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  1. Il simracing è una delle poche cose che nel 2020 ha visto una crescita in termini di fatturato e consensi. Manterrà questo trend anche quando la pandemia finirà? La pandemia ha infatti costretto a chiudere, tra le altre cose, anche le piste, mandando in crisi il tradizionale motorsport che ha perso numerosi sponsor, i quali hanno pensato bene di virare sul fenomeno simracing. La domanda che si è posto persino l'autorevole New York Times è: le corse simulate, dureranno e cresceranno anche post Covid-19 ? Quotidianomotori prova a rispondere nell'articolo che trovate a questo link.
  2. Appassionati di simracing e corsisti dell’Academy di DrivingItalia.NET, bentornati nel nostro viaggio con il quale vi stiamo formando per diventare dei provetti piloti virtuali! Dopo avervi spiegato tutte le tecniche di attacco più importanti per quanto riguarda la guida in pista contro altri avversari, oggi è giunto il momento di capire come difenderci quando un nostro rivale tenta di “rubarci” la posizione che abbiamo conquistato in precedenza a suon di sportellate. Siete pronti a prendere appunti? L’ARTE DI CORRERE: PROTEGGERE LA TRAIETTORIA INTERNA Sebbene nella scorsa puntata abbiamo messo nero su bianco le varie tecniche di sorpasso per guadagnare posizioni in classifica durante una gara, la realtà è questa: durante una competizione – virtuale o reale – le parole e la teoria lasciano spazio ai fatti, per cui il compito di un pilota è quello di guadagnare più strada possibile verso la vittoria scalando la Top 10 grazie al proprio impegno… o anche approfittando degli errori altrui. Quando si è in testa, inoltre, la priorità è quella di mantenere il comando… a ogni costo! Per fare ciò nella maniera più pulita e corretta possibile, esiste una tecnica in particolare che consiste nel posizionare intelligentemente la propria vettura in pista al fine di rendere la vita difficile al proprio avversario. Un esempio? Pensate a un possibile sorpasso al termine del rettilineo principale: la vettura in testa, per difendersi, dovrà portarsi verso la parte opposta del nastro d’asfalto che solitamente percorre, in modo da proteggere la traiettoria interna che, di fatto, è anche quella che il suo avversario utilizzerebbe per effettuare il sorpasso. In questo contesto l’unico modo per conquistare la prima posizione sarebbe effettuare una manovra all’esterno, che tuttavia non è sempre così facile da compiere non solo per la linea differente da quella ottimale, ma anche per il fatto che si passerebbe sul lato sporco del tracciato in prima curva con meno grip a disposizione. L’estremizzazione di questa tecnica porta al puro bloccaggio di ogni tentativo di attacco da parte del nostro avversario, con il pilota in testa intento a cambiare continuamente traiettoria in rettilineo pur di non dare strada alla vettura più veloce che lo segue. A questo punto sorge spontanea una domanda: quand’è che opportuno “dare strada” al proprio rivale e quando, invece, si può dare libero sfogo al proprio ego per mantenere la testa della corsa? L’ARTE DI CORRERE: CHI HA LA PRECEDENZA IN UN SORPASSO? Per rispondere alla domanda precedente dobbiamo immaginare due casi: il primo è quello che richiama alla mente il sorpasso di Nigel Mansell ai danni di Ayrton Senna durante il Gran Premio di Spagna del 1991. In quell’occasione il “Baffo” e “Magic” erano ruota a ruota sul rettilineo principale del Montmelò, il che permise all’inglese della Williams di avere la traiettoria ottimale per chiudere la manovra e passare in testa alla corsa. Quando anche noi ci troviamo in una situazione simile, vale a dire quando siamo praticamente affiancati al nostro rivale in rettilineo, allora abbiamo la “precedenza” e possiamo forzare la mano in modo da andarci a prendere la tanto agognata prima posizione. Il nostro avversario, invece, realisticamente dovrà darci strada e accodarsi… a meno che non voglia provare l’esperienza di continuare la bagarre anche nel bel mezzo della prima curva! Al contrario, se ci troviamo nella situazione in cui non abbiamo almeno tre quarti di vettura al fianco di quella del nostro rivale ma, anzi, ci troviamo un po’ più indietro rispetto a quest’ultimo... allora la “precedenza” di inserirsi per primo al termine del rettilineo spetta proprio a lui! In questo caso la nostra velocità non è sufficiente per portare a termine correttamente la manovra di sorpasso, quindi il nostro avversario potrà staccare chiudendoci facilmente la porta in faccia e mantenendo la testa della corsa. Il consiglio, inoltre, è quello di non provare a forzare oltre la nostra staccata: molto probabilmente non riusciremo a chiudere la curva e arriveremo all’incidente. Uomo avvisato… L’ARTE DI CORRERE: FATE ATTENZIONE A CIÒ CHE VI STA ATTORNO! Mentre nella realtà sono i nostri sensi ad aiutarci a capire ciò che sta succedendo attorno a noi, al simulatore il fatto di rimanere fermi sulla nostra sedia da simracing sicuramente non ci semplifica la vita nel capire se siamo troppo vicini al nostro avversario oppure abbiamo ancora spazio per chiudere la nostra manovra di sorpasso (o di difesa in staccata). In questo caso è molto importante prestare la massima attenzione a tutti gli indizi che ci possono portare a delineare un quadro il più possibile chiaro della situazione: alcuni punti sul tracciato, le ombre delle altre vetture e il sound dei nostri rivali quando ci avviciniamo a loro compenseranno anche la limitazione della nostra visuale periferica, contenuta di fatto nella larghezza complessiva del nostro monitor. In nostro soccorso, comunque sia, esistono degli aiuti specifici volti a farci capire meglio cosa sta succedendo attorno a noi: su Assetto Corsa, per esempio, esistono le frecce di segnalazione relative alla posizione dei nostri avversari, così come delle app specifiche a forma di “radar” che identificano i loro spostamenti in funzione di dove ci troviamo realmente in pista. Non ultimo, anche lo “spotter” può essere un ottimo strumento, perché la sua voce ci dirà se al nostro fianco ci sono ancora vetture rivali o meno. In ogni caso, il segreto per diventare dei buoni piloti è soltanto uno: pratica, pratica e ancora pratica!
  3. Piloti virtuali di DrivingItalia, bentornati nella nostra Simracing Academy che ha l’obiettivo di sviluppare il vostro potenziale di simdrivers al fine di eccellere nel mondo delle corse al simulatore. Dopo avervi illustrato i fondamentali della guida in pista e le traiettorie più appropriate per staccare già da ora tempi interessanti sul cronometro, oggi è arrivato il momento di parlare di una delle skills più difficili da allenare per un pilota: la frenata. TECNICHE DI FRENATA: IL CONCETTO FONDAMENTALE Al termine di un rettilineo o comunque in prossimità di una curva, il compito di un pilota da corsa è solamente uno: frenare il più tardi possibile e ritornare sul gas con una rapidità tale da non perdere decimi preziosi sul giro. Ciò prevede di sfruttare il massimo potenziale del freno a seconda della curva da affrontare, in modo da portare quanta più velocità possibile in curva per la maggior parte del tempo di percorrenza. Questo, ovviamente, non sempre coincide con l’utilizzare in ogni caso il 100% della massima potenza frenante della nostra vettura. Prendiamo come esempio la Variante Villeneuve o la Rivazza dell’Autodromo Enzo e Dino Ferrari di Imola: su una monoposto non andremo a premere forte il pedale del freno in entrata, ma piuttosto lo sfioreremo per inserire al meglio la nostra vettura senza perdere velocità. In caso contrario, interromperemo il “flow” necessario per una guida scorrevole ma allo stesso efficiente ed efficace. TECNICHE DI FRENATA: IL THRESHOLD BRAKING Quali sono, quindi, le tecniche migliori per risultare competitivi in pista? Sempre in base alla situazione e alla curva che dovremo affrontare, possiamo citarne tre su tutte: 1. Threshold Braking 2. Trail Braking 3. Brush Braking Iniziamo dalla prima. Il “Threshold Braking”, o “frenata sulla soglia/al limite” è una tecnica che prevede la massima applicazione del pedale del freno poco prima della perdita di grip delle gomme: questa permette al pilota di frenare veramente tardi prima della fase di inserimento della vettura, per esempio al termine di un lungo rettilineo. Evitando di portare gli pneumatici al bloccaggio, si otterrà la massima aderenza possibile per affrontare la curva in modo veloce ed efficiente. Ovviamente questa tecnica è da effettuare a ruote dritte: quando si applica la massima potenza frenante e si prova a ruotare contemporaneamente il volante, infatti, la probabilità che le gomme anteriori si blocchino è davvero alta e questo porta a un alleggerimento dello sterzo e a una perdita di aderenza della vettura, che può così finire facilmente nella ghiaia. TECNICHE DI FRENATA: IL TRAIL BRAKING A questo punto è giusto introdurre la seconda tecnica basilare utilizzata da tutti i piloti da corsa: si chiama “Trail Braking” ed è un’evoluzione diretta della precedente, perché prevede comunque la massima applicazione della potenza frenante nel punto più vicino all’inserimento in curva. A differenza del Threshold Braking, però, questa si caratterizza per il fatto che, dopo aver massimizzato la frenata, la pressione sul pedale del freno venga progressivamente ridotta fino all’apex della curva. Contemporaneamente il pilota andrà a puntare la vettura verso il cordolo interno ruotando piano piano il volante nella direzione voluta, il tutto senza arrivare al bloccaggio delle gomme che, altrimenti, vanificherebbe l’intera procedura. Il motivo? Quando si è al 100% della potenza frenante gli pneumatici sono completamente impegnati nella fase di decelerazione: ruotare allo stesso tempo lo sterzo romperebbe l’equilibrio della loro aderenza con l’asfalto, portandoli quindi al “lock-up”. Se, invece, dopo una prima applicazione massima del pedale del freno questo viene progressivamente rilasciato lasciando spazio a una graduale rotazione del volante per inserire efficacemente la vettura in curva, il grip viene mantenuto al suo limite e questo risulta estremamente utile per trovare decimi preziosi una volta transitati sotto la bandiera a scacchi. TECNICHE DI FRENATA: IL BRUSH BRAKING La terza, e ultima, importante tecnica di frenata che un pilota da corsa deve imparare per essere competitivo è quella del “Brush Braking”: questa consiste nell’utilizzare solo una parte della massima potenza messa a disposizione dall’impianto frenante, in modo da non andare a condizionare troppo la velocità di percorrenza necessaria ad affrontare una curva a medio-alta velocità. In questo modo il trasferimento di carico che si otterrà in frenata sarà meno importante rispetto a quello derivato dall’utilizzo delle precedenti due tecniche di guida: il grip non si sposterà completamente all’avantreno, ma piuttosto si bilancerà tra le gomme anteriori e quelle posteriori, per una vettura più equilibrata in tutte le fasi di percorrenza di una curva. Questa tecnica, solitamente, viene utilizzata in quelle parti di un circuito dove l’utilizzo delle precedenti rallenterebbe troppo la nostra corsa: l’esempio che abbiamo fatto all’inizio sul circuito di Imola, in questo caso, rappresenta la situazione perfetta per capire quando sfruttare il “Brush Braking”. TECNICHE DI FRENATA: I TRE SEGNALI FONDAMENTALI Come abbiamo annunciato all’inizio di questa puntata, la frenata rappresenta uno dei momenti più difficili da gestire quando si gira in pista: sia nel mondo reale che, a maggior ragione, in quello virtuale, vista l’assenza della percezione di velocità, di movimento e di tutte quelle sensazioni trasmesse dalla vettura sia in rettilineo che in curva. Al simulatore, quindi, un pilota deve stare ancora più attento quando comincia ad avvicinarsi al limite della propria automobile, facendo riferimento a tre segnali fondamentali che indicano, appunto, il raggiungimento e l’imminente superamento del grip con l’asfalto. Il primo è sicuramente il rumore delle gomme: ogni pneumatico si comporta in maniera differente quando raggiunge il suo limite di aderenza con il tarmac, per cui il sound percepito ci fa capire a che livello siamo arrivati durante la fase di frenata con le tecniche di Threshold o Trail Braking. Il secondo è il feedback fornito dallo sterzo: quando le gomme si bloccano, il volante diventerà leggero e ogni suo input da parte del pilota non avrà pressoché alcun effetto. Il terzo, e ultimo segnale, è percepibile soprattutto sulle monoposto ed è dato dalla rotazione visiva delle gomme verso la direzione della curva… con tanto di fumo in caso di bloccaggio. TECNICHE DI FRENATA: IL BRAKE BIAS Riprendendo i concetti visti nella puntata dedicata alla dinamica del veicolo, quando si preme il pedale del freno su una vettura il peso della stessa si trasferisce verso l’avantreno: questo significa che le gomme anteriori avranno un grip maggiore con l’asfalto rispetto a quelle posteriori… ed è in questo contesto che entra in gioco l’importanza del “brake bias”. Tradotto