza che risultò di una superiorità quasi imbarazzante nel 1989 ma che antepose notevolmente il limite di sviluppo del propulsore nelle stagioni successive. Proprio all'inizio degli anni '90, infatti, i motori Renault V10 e Ferrari V12 cominciavano ad essere decisamente più affidabili e prestanti, il che costrinse la Casa dall'Ala Dorata a puntare per il 1991 su un'unità riprogettata praticamente da zero. La strada intrapresa fu quella di un motore V12, chiamato RA121E e montato per la prima volta su una MP4/5B in versione “muletto” con telaio modificato (rinominata MP4/5C): i tecnici giapponesi lo ritenevano superiore al V10 perchè capace di girare a regimi di rotazione inferiori a parità di potenza erogata, anche se poi si dimostrò molto complesso da gestire per i maggiori ingombri e per il peso aggiuntivo derivante da due cilindri in più. La base, quindi, era un 12 cilindri a V da 720 cavalli con angolo tra le bancate di 60°, sì più pesante rispetto al vecchio V10 ma comunque ben bilanciato per l'assenza dei contralberi di equilibratura. Per quanto riguarda la distribuzione venne scelta la cascata di ingranaggi (il sistema a cinghie sincrone non aveva dato i frutti sperati) che permetteva un regime massimo di rotazione di 15.000 giri/min ma con richiamo delle valvole (in leghe di titanio) gestito da molle d'acciaio senza il ritorno pneumatico. Nella fase di sperimentazione il nuovo motore garantiva un rapporto alesaggio/corsa di 1,54, molto simile al vecchio V10 e che consentiva di raggiungere la potenza massima di quest'ultimo ad un regime di circa 800 giri/min in meno. Tuttavia, risultava comunque meno potente rispetto al 10 cilindri Renault perchè quest'ultimo non soffriva dei fenomeni di risonanza delle molle dal momento che queste erano gestite con il ritorno pneumatico. Per ovviare a ciò, la Honda incrementò il suddetto rapporto a 1,74, introducendo inoltre un sistema di collettori di aspirazione a lunghezza variabile per migliorare la curva di coppia e la qualità di erogazione. L'utilizzo dei carburanti Shell HE (High Energy), tuttavia, fu un'arma a doppio taglio per il reparto corse di Woking: da una parte garantiva un incremento prestazionale di potenza rispetto alle Williams di circa 90 cavalli, ma dall'altra causava all'RA121E dei grossi problemi di lubrificazione. Già l'utilizzo di un V12 sul telaio modificato della MP4/5C, destinato in origine ad un V10 e che poi venne utilizzato per la MP4/6, aveva creato gravi scompensi sulla nuova vettura per via della sua maggior lunghezza e complessità, in più l'eccessivo fenomeno della centrifugazione dell'olio motore nel caso di alti valori di accelerazioni laterali causava frequenti cedimenti dei cuscinetti per il fatto che questi non venivano lubrificati a dovere. Per ovviare a questa mancanza, la McLaren decise di far funzionare la sua nuova monoposto con un eccesso di olio e con un impianto di ricircolo molto complesso che rese evidenti le frequenti fumate azzurrognole durante le prime gare del 1991, sintomo di residui di olio motore che, durante la stagione, vennero drasticamente ridotti con il miglioramento di tale sistema. L'RA121E, comunque, rimase decisamente inaffidabile anche per le modifiche effettuate sui combustibili con valori di densità e viscosità differenti da quelli utilizzati ad inizio Campionato, dei cambiamenti che richiedevano una ritaratura dei flussometri sulle nuove vetture la quale, tuttavia, non venne fatta. Ciò ingannava il computer di bordo, che segnalava più benzina nei serbatoi di quanta in realtà non ci fosse: per questo motivo in diverse gare Senna e Berger rimasero a piedi, e fu eclatante il passaggio che Mansell diede al brasiliano alla fine del GP di Gran Bretagna del 1991, proprio perchè Ayrton era rimasto senza carburante all'ultimo giro. McLAREN-HONDA MP4/6: COMPETITIVA PER MERITO DI SENNA Con questi presupposti prese vita la MP4/6: progettata da Neil Oatley, fu l'ultima vettura a vincere un Campionato del Mondo con un motore V12 ed il tradizionale cambio manuale ad H a sei rapporti. Era esteticamente molto simile alla vecchia MP4/5B, ma presentava delle differenze strutturali ben precise per sostenere il nuovo propulsore 12 cilindri: il telaio era più solido in termini di rigidità torsionale e poteva ospitare dei serbatoi più grandi per soddisfare l'assettato RA121E. Anche le sospensioni vennero modificate, con il sistema pushrod attivo montato proprio davanti all'abitacolo invece che installato verticalmente ai lati delle ruote. Durante la stagione, inoltre, il propulsore Honda fu soggetto a ben tre specifiche di sviluppo, con l'ultima (la Spec 3) che introduceva teste dei cilindri e alberi a camme alleggeriti per una maggiore potenza ai regimi intermedi. Rispetto alle Williams FW14 e alle Tyrrell 020, la MP4/6 era però piuttosto convenzionale (non presentava il musetto rialzato, per esempio), ed il fatto che Senna riuscì a portarla alla vittoria nel Mondiale 1991 fu dovuta soprattutto per i “difetti di gioventù” della nuova arma di Nigel Mansell. L'inaffidabilità, soprattutto a livello di elettronica, della vettura di Grove consentì al brasiliano un inizio stagione con ben quattro vittorie, tra le quali l’indimenticabile impresa che portò a termine sul suo circuito di casa, Interlagos, dove arrivò al traguardo con il cambio bloccato in sesta. Quando poi la FW14 cominciò ad ingranare la marcia giusta, solo la grande freddezza di Ayrton e del team capitanato da Ron Dennis assieme ad alcuni errori commessi da Mansell permise al “Campeao” di mantenere la leadership di Campionato fino alla fine. L'ultima chance per il pilota britannico fu sfumata, una volta di più, sul circuito di Suzuka, quando finì nella sabbia nei pressi della prima curva tentando di rimanere in scia all'ormai sempre meno competitiva MP4/6. Questa, poi, venne riutilizzata in versione aggiornata (MP4/6B) nelle prime gare della stagione 1992, con la quale “Magic” colse un ultimo terzo posto nel GP di Sud Africa, prima di essere rimpiazzata dalla MP4/7. Da quel momento, però, cominciò il declino del team McLaren, proprio perchè il grande binomio Williams-Renault aveva affinato al punto giusto la sua FW14B per portarla a dominare in lungo e in largo in Formula 1. Solamente l’arrivo di un certo Michael Schumacher alla Benetton avrebbe cambiato le carte in tavola… ma questa, ovviamente, è un’altra storia.
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