in italiano come “distribuzione della potenza frenante”, il brake bias consiste nella differenza di pressione che si crea tra l’impianto frenante all’avantreno e quello al retrotreno di un’automobile, una volta esercitata una certa pressione sul pedale del freno da parte del pilota. Il suo compito è quello di compensare l’eccessivo trasferimento di carico che si ottiene proprio durante la fase di frenata, dove appunto il peso maggiore andrà a gravare sulle gomme anteriori. Il brake bias va modificato a seconda del circuito e delle preferenze del pilota: un valore troppo elevato all’anteriore faciliterà il bloccaggio degli pneumatici anteriori quando si premerà il pedale del freno, con l’effetto di un eccessivo sottosterzo in inserimento di curva, mentre un valore eccessivo al posteriore andrà a bloccare prima gli pneumatici posteriori, il che causerà la perdita di aderenza del retrotreno con la nostra vettura pronta a finire nella ghiaia in testacoda. Tuttavia, se sfruttato al meglio, un brake bias leggermente più orientato al posteriore aiuterà la rotazione della vettura e il suo inserimento in curva: in questo caso le gomme avranno una superficie di contatto minore con l’asfalto e questo le renderà più suscettibili a una scivolata controllata, a tutto vantaggio del tempo sul giro. TECNICHE DI FRENATA: L’IMPORTANZA DELLA DOWNFORCE Un altro concetto molto importante da capire è quello relativo all’efficacia della downforce (o carico aerodinamico) di una vettura quando arriva il momento di frenare prima di una curva. Più un’automobile incrementa la sua velocità, più forte si dovrà premere il pedale del freno prima di arrivare al bloccaggio delle gomme. Questo è dovuto al fatto che in molte vetture da corsa l’alta velocità genera una certa downforce aerodinamica che tiene la vettura stessa incollata all’asfalto: il grip delle gomme con il tarmac, quindi, sarà più elevato oltre una certa soglia di velocità, al di sotto della quale, invece, l’aderenza (e quindi la downforce) comincerà a mancare. Di conseguenza, il bloccaggio delle gomme quando la velocità decresce avverrà con maggiore facilità e questo costringe il pilota a modulare in maniera molto precisa la pressione sul pedale del freno, utilizzando la tecnica del Trail Braking successivamente a quella del Threshold Braking nella parte iniziale della frenata. TECNICHE DI FRENATA: QUAL È IL PUNTO DI STACCATA IDEALE? L’ultimo punto da considerare in questa puntata è il seguente: una volta che si conoscono e si riescono ad utilizzare le varie tecniche di frenata… come si fa a capire qual è il punto di staccata ideale per affrontare una curva? Per rispondere a questa domanda la situazione ottimale è quella di iniziare a far pratica su un circuito utilizzando riferimenti piuttosto conservativi, che andremo a spostare sempre più vicini all’inserimento mano a mano che otterremo sempre più fiducia. Non esiste errore più grave che andare a frenare troppo tardi e/o con un’insufficiente pressione di frenata: nel primo caso il pilota cercherà sicuramente di rimediare applicando una potenza frenante eccessiva e bloccando le gomme, mentre nel secondo l’impianto frenante non avrà ridotto correttamente la velocità della vettura prima dell’inserimento in curva. Il risultato è lo stesso: si finirà fuori pista, con un eccessivo sottosterzo o con un brusco sovrasterzo causato dallo stallo dell’aerodinamica posteriore della vettura. Di conseguenza, il nostro consiglio è quello di procedere per gradi, mantenendo sempre il controllo della propria automobile. Quando si utilizza la tecnica del Threshold Braking, l’attenzione dovrà essere posta sul punto di staccata, che dovrà consentire il corretto inserimento in curva, mentre nel caso del Brush Braking e del Trail Braking bisognerà stare attenti al livello di pressione (e alla sua durata) esercitata sul pedale, che determinerà una migliore (o una peggiore) direzionalità del veicolo quando è il momento di ruotare il volante verso il cordolo interno. Attenzione anche al momento in cui si rilasciano i freni! Troppo rapidamente e si otterrà una rotazione del posteriore troppo brusca, che potrebbe portare la vettura in testacoda; troppo lentamente e si perderanno preziosi decimi sul giro. Il segreto, in ogni caso, è solo uno: pratica, pratica… e ancora pratica!
  4. Sim Racing ed eSports: un matrimonio perfetto. Se il Sim Racing simula alla perfezione le gare automobilistiche, le competizioni di eSports sono lo sbocco ideale per gli aspiranti piloti. Lo scorso anno, gli eventi eSports legati al Sim Racing hanno conosciuto un’accelerazione simile, se non uguale, a quelli legati ad altri tipi di giochi. La storia degli eSports comincia molti anni fa, anche se solo negli ultimi anni ha conosciuto un grande successo, accompagnato da un giro d'affari enorme: il Sim Racing, per diversi motivi, tra cui sicuramente i costi più elevati, non ha ancora raggiunto le cifre di altri giochi, ma i tornei sono aumentati e il coinvolgimento di federazioni e case automobilistiche pure. Ora il Sim Racing è pronto a spiccare il volo e a ritagliarsi uno spazio importante in quel mare magnum che è il mondo scintillante degli eSports. Un po’ di storia: quando nasce il Sim Racing? Il Sim Racing, intesa come simulazione fedele dell’esperienza di guida su pista o tracciato, non ha una lunghissima storia alle spalle. Se ampliamo un po’ lo sguardo, però, possiamo trovare in alcuni videogiochi e simulazioni sportive gli antesignani del genere. Nel 1984, il gioco Formula 3 della Acornsoft per la prima volta permetteva di configurare l’assetto della monoposto e metteva il guidatore all’interno della cabina. Risale al 1996 il bel Gran Prix 2, realizzato dalla MicroProse con licenza ufficiale della FIA, da molti considerato la prima, vera simulazione motoristica. Nei primi anni 2000, F1 Challenge e rFactor alzano l’asticella e rendono l’esperienza di guida sempre più realistica. Partono anche le prime gare online e nasce un software che fungerà da esempio e base delle attuali simulazioni: Nascar Racing 2003 Season. Sarà infatti il programmatore di Nascar, David Kaemmer, insieme a John Henry, a creare iRacing.com, l’ottimo simulatore di guida disponibile sia per Windows che per i macOS. Attualmente, iRacing, rFactor 2 (il cui sviluppo è sempre in evoluzione) e Assetto Corsa sono tra i simulatori più apprezzati (e utilizzati) dagli appassionati. eSports e Sim Racing: le serie più importanti e l’impennata del 2020 Le competizioni “virtuali” di Sim Racing sono spesso legate a doppio filo con le competizioni reali. Per esempio, alla Nascar sono legati due campionati, uno dei quali supportati dalla stessa federazione. La leggendaria gara di Le Mans ha una versione simulata che si corre durante il fine settimana di quella reale con Forza Motorsport 7. A queste competizioni si aggiunge il GT World Tour, la F1 (che ha iniziato la sua serie eSport nel 2018) e l’eSports WRC (World Rally Championship). Altre competizioni che meritano di essere citate sono la Velocity Endurance Series e l’ESL Project Cars SMS-R Championship. Il 2020, per i motivi che ben conosciamo, ha contribuito alla crescita del Sim Racing e delle competizioni eSports di simulazione di guida. Inoltre, piloti come Leclerc non solo hanno partecipato a eventi del settore, ma sono tra le personalità più seguite su Twitch. La partecipazione di professionisti a eventi come l’SRO eSports GT Championship stanno contribuendo a far crescere il Sim Racing come eSports di livello, con premi e bonus sempre più alti. E non è affatto un caso se federazione e case automobilistiche si stanno muovendo decise in questo senso. Per esempio, la Formula E è ripartita nella sua versione simulata: Formula E Accelerate, questo il nome della competizione, si disputa sulla già citata piattaforma rFactor 2 ed è aperta a piloti professionisti e solo “virtuali”. La sessione di qualifiche si è tenuta su circuito digitale a Berlino. Chi ha ottenuto i tre tempi più veloci potrà partecipare alla competizione, che consta di sei tappe di qui al 25 marzo: ai partecipanti sarà garantita una quota di montepremi di 100mila euro almeno. Il vincitore assoluto avrà un premio non da poco: la possibilità di guidare una monoposto in pista. Anche la Ferrari ha organizzato il suo torneo per trovare talenti. Il Ferrari Hublot eSports Series, che si disputa con vetture GT su Assetto Corsa, ha visto la vittoria di Giovanni De Salvo, 21 studente di ingegneria, che in un’intervista ha dichiarato di sognare la pista: quella reale. Un sogno, certo: ma forse non irraggiungibile per il pilota eSports “più forte d’Europa”. [Contributo redazionale esterno]
  5. Quando si parla di monoposto virtuali per i simulatori di oggi, è difficile non nominare la splendida Formula Hybrid 2020: realizzata per il celebre Assetto Corsa, questa vettura è la somma di ben tre anni di sviluppo dalla prima versione uscita nel 2017 e rappresenta una fedele riproduzione delle vetture della massima serie automobilistica che hanno corso nella stagione appena conclusa a dicembre con l’ultimo appuntamento iridato di Abu Dhabi. Una mod che negli ultimi tempi ha potuto regnare incontrastata come “la” monoposto per il software della Kunos Simulazioni, ma che da oggi dovrà vedersela con una rivale particolarmente agguerrita. Dopo l’interessante progetto della ASR-H 2020, il team italiano ASR Formula ha creato una vera vettura da F1 moderna, chiamata ASR-One e recentemente resa disponibile sia per AC che per rFactor 2. Come se l’è cavata nelle nostre mani? Continuando a leggere lo scoprirete! ASR-One by ASR FORMULA: GRIP SENZA LIMITI Rispetto alle vetture classiche degli anni ‘90, le monoposto di oggi sono in grado di offrire sia velocità supersoniche in rettilineo (a patto di limitare il carico aerodinamico generato dal fondo vettura) che un’aderenza “stellare” quando è il momento di affrontare le varie curve di un circuito. Questo è evidente soprattutto con i mezzi della classe regina del motorsport, la Formula 1, al volante dei quali si può tranquillamente prendere in pieno settori che, in passato, richiedevano un necessario lift-off dell’acceleratore, onde evitare di finire in testacoda contro le barriere di protezione. Una sensazione che si percepisce immediatamente ai comandi della nuovissima ASR-One: pronti, via e le enormi gomme a specifica Media del setup di base permettono già di scendere con agilità sotto l’1’20’’ sull’Autodromo Enzo e Dino Ferrari di Imola, segno che il lavoro di sviluppo di questa monoposto sulla base delle specifiche 2020 reali è stato effettuato correttamente. Anche provando a forzare in staccata la ASR-One non perde un colpo e si inserisce sempre con precisione senza dare il benchè minimo problema. L’importante, però, è frenare veramente forte al cartello di riferimento dei 100 metri prima del Tamburello: come accaduto con la ASR-H, anche la nuova nata in casa ASR Formula ci ha dato qualche problemino con la potenza frenante necessaria per massimizzare la capacità dell’impianto a nostra disposizione. Niente di grave, ovviamente, perché in fin dei conti basta tarare per bene il limite massimo del pedale… e il gioco è fatto. Dicevamo, la ASR-One se la cava alla grande in fatto di precisione in inserimento e di stabilità in frenata, donando al pilota quella sensazione che… “tutto è possibile”, anche frenare all’ultimo istante e inserire la vettura a velocità stratosferica. Le conseguenze, in questo caso però, le si paga in uscita di curva: proprio come accade con la Hybrid 2020, anche quella creata dal team ASR Formula tende a “scodare” se si esagera troppo con il gas fuori dai tornanti a percorrenza lenta come la Tosa, anche se in maniera più progressiva rispetto alla mod RSS. ASR-One by ASR FORMULA: L’ESPERIENZA DELLA F1 ALLA PORTATA DI TUTTI Questo, ovviamente, è un fattore estremamente positivo per l’ultima creazione firmata ASR Formula, perché permette anche ai piloti meno esperti di apprezzare l’esperienza di guida offerta dalle Formula 1 moderne. In un certo senso la ASR-One si è dimostrata un po’ più “facile” da guidare rispetto alla Hybrid 2020, soprattutto quando si tratta di “tenere giù” in certi settori dove il coraggio e la capacità di un pilota sono le qualità fondamentali per ottenere un ottimo tempo sul giro. La vera differenza la si nota riprendendo l’esempio precedente dell’uscita di curva dalla Tosa: con la Hybrid 2020, se non si presta la dovuta attenzione, si finisce con il posteriore in “snap-oversteer” senza nemmeno rendersene conto… con la ASR-One, invece, si riesce a gestire la situazione e correggere la traiettoria da un sovrasterzo che, quindi, arriva in maniera meno netta e improvvisa. A conti fatti, quindi, la ASR-One si dimostra un’ottima vettura con la quale divertirsi e provare andare a caccia del proprio personal best senza troppi timori: è simulativa il giusto ma non crea troppa difficoltà alla guida, permettendo a chiunque di provare quelle sensazioni che sono proprie di un vero pilota da Formula 1. Ben fatto ragazzi (anche stavolta)!
  6. Rimanendo in tema V10, dopo la bellissima Renault R25 di Fernando Alonso una delle monoposto rimaste per più tempo nella memoria degli appassionati di Formula 1 è sicuramente “la Regina”: stiamo parlando della mitica Ferrari F2004, con la quale Michael Schumacher vinse il suo settimo, e ultimo, Titolo Mondiale Piloti mettendo in cassaforte 13 vittorie e due secondi posti. Un palmares a cui si aggiungono gli ulteriori due successi del compagno di squadra Rubens Barrichello a Monza e in Cina e che rendono questa vettura una tra le più vincenti nella massima serie automobilistica… seconda solo alla MP4/4 di Ayrton Senna. FERRARI F2004: LA STORIA DELLA ROSSA PIU’ ICONICA DI SEMPRE In seguito alla conquista dell’iride durante la stagione 2000, che riportò il Mondiale Piloti a Maranello dopo 21 anni di astinenza, la Scuderia Ferrari andò incontro a un periodo particolarmente florido di trionfi a ripetizione. Ogni monoposto sembrava creata apposta per il suo paladino, un Michael Schumacher praticamente imbattibile nonostante l’offensiva prima della McLaren-Mercedes con l’uscente Mika Hakkinen e il neo-acquisto Kimi Raikkonen e poi della Williams motorizzata BMW capitanata dal colombiano Juan-Pablo Montoya. Dalla F1-2000 il Cavallino Rampante si evolse nella F2001, poi nella F2002 e infine nella F2003GA, dalla quale gli ingegneri della Ferrari presero spunto per creare quella che sarebbe diventata la più potente monoposto mai uscita dagli stabilimenti di Maranello. Contraddistinta dalla sigla di progetto 655, la F2004 estremizzava i punti di forza delle vetture precedenti, al fine di massimizzare ancora di più le prestazioni offerte dall’aerodinamica, dal motore e dalle gomme Bridgestone. Alla luce delle ultime modifiche introdotte dal regolamento tecnico, il baricentro della nuova Rossa fu ulteriormente abbassato, mentre diversi elementi della carrozzeria (come gli scarichi, i radiatori e tutto il retrotreno comprensivo di cofano motore e alettone) vennero rivisti con in mente una migliore distribuzione dei pesi. In questo aiutò anche il nuovo progetto del telaio, completamente rinnovato e migliorato rispetto a quello della F2003GA, così come quello delle sospensioni, riprogettate su entrambi gli assi al fine di rendere più uniforme il comportamento dinamico della vettura. Per quanto riguarda il motore, il nuovo 053 fu ideato con l’obiettivo di essere utilizzato in singola unità per Gran Premio, il che costrinse gli ingegneri della Ferrari a curarlo approfonditamente al fine di mantenere elevata la sua affidabilità nel tempo senza andare ad intaccare le prestazioni. Montato longitudinalmente come la trasmissione a sette marce in fusione di titanio, il V10 della 2004 ottenne anche un miglioramento delle performance grazie alla benzina dedicata e ai nuovi lubrificanti della Shell, pensati appunto per durare in tutto il weekend di gara. FERRARI F2004: TALMENTE VINCENTE CHE FU UTILIZZATA ANCHE NEL 2005 Con questi pressupposti, la nuova Ferrari F2004 arrivò ai test pre-stagionali e lasciò tutti praticamente a bocca aperta: rispetto alla precedente F2003GA era in grado di girare fino a due secondi più veloce, il che rincuorò i vertici di Maranello del lavoro di progettazione effettuato durante l’inverno. Il primo risultato, in ogni caso, non tardò ad arrivare: già nel GP inaugurale di Melbourne, in Australia, Michael Schumacher e Rubens Barrichello fecero doppietta, la prima di altre otto conquistate rispettivamente in Bahrain, in Spagna, al Nurburgring, in Canada, negli Stati Uniti, in Ungheria e sull’Autodromo Nazionale di Monza (anche se a parti invertite). Una monoposto sensazionale e mai veramente attaccabile dalla concorrenza, che convinse i piani alti della Ferrari a creare una sua versione “modificata” per la successiva stagione del 2005. Dopo gli incredibili successi ottenuti nell’annata precedente, dopotutto, cosa poteva andare storto? Il problema, in realtà, fu subito evidente nei primi due Gran Premi dell’Australia e della Malesia: con il nome di F2004M, la nuova vettura perse tutta la competitività che l’aveva contraddistinta nel 2004, per via di un cambio di regolamento che andava a vanificare proprio tutti i suoi punti di forza. La modifica più evidente che le fece perdere il suo smalto fu il musetto anteriore “ingrossato”, che andava a creare scompensi aerodinamici anche a causa del piccolo alettone posizionato nella sua parte inferiore (il famoso “gradino”). Con una medaglia d’argento di Barrichello a Melbourne e un amaro settimo posto di Schumacher a Sepang, la F2004M non era in grado di reggere il ritmo della concorrenza e costrinse la Ferrari a far debuttare in anticipo la F2005: con questa vettura, però si chiude di fatto il “periodo d’oro” della Rossa, lasciando spazio a un biennio all’insegna della Renault e di Fernando Alonso. La competitività perduta sarà recuperata solamente nel 2007… ma questa è un’altra storia.
  7. Aspiranti Campioni virtuali di simracing, bentornati nell'Academy di DrivingItalia.NET, grazie alla quale avete già avuto modo di testare a fondo i principi fondamentali della guida in pista. L'uso della vista, le scalate, le tecniche di frenata... a un pilota da corsa tutto questo serve unicamente per uno scopo: transitare per primo sotto la bandiera a scacchi. Un'impresa sicuramente non semplice, che richiede tanta esperienza ma, soprattutto, le giuste conoscenze per riuscire a battere i propri avversari. Quello che vi spiegheremo oggi in una parola sola? Racecraft! L'ARTE DI CORRERE: DI COSA STIAMO PARLANDO? Tradotto in italiano, il “racecraft” rappresenta l'arte di correre, di gareggiare su pista con una vettura da competizione contro altri piloti. Chi ha guardato alcuni tra i più famosi film americani di corse automobilistiche, tra i quali figura sicuramente la celebre serie di “Fast and Furious”, penserà che correre con un'auto in circuito significhi semplicemente premere più a fondo degli altri l'acceleratore oppure staccare sempre più tardi quando è il momento di attaccarsi ai freni. Niente di più sbagliato! L'arte di correre è molto più di questo: per essere vincenti in pista bisogna conoscere alla perfezione il tracciato che si sta affrontando, analizzare e approfittare delle varie opportunità per passare i propri rivali, difendere la posizione, controllare le proprie emozioni e dotarsi di un forte senso di consapevolezza di quello che sta accadendo attorno alla propria macchina. L'ARTE DI CORRERE: CON I SORPASSI CI VUOLE RESPONSABILITÀ! Tutte le qualità che abbiamo appena citato possono essere allenate attraverso delle specifiche tecniche da utilizzare durante una gara: al di sopra di queste, però, esiste un'unica regola generale valevole per qualsiasi forma di competizione nel motorsport. Non ha importanza se siamo piloti di go-kart o di Formula 1: dal momento che il nostro scopo è arrivare primi, e non sempre saremo in grado di partire dalla prima casella in griglia, dobbiamo essere responsabili dei nostri tentativi di sorpasso attuati nei confronti dei nostri avversari. Ogni manovra, quindi, dovrà essere portata a termine nella maniera più pulita possibile, ovviamente evitando di arrivare all'incidente. L'ARTE DI CORRERE: IL SORPASSO IN USCITA DI CURVA Se vi ricordate gli argomenti trattati negli ultimi capitoli dell'Academy vi tornerà sicuramente alla mente l'importanza del fatto di “fare la vostra gara” quando vi trovate in bagarre con altri piloti. Se utilizzate male il potere della vostra vista, prendendo “spunto” da quello che fa il rivale davanti a voi, andrete esattamente a copiare le sue stesse linee mantenendo la sua stessa velocità, rendendo per lo più vani i vostri tentativi di sorpasso, per esempio, sul rettilineo principale. Figurarsi in curva! Per riuscire nel vostro intento, invece, dovete cercare di studiare la situazione e capire in che punto della pista siete voi i più veloci. In molti casi questo si realizza proprio sul rettifilo più importante del tracciato, grazie soprattutto alla scia che si genererà dalla vicinanza tra le vetture. Come fare, quindi, a sfruttare al meglio questo vantaggio? Prima del rettilineo, in particolare durante l'ultima curva, dovrete cercare di mantenere un certo margine di distanza dal vostro avversario, in modo che poi la vostra auto “prenda la scia” necessaria ad effettuare in sicurezza il sorpasso. La più alta velocità in percorrenza e in uscita sarà la vostra migliore alleata, perchè si trasformerà in una manciata di km/h aggiuntivi che potrebbero risultare vitali per la conquista della tanto agognata prima posizione. Ora vi domanderete: “Come si calcola questa distanza?”. La risposta non è universale, ma la dovrete trovare voi continuando a fare pratica: con l'esperienza capirete che rimanere troppo attaccati al paraurti del vostro avversario vi porterà a sbattere contro la sua vettura (e a rovinare la sua e la vostra gara...), mentre rimanere troppo distanti vi farà perdere tempo prezioso... e potenzialmente anche la corsa se state affrontando il vostro ultimo giro. Talvolta, se si arriva lunghi, si può provare a prendere una traiettoria più larga nella fase di ingresso della staccata successiva, in modo da chiudere prima la linea e sfruttare la miglior trazione assieme alla superiore velocità in uscita per concretizzare la manovra. L'ARTE DI CORRERE: IL SORPASSO “IN SCIA” Entrando nello specifico, l'esempio precedente prende spunto da un'altra tipologia di sorpasso, chiamata “drafting” e nella quale la vera protagonista che rende possibile la manovra è la resistenza aerodinamica dell'aria. Quest'ultima è una forza che agisce su una vettura in movimento con lo scopo di rallentarla: questo accade a causa del muro d'aria, appunto, con il quale la vettura stessa va a contatto. Ha una particolare proprietà: quando la velocità del veicolo aumenta, essa cresce al quadrato. Nel momento in cui un'auto da corsa acquisisce una certa velocità, la sua presenza determina una sorta di “buco” nell'aria davanti a sé, che di fatto presenta una forza di resistenza all'avanzamento minore di quella che si incontrerebbe tradizionalmente. Questa zona può essere sfruttata da una vettura in inseguimento per effettuare un sorpasso: si prende la scia, si acquista una velocità di punta superiore e, conseguentemente, si esce dalla linea dell'avversario, portando quindi a termine la manovra. La realtà dei fatti, tuttavia, ci induce a segnalare due importanti variabili capaci di condizionare questa tipologia di sorpasso: Il rateo di avvicinamento - Quando ci avviciniamo alla vettura che ci precede, a nostra volta creeremo una “zona” davanti a noi con una resistenza dell'aria minore di quella che incontreremmo di solito. In questo modo si viene a creare un momento in cui il vantaggio da noi acquisito rispetto al nostro rivale si assottiglia progressivamente: il consiglio è quello di calcolare bene i tempi, al fine di non perdere “il treno” ancora prima di aver capito cos'è successo... Il ritorno in traiettoria – Una volta affiancato il nostro avversario ed effettuato il sorpasso, dovremo stare attenti, anche in questo caso, al progressivo rallentamento della nostra vettura, perchè di nuovo soggetta al 100% alla resistenza dell'aria. Come concludere quindi la manovra nella maniera più sicura possibile? Il consiglio è quello di prestare attenzione alla posizione del nostro rivale, cercando di tornare nella traiettoria ideale nel più breve tempo possibile senza arrivare troppo a ridosso della zona di frenata. Quest'ultima variabile, inoltre, suggerisce anche l'importanza di non voler a tutti i costi tenere la posizione fino alla staccata successiva: se voi e il vostro avversario ci arrivate fianco a fianco, non farete altro che percorrere delle traiettorie poco produttive, le quali vi faranno perdere tempo al punto da far entrare in bagarre anche altri, scomodi, rivali. Per un pilota, ovviamente, la scelta di “lasciar passare” qualcuno in pista è difficile da mandare giù, ma talvolta è ciò che bisogna fare per mantenere la giusta velocità di percorrenza in curva per proseguire la bagarre nel settore successivo. L'ARTE DI CORRERE: IL SORPASSO IN FRENATA Oltre alle situazioni che vi abbiamo descritto, esistono dei casi in cui il sorpasso si concretizza davvero solamente nella fase di frenata, magari dopo aver percorso l'intero rettilineo principale fianco a fianco del proprio rivale. In questo caso il nostro compito sarà quello di posizionarci vicino a lui quando arriva il momento di attaccarci ai freni: cerchiamo di sfruttare tutto lo spazio a nostra disposizione, in modo da “forzarlo” a concederci la miglior traiettoria possibile per affrontare la curva. Ricordiamoci però che quest'ultima difficilmente coinciderà con quella ottimale, il che ci costringerà a inserire la nostra vettura e ad attaccare il punto di corda con un leggero ritardo. Allo stesso tempo, però, potremo posticipare anche l'azionamento del pedale del freno, per il fatto che il nostro target (l'apex della curva) è in una posizione differente da quella a cui normalmente ci avviciniamo quando siamo in pista da soli. Anche la successiva applicazione dell'acceleratore sarà differente: visto che siamo noi ad avere il controllo dell'azione di sorpasso, questa situazione ci regalerà una frazione di secondo utile nella quale attendere il corretto assestamento della nostra vettura verso la migliore aderenza possibile con l'asfalto in uscita di curva. Al contrario, il nostro avversario dovrà attendere lo stesso lasso di tempo ma si troverà in una posizione di svantaggio, perchè in un certo senso dovrà “sventolare bandiera bianca” e lasciarci passare... a meno di non voler resistere all'esterno passando per il lato sporco della pista. In questo caso, prestiamo attenzione alla sua posizione e cerchiamo di non arrivare al contatto quando riprenderemo la corretta traiettoria in uscita al termine della curva.
  8. Ci siamo, Natale ormai è alle porte ed è tempo di festeggiamenti (nel limite del possibile). Per chi è appassionato di Formula 1, tuttavia, la fine dell’anno coincide con tre mesi di sosta forzata dalle competizioni, il che può rappresentare un problema se non si ha a portata di mano una postazione da simracing con la quale scendere in pista con le proprie vetture preferite. Niente paura, ci pensiamo noi a riscaldarvi il cuore con una monoposto davvero speciale! Nell’ultimo appuntamento di Abu Dhabi lo spagnolo Fernando Alonso ha regalato un momento nostalgico a tutti i suoi fans, portando in pista la mitica Renault R25 con la quale vinse il suo primo Titolo Mondiale nel 2005. Il suo potentissimo motore V10 ha lasciato a bocca aperta non solo l’intero paddock… ma anche noi di DrivingItalia.NET, che abbiamo deciso di provarla portandola al limite sul simulatore Assetto Corsa. Com’è andata? Continuate a leggere! RENAULT R25: IL CAMBIO DI REGOLAMENTO DEL 2005 Iniziamo con un po’ di storia: la R25 nasce per mano dei progettisti Bob Bell e Mark Smith ed è la diretta evoluzione della R24 dell’anno precedente, vincente in quel di Montecarlo grazie al nostro Jarno Trulli. È figlia del nuovo regolamento della stagione 2005, volto a ridurre le prestazioni delle monoposto che hanno permesso alla Ferrari di fare incetta di Titoli Piloti e Costruttori negli ultimi cinque Campionati. Le principali novità? La durata obbligatoria del motore per due Gran Premi consecutivi e la riduzione del carico aerodinamico, per delle vetture che quindi presentano un’ala anteriore più alta dal suolo e un alettone posteriore più scarico, capace di garantire velocità più elevate in rettilineo ma una minore aderenza a terra in percorrenza di curva. Oltre a ciò, le gomme (all’epoca fornite da Bridgestone e da Michelin) devono durare non solo per tutta la durata della gara, ma anche delle qualifiche, il cui format fu inizialmente rivisto per un maggior spettacolo tornando poi al classico “giro secco” del sabato pomeriggio. RENAULT R25: PRECISA, STABILE E VELOCE Rispetto a quanto visto con la R24, la nuova Renault R25 si adattò al cambio regolamentare proponendo un telaio dalle pance laterali più piccole nella loro zona di uscita: una modifica che garantiva un netto miglioramento del raffreddamento del potentissimo V10 francese da 3 Litri, capace di erogare fino a 910 cavalli. Questo output prestazionale fu reso possibile anche dall’introduzione della nuova centralina elettronica Magneti Marelli Step 11, che permise un netto risparmio di peso per quanto riguarda la struttura formata dallo chassis e dal propulsore. Tutti nuovi erano anche i terminali di scarico, così come l’alettone anteriore più snello e filante, che rese necessaria anche un’impostazione differente delle sospensioni sempre all’avantreno con i loro triangoli ancora più rialzati da terra. Quelle posteriori, invece, vennero rinforzate al fine di garantire il giusto assorbimento delle sconnessioni della pista alle alte velocità. Con questi presupposti la R25 viene presentata alla stampa il 1° febbraio del 2005 nella splendida cornice di Montecarlo, ovviamente dopo aver svolto ben due sessioni di test prima a Jerez de la Frontera (10-15 gennaio) e poi sul circuito di Valencia (18 gennaio). I feedback dei due piloti titolari, il confermato Fernando Alonso e la new-entry Giancarlo Fisichella (al posto del connazionale Jarno Trulli passato alla Toyota), sono confortanti: la nuova Renault è più stabile e precisa in inserimento, con meno sottosterzo di quello sofferto dalla R24 che rese la vita difficile nella stagione precedente. RENAULT R25: LA REGINA CHE SPODESTÒ MARANELLO L’inizio del Campionato di Formula 1 2005 conferma quanto visto nei test pre-season: il primo Gran Premio in Australia vede poleman e vincitore il nostro Giancarlo Fisichella, che però poi dovrà lasciare strada a un Fernando Alonso davvero inarrestabile che centrerà per ben sette volte il gradino più alto del podio. I suoi sfidanti sono Michael Schumacher, al volante di una F2005 non particolarmente brillante come la precedente F2004, e Kimi Raikkonen: il finlandese guida la McLaren-Mercedes MP4-20, che tuttavia dovrà fare i conti per tutta la stagione con un consumo gomma superiore rispetto a quello della R25 pur a parità di pneumatici (Michelin). Iceman, tuttavia, è un pilota che non molla mai, nemmeno dopo il cedimento della sospensione anteriore destra all’ultimo giro del GP d’Europa, nel quale consegnò la vittoria sul piatto d’argento al suo rivale. In Canada, infatti, si riscatta nei confronti di un Alonso che, invece, va a muro, sognando un Mondiale che sembrava sempre più vicino anche grazie al tris di vittorie ottenute in Ungheria, in Turchia e in Belgio. Alla fine, però, sarà il pilota di Oviedo ad avere la meglio, mettendo in cassaforte il suo primo Mondiale grazie al terzo posto conquistato in quel di Interlagos. Fernando, tuttavia, non si accontenta e centra anche il Costruttori con l’ultima vittoria della stagione in Cina: è la prima volta dall’esordio in F1 che la Renault sale sul tetto del mondo della massima serie automobilistica. La Ferrari, dopo cinque anni di dominio con Michael Schumacher, è finalmente battuta. RENAULT R25: OLTRE IL LIMITE SUL CIRCUITO DI SILVERSTONE “Credo che non solo ai tifosi, ma a tutti nel paddock, manchi il sound dei V10. Ci manca la Formula 1 di cui ci siamo innamorati quando eravamo bambini e guardavamo la televisione. Guardare la R25 in azione su questo circuito credo sia stato davvero speciale per tutti: da pilota posso dire che è molto veloce, siamo sugli stessi tempi delle vetture attuali in condizioni gara. Al volante senti tutto ed è molto leggera: è stata una sensazione incredibile, sto ancora sorridendo”. Queste sono le parole di Fernando Alonso dopo aver portato in pista la “sua” R25 in quel di Abu Dhabi: lui è sceso con il sorriso, ma anche noi ci siamo divertiti a portarla al limite sul circuito di Silverstone con il simulatore Assetto Corsa! L’auto in questione è curata dal VRC Modding Team che, come al solito, propone vetture di altissima qualità sia in termini estetici che a livello di sensazioni alla guida. Il carico aerodinamico si percepisce tutto e in percorrenza sta incollata a terra: non siamo al livello della mitica F2004 della Kunos, ma in ogni caso il divertimento è assicurato. L’unico appunto che vogliamo sottolineare è quello di stare attenti in ingresso curva: la R25 tende ad essere molto nervosa ai primi input sul volante, per poi accennare un leggero sottosterzo nella fase subito successiva. Se non si è veramente precisi a staccare nel punto corretto e alla giusta velocità, è facile che possiate finire “lunghi”. Volete capire come guidarla da veri professionisti? Ecco qua sotto il nostro video hotlap: con questo vi auguriamo un Buon Natale e un Felice 2021… a tutto gas!
  9. Tra le tante vetture che ho provato nel simracing, credo di non aver mai trovato qualcosa di simile alla nuovissima Formula 1990 V12 firmata Race Sim Studio. Essendo nato negli anni '90 e, ovviamente, essendo un appassionato di motori e F1, le mie monoposto “dell'infanzia” sono state essenzialmente tre: la Ferrari F399 di Michael Schumacher, la Williams-Renault FW14 di Nigel Mansell... e un'altra Rossa, quella di inizio decennio con quel rombante dodici cilindri che al solo passaggio sul rettilineo ti fa venire il cuore in gola. Non saprei dire quale modello in particolare, ma posso confermare che la RSS Formula 90 realizzata dai ragazzi di Race Sim Studio ha fatto centro nel mio cuore: gomme slick dal grip eccezionale, un handling neutro che richiede una guida il più possibile fluida... e sempre quel V12 che, per primo, mi ha fatto innamorare della massima serie automobilistica. Se siete curiosi di scoprire quali sono state le mie impressioni alla guida di questa bellezza... continuate a leggere! RSS FORMULA 1990 V12: UN'ALTRA OPERA D'ARTE A QUATTRO RUOTE Iniziamo dall'aspetto estetico: come successo per la RSS Formula 2000 V10, realizzata a somiglianza della F1-2000 di Schumacher, anche la Formula 90 V12 è stata costruita ad ispirazione di una Rossa di Maranello, nello specifico la Ferrari 641/2 portata in pista nella stagione 1990 da Alain Prost e da Nigel Mansell. Una monoposto che seppe conquistare cinque vittorie grazie al pilota francese e un altro successo, quello dell'Estoril, per mano del Leone d'Inghilterra, e che finì dietro nel Mondiale solamente alla McLaren-Honda MP4/5B di Ayrton Senna, a testimonianza che il progetto realizzato dal trio John Barnard – Enrique Scalabroni – Steve Nichols sapeva offrire un'ottima competitività sia nelle piste veloci che in quelle dove contava il carico aerodinamico. Evoluzione della mitica “papera” di Nigel Mansell, la precedente 640 del 1989, la Ferrari 641/2 è anche l'unica vettura da competizione tuttora ospitata nel Museum of Modern Art di New York, il che ci fa capire a che tipo di auto siamo di fronte – anche se in versione virtuale – con la nostra Formula 90 V12. Come tradizione RSS, anche questa “single-seater” è stata curata nei minimi dettagli, sia nell'abitacolo che negli esterni, senza tralasciare praticamente nulla: uno sguardo alle foto a corredo di questo articolo vi darà un'idea del livello di qualità che è in grado di offrire. RSS FORMULA 1990 V12: PIU' VELOCITA', PIU' ADERENZA Passando alla prova in pista, realizzata sull'Autodromo Enzo e Dino Ferrari di Imola, posso affermare che la Formula 90 V12... mi ha sorpreso. E non poco. Dopo il comportamento estremo della V10 e dopo il grip senza limiti della Hybrid 2020, saltare nell'abitacolo di questa monoposto mi ha donato una sensazione al volante che credevo ormai scomparsa. Fin nel giro di lancio la fiducia è già ai massimi livelli: anche se con il setup di base, il grip offerto all'anteriore mi fa capire che la vettura andrà esattamente dove voglio che vada, senza alcun fastidioso sottosterzo che, in altre auto, ha rovinato l'emozione iniziale di mettersi al volante di una monoposto di Formula 1. La prima staccata al Tamburello la affronto con un po' di timore reverenziale, ma bastano pochissimi giri per realizzare che, in effetti, posso spingere senza alcuna paura: la velocità di punta (ripeto, sempre a setup di base) non è così elevata, mentre la potenza dell'impianto frenante è davvero al top, sebbene stiamo parlando di una vettura di inizio anni '90. Staccare al cartello dei 100 metri? No, posso spingermi oltre. Sempre di più. Lo stesso accade nel portare velocità in curva: la Ferrari 641, e quindi anche la Formula 90 V12 protagonista di questa prova, sfruttava alla grande l'effetto suolo, che implicava un'aderenza maggiore al suolo all'aumentare della top speed, quindi anche al simulatore dare quel qualcosina “di più” durante la percorrenza non fa altro che veder abbassarsi sempre di più il tempo sul giro. Una goduria per un pilota che ama vedere crono sempre più competitivi... anche se l'errore, purtroppo, può essere dietro l'angolo che aspetta il nostro minimo passo falso. RSS FORMULA 1990 V12: L'ESAGERAZIONE NON E' DI CASA... Di cosa sto parlando? Bè, innanzitutto del fatto che le gomme GoodYear (anzi, GoodTimes...), per quanto slick, non amano troppo sfrecciare sopra i cordoli con il gas puntato. Se si prova a fare così all'uscita del Tamburello oppure all'entrata della Piratella, preparatevi a fare gli straordinari con lo sterzo per tener dritta la vettura. L'altro punto è relativo all'erogazione del motore: il V12 è spettacolare, ma quando si tratta di spalancare in uscita dalle curve lente (come la Tosa) la sua esuberanza e potenza agli alti regimi richiede una certa sensibilità per evitare di finire in sovrasterzo contro le barriere di protezione. Per quanto riguarda la frenata, invece, il setup di base mette in luce qualche problemino quando si esagera ad andare un po' troppo “in là” in staccata: se si affonda il pedale oltre un certo limite e per troppo tempo, la ripartizione di frenata non eccessivamente carica all'anteriore porterà a perdere aderenza al retrotreno, che si scaricherà al punto da far andare la vettura in testacoda. Per sfruttarla come si deve, la Formula 90 va guidata con traiettorie non troppo tonde ma, al contrario, ben calibrate per impiegare al meglio il pacchetto a nostra disposizione. I nostri consigli? Frenate forte in staccata ma andate subito in “trail braking”, stando poi attenti ad evitare i cordoli in accelerazione e nel dare gas troppo presto in uscita di curva: qui è meglio puntare l'acceleratore ed aspettare di essere a ruote dritte, altrimenti le sbandate di potenza sono assicurate. RSS FORMULA 1990 V12: QUELLE GOMME DA QUALIFICA... Con questi presupposti, posso dirvi che a Imola, con la 90, mi sono divertito veramente tanto. Avete presente quella sensazione in cui tutto è allineato e che andate sempre più forte ogni giro che passa? Ecco, la V12 firmata Race Sim Studio è in grado di regalarvi queste emozioni, amplificate all'ennesima potenza quando andrete ad utilizzare le specifiche gomme da qualifica selezionabili nel menu di Assetto Corsa. Giro di riscaldamento e due, massimo tre tentativi: poi la prestazione decadrà inesorabilmente. Concentrazione al massimo e cuore che scalpita a ogni passaggio sul traguardo: questa è la Formula 1 che vogliamo!
  10. Un fulmine a ciel sereno con tanto di sorpasso a suon di miliardi di dollari: a quanto pare l'acquisizione dello scorso novembre da parte di Take-Two Interactive non era andata particolarmente a genio ai piani alti di Codemasters, che di conseguenza si sono offerti nuovamente sul mercato a un offerente... ben più sostanzioso. Stiamo parlando del colosso Electronic Arts, che con un'operazione "al rialzo" ha offerto ai "Codies" un'acquisizione da ben 1,2 miliardi di dollari, ben superiori ai 980 milioni messi sul piatto dall'altra software house che, negli ultimi, è diventata famosa per la celebre serie Grand Theft Auto. Con una valutazione prossima ai 7,98 dollari per azione, il consiglio di amministrazione della Codemasters ha quindi ritirato il contratto di cessione nei confronti della casa presente nel gruppo Rockstar Games, aprendo le porte alla proposta firmata EA. La firma ufficiale è attesa per il primo trimestre del 2021 e, a quanto pare, ora le parti coinvolte sembrano molto più soddisfatte le une con le altre: "Siamo certi che questa unione porterà un futuro prospero ed entusiasmante per Codemasters - ha dichiarato Gehard Florin, Presidente di Codemasters - Questa consentirà ai nostri team di creare e presentare sul mercato giochi sempre più grandi e indirizzati a una community di utenti incredibilmente appassionati. Siamo pronti per una nuova era dell'intrattenimento digitale!".
  11. Nella quarta sessione della Simracing Academy targata DrivingItalia, abbiamo avuto come ospite Francesco Bracciotti, ingegnere di pista professionista (in pista reale naturalmente!) specializzato in telemetria ed analisi dati, che ci ha svelato i segreti dell'utilizzo del programma AIM Race Studio per l'analisi dati telemetria anche con il simulatore, per migliorare le performance e capire i propri errori; non mancano preziosi consigli e le risposte alle domande degli allievi. Ecco il suo intervento integrale, troppo interessante e prezioso per essere ridotto ad un semplice riassunto.
  12. Aspiranti Campioni di simracing, eccoci di nuovo alla prossima lezione della nostra Simracing Academy, nella quale vi stiamo spiegando, passo dopo passo, le nozioni fondamentali per diventare degli ottimi piloti nel mondo della guida virtuale. Dopo le ultime puntate in cui vi abbiamo descritto la dinamica del veicolo, traiettorie, tecniche di frenata e utilizzo del cambio, oggi è arrivato il momento di mettere tutto insieme e di focalizzarci su uno dei sensi più importanti per un pilota, sia virtuale che reale. Quale? Continuate a leggere! LA MACCHINA VA DOVE SI DIRIGE LO SGUARDO Da questo titolo magari avete già capito: uno dei sensi più importanti per un pilota è la vista, perché con essa è possibile direzionare la vettura esattamente nel punto prescelto. Ciò è dato dal famoso detto secondo il quale “la macchina va dove si dirige lo sguardo”, che sembra semplice… ma in realtà non lo è affatto. Quando si guida in circuito (virtuale oppure reale) uno dei primi consigli dati da un istruttore è quello di guardare molto più “in là” rispetto alla posizione della nostra automobile… esattamente l’opposto di quello che si fa quando guidiamo normalmente su strada e nel traffico. In queste circostanze, infatti, il nostro sguardo dovrà essere molto più concentrato sul pezzo di asfalto davanti a noi: un comportamento che, se replicato in pista, ci porterà facilmente nei guai. IL CONCETTO “LOOKING FORWARD” Il motivo è presto detto: se in un track day guardiamo esclusivamente la strada davanti a noi, la sensazione di velocità che proveremo sarà tale che non riusciremo a reagire in tempo ai vari stimoli provenienti dall’ambiente esterno, i quali ci arriveranno letteralmente “addosso”. Di conseguenza, la prima regola per una guida efficace in pista è quella di applicare il concetto “looking forward”, che tradotto dall’inglese significa “guardare in avanti”. Più ci impegneremo nel fare questo più l’ambiente circostante “rallenterà” la sua velocità, a causa del fatto che noi saremo più pronti a quello sta succedendo in quel momento. Il nostro cervello avrà più tempo per processare le varie informazioni, in particolare quello di selezionare dei punti di riferimento utili, per esempio, a staccare in prima curva oppure ad accelerare fuori da un tornante lento. Un’altra conseguenza del concetto “looking forward” è quella che noi, come piloti, saremo portati ad effettuare meno correzioni sullo sterzo durante la guida, che quindi risulterà molto più fluida. In un simulatore la tecnica del “guardare in avanti”, tra l’altro, è estremamente importante, perché la nostra postazione non è in movimento e non ci può dare le reali sensazioni della vettura che stiamo guidando: di conseguenza, la vista risulta ancora una volta uno dei sensi più importanti per un simdriver. COME FARE A “GUARDARE IN AVANTI”? Ma quali sono le azioni da effettuare per mettere in pratica il concetto che vi abbiamo spiegato? Quando si guida in pista sul simulatore (ma anche nella realtà), è di fondamentale importanza puntare i propri occhi sempre su quello che va oltre la sagoma della nostra vettura: in questo caso, lo sguardo dovrà rivolgersi costantemente verso l’apex della curva successiva che andremo ad affrontare, in modo da direzionare l’auto proprio in quel punto. Una volta impostata la traiettoria ottimale e toccato l’apice, lo sguardo andrà a rivolgersi verso l’obiettivo successivo, cioè la curva successiva a quella che abbiamo appena affrontato… e così via. Mettendo in pratica questo procedimento avremo un maggior controllo di quello che sta succedendo attorno a noi, che potremo (in parte) controllare anche attraverso la nostra vista periferica, e potremo prendere dei riferimenti importanti che ci aiuteranno nelle varie fasi di staccata ed accelerazione: cartelli di avvicinamento alla curva, alberi, guard-rail… tutto, ma veramente tutto, può risultare utile a un pilota! GUIDA NEL TRAFFICO: COME (NON) COPIARE GLI ERRORI DEGLI ALTRI Quanto detto finora l’abbiamo applicato esclusivamente in una condizione di guida in pista senza avversari… ma cosa succederebbe se ci trovassimo al secondo posto in bagarre per la vittoria e fosse l’ultimo giro della corsa? Uno degli errori più comuni per un pilota virtuale, ereditato dalle abitudini che mettiamo in pratica quotidianamente su strada, è quello di concentrarsi su ciò che sta facendo il proprio rivale. Niente di più sbagliato! Se andiamo a focalizzare lo sguardo sul paraurti della macchina di fronte noi andremo a copiare esattamente le sue mosse, quindi se lui sbaglia a staccare in prima curva… sbaglieremo anche noi. Quando ci troviamo in una situazione del genere, dovremo sforzarci nel continuare a focalizzarci su noi stessi, sulla nostra guida e sui nostri punti di riferimento, senza cadere “in tentazione” nell’osservare cosa sta facendo il nostro avversario. Lo stesso discorso vale quando noi siamo in testa e c’è qualcuno dietro di noi che “bussa alla porta”: l’errore comune è quello di continuare a guardare negli specchietti e sperare in un errore altrui che ci permetta di tirare il fiato. Facendo così non solo distoglieremo l’attenzione dalla nostra corsa, ma rischieremo anche di tenere delle traiettorie sbagliate, oppure di mancare completamente i punti di riferimento per staccare bene in una curva. Tradotto? Saremo più lenti e il nostro rivale ci passerà. Se siamo noi, invece, i più veloci e ci concentreremo sulla nostra corsa, prima o poi lui si stancherà oppure, nel caso precedente, riusciremo a passarlo transitando per primi sotto la bandiera a scacchi. MONITOR E FOV: COME IMPOSTARLI CORRETTAMENTE Dal momento che quello che vediamo a schermo rappresenta l’unico collegamento possibile tra noi, piloti, e la vettura che stiamo guidando, capite bene quanto lo sguardo sia importante per risultare vincenti nel simracing. Non solo saremo chiamati a visualizzare mentalmente ciò che sta vicino a noi, perché potremo affidarci solo in parte alla nostra vista periferica, ma dovremo anche anticipare visivamente eventuali problemi di guida della nostra auto, come i fenomeni di sottosterzo e sovrasterzo che, nel mondo reale, sarebbero percepiti attraverso gli altri sensi umani. In questo contesto, inoltre, entrano in gioco anche due fattori importanti che richiamano le impostazioni utilizzate per il nostro monitor: da una parte il suo posizionamento rispetto alla nostra postazione di guida, dall’altra il famoso “Field of View” che ci darà la visuale corretta sulla pista di fronte a noi. I nostri consigli? Fissate il monitor in un posto che non sia troppo alto oppure troppo distante da voi e con una luminosità tale da non causare affaticamento dopo un certo tempo di guida. Il concetto chiave, in questo caso, è trovare il comfort adeguato alle vostre esigenze. Per quanto riguarda il FOV, vi consigliamo di utilizzare questo importante tool online per trovare il valore più appropriato alle vostre condizioni: settare correttamente il campo visivo, infatti, non solo vi darà l’immagine corretta della visuale dall’abitacolo (poi da settare attraverso l'apposita app su Assetto Corsa), ma vi consentirà anche di massimizzare, nel limite del possibile, l’utilizzo della vostra vista (anche periferica) durante gli allenamenti e le gare, ottenendo di conseguenza anche la giusta sensazione di velocità a seconda della vettura che andrete a utilizzare. Un alleato in più, quindi, per diventare dei piloti migliori!
  13. La BMW è stata fortemente coinvolta nel mondo degli esport, già da prima della pandemia Covid19. Il tutto è iniziato con una partnership con alcuni dei migliori giocatori di League of Legends. Quindi, all'inizio di quest'anno, quando la pandemia ha annullato gli eventi di motorsport in tutto il mondo, BMW ha iniziato a promuovere le corse simulate come un modo per tenerci occupati mentre veniva trovata una soluzione all'epidemia di Coronavirus. Ora che si inizia ad intravedere la luce in fondo al tunnel, sembra però che la BMW non abbia intenzione di smettere con il simracing. I piani di BMW sembrano essere piuttosto seri e questa sera, 5 dicembre, assisteremo all'introduzione della divisione BMW Motorsport SIM Racing, come dimostrano il doppio annuncio del nuovo volante Fanatec e della BMW M4 in iRacing. Per mostrare esattamente quali sono i loro piani, il team di Monaco hanno messo insieme una breve clip, spiegando cos'è il sim racing e come si inserisce nel mondo BMW Motorsport. Secondo i bavaresi, BMW Motorsport ha aggiunto il sim racing al suo programma di corse come pilastro autonomo nel 2020 e ha contribuito a elevare il settore a un livello ancora più professionale. “Il sim racing sta diventando sempre più professionale e si sta affermando come disciplina di corsa autonoma. Offre anche un modo nuovo e conveniente per partecipare alle corse e raggiungere nuovi gruppi target. Stiamo usando la libertà in questo ambiente dinamico per un trasferimento tecnologico intensivo e stiamo creando molte sinergie tra il digitale e le corse del mondo reale ", ha affermato Rudolf Dittrich, Head of BMW Motorsport SIM Racing. L'evento di questa sera includerà le gare finali della BMW SIM 120 Cup e della BMW SIM M2 CS Racing Cup, il montepremi totale messo insieme da BMW ammonta a oltre 25.000 euro. BMW ha anche grandi progetti per il prossimo anno, con l'obiettivo di creare competizioni di coppe monomarca e portare avanti nuove collaborazioni per il mondo delle corse sim.
  14. Trattando di simracing, da una postazione fissa creata in casa a una professionale la differenza è subito percepibile in termini di fedeltà nella riproduzione simulativa di una vettura... ma quando ci si sposta nel mondo delle postazioni dinamiche? Qui entrano in gioco tanti altri fattori, tra i quali sicuramente la "grandezza" della postazione stessa e il suo funzionamento di base, che possono influenzare l'esperienza di gioco sia per un pilota amatoriale che per uno con tanti anni di esperienza nelle corse virtuali. Molte di queste, inoltre, hanno un'escursione limitata, mentre altre accentuano i movimenti cercando di replicare il più possibile le forze G e i trasferimenti di carico che un pilota vero percepirebbe nel mondo reale. La domanda quindi è: "qual è il livello di movimento ottimale per un'esperienza di simracing realistica?". La risposta ce l'ha data il famoso YouTuber GamerMuscleVideos nel filmato qua sotto: che ne pensate? Condividete il suo punto di vista? Fatecelo sapere nei commenti! Del resto la scelta del "minor movimento", ma di qualità, è quella che abbiamo attuato in tutti i nostri centri di simulazione Driving Simulation Center, dotati di simulatori dinamici tarati appunto in funzione del massimo realismo possibile, con una particolare attenzione alle sensazioni del pilota, non certo allo "show". La metodologia attuata per il progetto DSC, infatti, è quella di lavorare sulla sensazione/percezione della realtà, avvalendosi di competenze, esperienze e conoscenze tecniche, scientifiche, mediche, psicofisiche e, in particolare, sfruttando i limiti sensoriali del corpo umano. Il risultato è un simulatore che riproduce con eccezionale fedeltà non solo il comportamento di ogni genere di vettura, ma anche le caratteristiche di ogni circuito. Il pilota è appagato dall’esperienza della guida, perchè, appunto, sono le sue sensazioni e percezioni ad aver lavorato nel modo corretto. Qui di seguito alcuni filmati che mostrano i simulatori in azione. Vi ricordiamo che potete trovare i Driving Simulation Center a Firenze, Lanciano, Novara, Sciacca e Torino.
  15. Uno dei grandi vantaggi del simracing sul motorsport tradizionale non è solo il suo essere più semplice, meno oneroso e alla portata di tutti, ma anche estremamente più accessibile anche a tutti quei piloti che, sfortunatamente, sono affetti da disabilità. Nella guida simulata, infatti, si tratta esclusivamente di mettersi davanti a una postazione con un PC o una consolle accanto e questo, quindi, non prevede tutta quella serie di norme che solitamente contraddistinguono il racing nel mondo reale. Un dato di fatto ben conosciuto da Nathalie McGloin, Presidente della Commissione Disabilità e Accessibilità della FIA, che recentemente ha voluto creare dei post su Twitter e Instagram al fine di radunare tutti i piloti affetti da disabilità, in modo che condividano la loro voce e si facciano sentire ai "piani alti" della Federazione Internazionale. Perchè anche loro, come tutti gli altri, "ci sono". "Gli Esports sono più facili per le persone disabili perchè non tengono conto dei problemi che sorgono qualora bisogna uscire in fretta da una vettura reale in caso di emergenza - ha commentato la McGloin - Chi è affetto da queste patologie non deve essere escluso dal mondo del simracing: stiamo cercando di incoraggiare questi piloti al fine di dar loro visibilità, nella speranza che siano fonte di ispirazione per altre persone". "Il post che ho pubblicato sui social è la chiamata per i piloti disabili di entrare in contatto con me - ha continuato la McGloin - L'ho condiviso con l'account della FIA Disability and Accessibility Commission e, ad essere onesti, ho ottenuto una risposta molto forte da parte di tutti coloro che praticano simracing con disabilità. La mia speranza è quella di alzare ancora di più l'asticella e di introdurre almeno un pilota disabile ai prossimi Motorsport Games". Due esempi importanti di piloti affetti da disabilità che hanno avuto successo nel simracing sono Billy Monger e Robert Wickens: il primo è stato protagonista di un bruttissimo incidente nel 2017 a causa del quale ha perso entrambe le gambe, ma che non l'ha fermato di continuare la propria preparazione con la guida virtuale al punto da battere professionisti del calibro di Oliver Rowland e Callum Ilott nel BRDC Esport Championship di quest'anno. Il secondo, invece, ha partecipato alla IndyCar iRacing Challenge, raggiungendo un ottimo quinto posto tra altri piloti americani in attività.
  16. Il Mondiale di Formula 1 2020 è ormai giunto alle battute finali: con i Titoli Piloti e Costruttori assegnati rispettivamente a Lewis Hamilton e alla Mercedes, il Circus iridato è pronto a sbarcare in Bahrain, dove questo fine settimana prenderà vita il tradizionale Gran Premio locale seguito il prossimo weekend da una “seconda tappa” in successione come accaduto quest’estate, per esempio, con le gare a Silverstone. BAHRAIN INTERNATIONAL CIRCUIT: IN MEZZO A DUNE E SABBIA Come per il circuito di Istanbul, anche quello del Bahrain è stato progettato dal famoso architetto tedesco Hermann Tilke, in questo caso per rispondere alla volontà del principe Salman bin Hamad Al Khalifa di portare la F1 in questa parte del mondo. La sua costruzione è costata circa 150 milioni di dollari ed è stata ultimata giusto in tempo per il Gran Premio inaugurale della stagione 2004. Posizionato al centro del deserto, questo tracciato soffre molto spesso dell’entrata in pista della sappia soffiata dal vento, il che compromette la gommatura del tarmac soprattutto durante le prime prove libere del venerdì. Per ovviare a questo problema gli organizzatori utilizzano uno speciale spray adesivo, con il quale si riesce a preservare l’asfalto per far girare in sicurezza le monoposto. Come in altri progetti di Tilke, anche il Bahrain International Circuit (conosciuto con il nome di circuito “Sakhir” per la località in cui è stato posizionato nella capitale Manama) dispone di più layout destinati a categorie diverse dalla Formula 1: oltre alla configurazione GP, infatti, è disponibile quella da Endurance (6.299 metri per 24 curve) e quella chiamata “Outer Circuit”, più breve e veloce come la “Paddock Circuit” e la “Oasis/Inner Circuit”. BAHRAIN GRAND PRIX: LA STORIA DELLE EDIZIONI DAL 2004 Il Gran Premio del Bahrain è entrato ufficialmente nel calendario iridato dalla stagione 2004 e ha proseguito la sua attività fino al 2010. Nel 2011, invece, non è stato disputato, mentre dal 2012 vi si corre regolarmente come una delle prime gare della stagione (Campionato 2020 a parte). Nella prima edizione è stato Michael Schumacher a conquistare il gradino più alto del podio, mentre nelle due successive lo scettro è passato nelle mani di Fernando Alonso, su un circuito leggermente rinnovato con una curva 4 più larga. Con lo spostamento del GP d’Australia nel 2006, il circuito Manama in Bahrain è diventato gara inaugurale e nel 2007 è stato il primo tracciato a essere nominato dalla FIA Institute Centre of Excellence grazie agli elevati standard di sicurezza e alla capacità del personale addetto all’organizzazione. Nel 2009, invece, la direzione dell’autodromo ha iniziato la collaborazione con la società @bahrain per sviluppare l’area intorno alla pista, contraddistinta da strutture per gli affari, per l’intrattenimento e per l’educazione. Nell’edizione 2010, al fine di celebrare i 60 anni della Formula 1, la FIA ha deciso di utilizzare il layout Endurance, più lungo e articolato. Quella dell’anno successivo, invece, è stata prima posticipata e poi definitivamente annullata a causa di alcune proteste anti-governative: il Gran Premio del Bahrain, quindi, è tornato in calendario nel 2012 (dal 2014 in notturna) e ha proseguito la sua corsa fino ai giorni nostri, con una doppia edizione 2020 che vedrà sia la gara “tradizionale” che quella sul layout “Outer Circuit” da 3.543 metri e 11 curve, in programma il prossimo fine settimana del 4-6 dicembre come Gran Premio del Sahkir. BAHRAIN INTERNATIONAL CIRCUIT: ANALISI DELLA PISTA Il circuito Manama del Bahrain nel layout Grand Prix misura 5412 metri ed è una pista che alterna tratti veloci a settori molto più lenti: sul rettilineo principale le monoposto moderne possono sfruttare il DRS per toccare punte di velocità prossime ai 330 km/h prima di affrontare curva 1, una svolta a destra a bassa percorrenza che poi prosegue in leggera salita. Si tratta di un punto complesso da affrontare, alla pari di quello che poi prosegue in direzione di curva 4 contraddistinto dall’essere in pendenza negativa. Gli altri punti che metteranno alla prova i piloti di F1 sono quelli di curva 9 e 10, sempre luogo di frequenti bloccaggi in staccata, quello di curva 13, che termina dopo un altro tratto in salita, e l’ultimo settore in cui sono presenti curva 14 e 15, da affrontare con precisione prima di lanciarsi verso il rettilineo principale. Per quanto riguarda il setup, le monoposto dovranno sfruttare un assetto da medio-alto carico aerodinamico che dovrà tenere conto di diversi aspetti: innanzitutto la necessità di spingere al massimo l’efficienza dei flussi in rettilineo per raggiungere delle top speed elevate, associata alla problematica dell’evidente consumo delle gomme nei punti di trazione, dove queste sono maggiormente sollecitate. Anche le numerose frenate condizioneranno la situazione, così come l’efficienza della power unit in termini di temperature e consumo di carburante a causa delle caratteristiche ambientali della pista. In termini di gomme, la Pirelli porterà le mescole P Zero White hard C2, P Zero Yellow medium C3 e P Zero Red soft C4, che dovranno fare i conti con un asfalto parecchio abrasivo e dall’elevato degrado termico. Tra avantreno e retrotreno saranno le coperture posteriori le più sollecitate, quindi difficilmente vedremo una gara con un solo pit-stop. BAHRAIN GRAND PRIX: LA HALL OF FAME Dall’edizione 2004 il Gran Premio del Bahrain ha incoronato vincitori diversi piloti, tra i quali un certo Sebastian Vettel capace di mettere in cassaforte ben quattro vittorie nelle due stagioni 2012-2013 con la Red Bull e in quelle più recenti del 2017-2018 con la Ferrari. Lo seguono Fernando Alonso e Lewis Hamilton con tre successi ciascuno, capaci di mettersi dietro Felipe Massa e anche Michael Schumacher, in vetta solamente nell’edizione inaugurale del 2004. Sempre Vettel detiene il maggior numero di pole position (3), mentre in fatto di giri veloci è il connazionale Nico Rosberg a guardare tutti dall’alto al basso con tre “fastest lap” all’attivo. Lewis Hamilton, invece, è il pilota che ha raggiunto più volte il podio (otto alla pari di Kimi Raikkonen) e quello con più punti in assoluto (165 contro i 148 di Sebastian Vettel). Per quanto riguarda i Costruttori, la lotta è tutta tra Ferrari e Mercedes: la squadra del Cavallino spicca per numero di vittorie (sei), giri veloci (cinque) e podi (14), mentre il reparto corse della Casa tedesca domina la scena per le pole position (cinque) e per i punti conquistati nelle diverse edizioni dal 2004 ad oggi. Ora, invece, è il momento del nostro hotlap con F1 2020: ecco qua tutti i consigli forniti direttamente da Codemasters!
  17. Recentemente i ragazzi di ASR Formula ci hanno stupito: nel giro di pochi giorni, infatti, hanno rilasciato diversi aggiornamenti per alcune delle loro monoposto più riuscite… e non stiamo parlando delle mitiche OWC del 1991. Ci stiamo riferendo, infatti, alle Formula 2 del 2017, così come alle GP3 Series del 2015, alle splendide Dallara RSR F3 sempre del 2017 e alla nuovissima ASR-H, vettura “fantasy” che abbiamo recensito poco tempo fa su Assetto Corsa. Di fronte a tanto ben di Dio, abbiamo pensato: “Perchè non fare una comparativa e vedere qual è la più divertente da guidare?”. Detto, fatto: nella bellissima location dell’Autodromo Enzo e Dino Ferrari di Imola, abbiamo fatto qualche giro con ognuna di loro, identificando ogni loro pregio e, soprattutto, i loro (pochi) difetti. Volete scoprire com’è andata a finire? Continuate a leggere! DALLARA RSR F3 2017: STABILISSIMA E INCOLLATA AL SUOLO Per questo speciale test abbiamo iniziato dalla Dallara RSR F3 2017, la meno potente ma anche la più agile ed equilibrata. Con l’imprinting della versione di Assetto Corsa, questa monoposto è ottima per imparare a guidare in maniera pulita e scorrevole, una dote che abbiamo ritrovato anche sulla vecchia versione per rFactor 2 che, tuttavia, peccava per avere un po’ troppo grip meccanico, il quale le faceva staccare tempi decisamente poco realistici rispetto alla sua gemella sul simulatore Kunos. Un problema che nell’ultima versione firmata ASR Formula è stato finalmente risolto, lasciando il posto a una vettura davvero piacevole da guidare anche per chi è alle prime armi. Dopo aver scaldato le gomme, la F3 2017 conferma la sua tendenza ad essere stabilissima in ogni condizione, sia in ingresso curva che in uscita, dove la perdita del posteriore si verifica solo se cominciamo ad accelerare con violenza molto prima rispetto al punto prestabilito. L’overdrive, in ogni caso, è ben tollerato su questa monoposto, tranne quando si esagera a staccare tardi per recuperare quel decimo prezioso in inserimento: rispetto a vetture più potenti, la parola chiave per essere competitivi con la F3 2017 è “scorrevolezza”, che presuppone una precisione di guida assoluta in ogni parte del circuito. Se si va lunghi in staccata, si pagano quindi le conseguenze di un’entrata in curva poco efficace, che sortirà l’effetto opposto di ciò che ci eravamo prefissati. Attenzione anche ai freni: nonostante il 100% della potenza frenante, con questa Dallara bisogna premere sempre con decisione il pedale, a meno che non vogliate andare per margherite… GP3 SERIES 2015: PRECISA… MA DELICATA Ve lo diciamo subito: dalla F3 2017 alle GP3 Series il passo è notevole, sia in termini di potenza massima, perché si passa rispettivamente da 240 a quasi 400 cavalli, che a livello di telaio. La ex serie cadetta della Formula 1, oggi sostituita dalle Formula 3 moderne, propone un pacchetto davvero niente male, che ci ha fatto innamorare per l’assoluta precisione con la quale questa baby-monoposto è in grado di entrare in curva. Avete presente il detto “l’auto si dirige dove punta lo sguardo”? Ecco, niente di più vero con le GP3 Series 2015 di ASR Formula: con il giusto setting del force feedback, guidare questa vettura ad Imola è una gioia per i sensi, perché ad ogni input del pilota lei risponde in maniera sincera e pulita, senza patire alcun fenomeno di sottosterzo o sovrasterzo. Almeno in inserimento… Sì, perché come ogni cosa nella vita, anche le GP3 Series hanno il loro lato negativo, vale a dire un accentuato “snap-oversteer” quando si punta il gas in uscita dalle curve lente o dai tornantini, con tendenza al testacoda immediato praticamente assicurata. Su 10 volte che abbiamo affrontato la Tosa, sette di queste la nostra vettura ha perso aderenza, costringendoci a restare concentrati a dosare millimetricamente il pedale dell’acceleratore. Che sia per i 400 cavalli che scalpitano dietro di noi? Forse… In ogni caso, siamo di fronte a una vettura davvero ben fatta, che però richiede una certa esperienza per essere sfruttata a dovere. Anche per quanto riguarda l’impianto frenante: mentre sulla F3 dovevamo inchiodare come i pazzi per arrivare al 100% della potenza frenante, sulla GP3 è sufficiente la metà dell’impegno per staccare come piloti professionisti al cartello dei 100 metri. Se non oltre… FORMULA 2 CHAMPIONSHIP 2017: DIFFICILE E “COMPLICATA” Con ancora in testa la precisione millimetrica delle GP3 Series, scendere in pista con la Formula 2 del 2017 è stato qualcosa di “assurdo”. Perchè? Bè, innanzitutto per il notevole passo in avanti a livello di grip meccanico e aerodinamico, che garantisce a questa monoposto un’aderenza al suolo davvero impressionante. Nelle prime curve di Imola la F2 ci ha permesso di spingere in maniera più consistente rispetto alla GP3, dandoci l’impressione di avere tra le mani la diretta rivale dell’altrettanto valida RSS2 V8 2017 prodotta da Race Sim Studio per Assetto Corsa. I problemi, tuttavia, sono arrivati alla Tosa: mentre nelle curve a medio-alta percorrenza il grip con il suolo ti dà fiducia di spingere sempre di più, in quelle a stretto raggio di curvatura l’aderenza viene a mancare improvvisamente, soprattutto in ingresso. Anche senza esagerare nel portare troppa velocità, la F2 2017 di ASR Formula si è rivelata molto “complicata” da inserire, al punto da presentare in più di un’occasione una forte tendenza a perdere tutto il carico aerodinamico posteriore. Ciò significa che se non si presta le dovute attenzioni e si esagera (ma neanche tanto…), la vettura cade in un fastidioso sovrasterzo praticamente impossibile da recuperare. In uscita, invece, il grip che pensavamo fosse perduto viene recuperato e permette di puntare l’acceleratore e dare full gas con una discreta facilità. Ultimo appunto, i freni: la Formula 2 ha ereditato il comportamento dell’impianto della precedente F3, per cui se si vuole entrare come si deve in curva bisogna frenare forte e premere con decisione il pedale. Peccato che il bloccaggio non avviene quasi mai… ASR-H V1.01 2020: UN PASSO AVANTI RISPETTO AD ASSETTO CORSA L’ultima monoposto che abbiamo provato è stata la versione aggiornata della ASR-H 2020: se vi ricordate la nostra recensione della 1.0 su Assetto Corsa, questa vettura ci aveva dato sensazioni positive… fino a un certo punto, per via di alcuni problemi di sovrasterzo in ingresso dovuti allo squilibrio tra i flussi aerodinamici anteriori e posteriori quando si portava troppo velocità in curva, ma anche di mancanza di efficacia dell’impianto frenante con assenza totale di bloccaggi. Due dettagli che, fortunatamente, sono stati risolti con la versione 1.01, che ha confermato la sua natura di monoposto davvero divertente e appagante da guidare: ora la ASR-H 2020 frena bene (una volta calibrata correttamente la pedaliera e impostato, ovviamente, il 100% della potenza frenante), quando si esagera in staccata arriva a bloccare e rimane più stabile in inserimento senza andare in “snap-oversteer”. Migliorare in questo senso ha comportato uno spostamento del grip verso il retrotreno a scapito dell’avantreno, che invece ora tende ad essere meno preciso in ingresso quando si comincia a spingere veramente forte. Un altro problemino che abbiamo individuato con la nuova versione è la saltuaria tendenza di questa monoposto a perdere aderenza in uscita di curva, specialmente quando si dosa in maniera poco precisa il pedale dell’acceleratore. Il comportamento è simile a quello che vi abbiamo descritto per la GP3, ma fortunatamente si verifica in maniera non così accentuata: strano per una vettura da 630 cavalli... IL VERDETTO: QUAL E' LA PiU' DIVERTENTE? Eccoci arrivati alla conclusione: dopo il nostro test, qual è la monoposto che ci ha tenuti incollati allo schermo per un tempo maggiore? Per rispondere a questa domanda procediamo per esclusione: la “peggiore” delle quattro da noi provate è la Formula 2 del 2017. Poco immediata e difficile da “capire”, soprattutto per un neofita. A seguire troviamo la GP3 Series, che a malincuore mettiamo in terza posizione: con tutta quella potenza frenante e quel grip all’avantreno è un delitto farla sorpassare dalla più piccola Dallara F3, ma quel sovrasterzo in uscita, secondo noi, è un po’ eccessivo e può spiazzare chi non è abituato a guidare sentendo con precisione cosa fa il pedale dell’acceleratore. Piazza d’onore, quindi, per la RSR 2017, che si conferma uno splendore da guidare per piloti “in erba” ma anche per tutti i vecchi “volponi” del simracing. And the winner is… eh già, proprio lei, la ASR-H 2020: benchè la perdita di parte del grip all’anteriore non ci abbia entusiasmato, tutto il resto ha accentuato le sensazioni che avevamo avuto con la versione precedente. Una volta presa confidenza con il cambio a sei marce e percorsi un po’ di giri per capire quando (e quanto) si può aprire in uscita di curva, questa monoposto si è dimostrata eccezionale, anche quando si tratta di andare a caccia dell’ultimo decimo sul giro. Vi consigliamo di provarla: non ve ne pentirete!
  18. Appassionati di Formula 1 e sostenitori di Drivingitalia.NET, bentornati nella nostra rubrica dedicata alle auto più belle del mondo dei motori, che abbiamo la fortuna di poter guidare anche grazie alle nostre postazioni di simracing. Dopo le splendide MP4/13 di Hakkinen e Ferrari F1-2000 di Schumacher, oggi vi proponiamo un’altra monoposto iconica, non tanto per le vittorie che ha messo in cassaforte… ma soprattutto per la sua aerodinamica innovativa, che tuttavia non ha poi portato i risultati sperati. Stiamo parlando della Williams-BMW FW26, quella con il muso “a tricheco”, guidata durante la stagione 2004 di Formula 1 da Juan Pablo Montoya e da Ralf Schumacher. WILLIAMS-BMW FW26: TUTTO COMINCIO’ NEL 2003... La storia di questa vettura, come tante altre che vi abbiamo raccontato, fonda le sue radici in quella della monoposto della stagione precedente, la FW25: completamente rivoluzionata rispetto al progetto del 2001-2002, la Williams giocò le proprie carte sul trio di ingegneri capitanato dal famoso Patrick Head e affiancato da Gavin Fischer e dalla new entry Antonia Terzi, appena entrata nel team di Grove dopo quattro anni alla Ferrari. Nonostante alcuni problemi di sottosterzo dovuti ai flussi d’aria alle alte velocità e a qualche difficoltà di adattamento con le gomme Michelin a spalla più stretta, la FW25 si dimostrò all’altezza del Campionato, arrivando sul gradino più alto del podio in ben quattro Gran Premi: a Monaco e ad Hockenheim grazie a Montoya, al Nurburgring e a Magny-Cours con Ralf Schumacher. Quell’anno la Williams concluse la stagione al secondo posto dietro la Ferrari, come accaduto anche nel 2002, per cui l’intenzione era quella di dare una svolta alla situazione con un 2004 finalmente in prima linea. Come? Attraverso la progettazione di una nuova monoposto ancora più potente ed efficace, ma soprattutto con un’aerodinamica rivoluzionaria e diversa dalla concorrenza. WILLIAMS-BMW FW26: UN PROGETTO TUTTO “AL FEMMINILE” I lavori iniziarono durante l’inverno del 2004: la squadra chiamata a creare quella che sarebbe stata la FW26 fu la stessa dell’anno precedente, con Patrick Head in testa in qualità di direttore tecnico, Gavin Fischer come capo progettista e Antonia Terzi a cura del settore aerodinamico. L’ingegnere nata a Mirandola, in provincia di Modena, vuole intraprendere una strada diversa dagli altri Costruttori e propone alla Williams il progetto di un anteriore più largo, corto e piatto con due montanti ai lati che vanno a connettersi con l’alettone sottostante. Il risultato? Un musetto da “tricheco”, che valse alla FW26 il nomignolo di “Walrus nose”: lo scopo era quello di convogliare sotto di esso quanta più aria possibile in direzione dell’estrattore posteriore, in modo da accentuare la deportanza dell’intera vettura. In questo senso, anche la sospensione anteriore fu riprogettata, proprio per garantire un maggior livello di carico aerodinamico. Rispetto alla classica chiglia centrale, la FW26 introduceva una “doppia chiglia”, già sperimentata in precedenza dalla Sauber, dalla McLaren e dalla Jordan, con i bracci più avanzati del triangolo inferiore ancorati a sostegni a V rovesciata. In questo modo si veniva a creare una sorta di passaggio sotto la vettura, attraverso il quale i flussi d’aria potevano fluire sotto il muso e, di conseguenza, verso il retrotreno. Anche l’alettone anteriore fu rivisto: la sua estensione in larghezza fu maggiorata, mentre il suo bordo d’attacco fu realizzato con diverse “ondulazioni” curvilinee, che determinavano delle piccole differenze di altezza da terra sempre a vantaggio dell’efficienza aerodinamica della zona anteriore. Completava il pacchetto pensato dalla Terzi alcune innovative appendici aerodinamiche posizionate vicino alla fiancate e in prossimità del fondo della monoposto: una soluzione introdotta già nel 1998 dalla Benetton, ma ulteriormente affinata. WILLIAMS-BMW FW26: NON E’ TUTTO ORO QUELLO CHE LUCCICA Provvista dell’ultima evoluzione del V10 fornito da BMW in collaborazione con Oral Engineering, quel P84 capace di 900 cavalli (se non di più) a 19.000 giri/min, la Williams FW26 sembrava essere l’arma definitiva per fermare il dominio iniziato da Michael Schumacher e dalla Ferrari nel 2000. Il 5 gennaio 2004 la monoposto venne presentata e la particolare forma “a tricheco” del suo muso catalizzò subito l’attenzione dei media e degli addetti ai lavori. La conferma che il lavoro svolto era stato portato a termine nel modo corretto arrivò nei primi test pre-stagionali: la FW26 si dimostrò veloce e affidabile e Juan Pablo Montoya venne identificato come il possibile contendente al titolo del Barone Rosso di Kerpen. I problemi, tuttavia, dovevano ancora arrivare. Nei primi Gran Premi della stagione i tecnici della Williams scoprirono subito che, in condizioni di gara, la loro vettura non era più così efficace come aveva mostrato nelle prove, permettendo a Montoya e a Ralf Schumacher di raggiungere risultati sì positivi… ma non eccezionali. Il colombiano arrivò secondo in Malesia e terzo a Imola, mentre il tedesco non andò mai oltre il quarto posto dell’esordio in Australia, nonostante il “raggio di sole” rappresentato dalla pole position sul circuito di Montreal. La FW26 era difficile da mettere a punto e complicata nello sfruttare correttamente i flussi d’aria che venivano incanalati dal muso verso il retrotreno, segno che il lavoro aerodinamico svolto durante l’inverno non aveva tenuto conto delle reali condizioni di utilizzo della vettura durante un weekend di gara. WILLIAMS-BMW FW26: RITORNO ALLA NORMALITA’ Il pacchetto progettato da Antonia Terzi, di conseguenza, non diede i risultati sperati, né sui circuiti ad alto carico aerodinamico né su quelli ad alta velocità. Per salvare l’onore della squadra, si decise di fare un passo indietro, introducendo dal GP di Ungheria un muso “convenzionale” con alettone a “cucchiaio centrale”, evoluzione di quello impiegato nella stagione precedente. Mantenendo la soluzione a “doppia chiglia” delle sospensioni, la Williams sperò di recuperare la competitività perduta, ma anche in questo modo la FW26 si dimostrò per quello che era fin dall’inizio: una monoposto da seconda fila. Mentre Ralf Schumacher fu costretto a sventolare bandiera bianca per un incidente patito a Indianapolis, a causa del quale fu sostituito prima da Marc Gené e poi da Antonio Pizzonia, Montoya cercò di far finire sempre a punti la sua vettura, portandola per la prima volta sul gradino più alto del podio nell’ultima gara in Brasile. La stagione si concluse sotto le aspettative, con la Williams passata dal secondo al quarto posto nel Mondiale Costruttori. L’unica soddisfazione del Campionato? Il record (non ufficiale) di Juan Pablo Montoya durante le pre-qualifiche dell’appuntamento di Monza, dove staccò quel 1’19’’525 alla media di 262,220 km/h rimasto poi nella storia come il giro più veloce della Formula 1, oggi battuto da quello di Hamilton in 1’18’’887. Peccato che la FW26, in quell’occasione, aveva già perso il suo musetto “a tricheco”…
  19. Aspiranti Campioni di simracing, bentornati nell’Academy di DrivingItalia.NET, grazie alla quale state imparando i fondamenti di base per correre in maniera efficace ed efficiente con un’auto da corsa sui circuiti virtuali dei vostri simulatori preferiti. Dopo avervi insegnato i concetti di base sulle traiettorie e sulle tecniche di frenata, ora è giunto il momento di fare un piccolo passo avanti… sull’utilizzo di marce e cambio. Siete pronti? MARCE E CAMBIO: FOCUS SUGLI RPM DEL MOTORE A meno che non stiate guidando un go-kart monomarcia, qualsiasi vettura nel mondo del simracing è provvista di una scatola del cambio con un numero di rapporti tale da massimizzare le sue prestazioni non solo in rettilineo, ma anche in curva. Come succede nella realtà, ogni motore (stradale o da corsa) presenta un range ottimale di giri (i cosiddetti RPM) grazie al quale si va ad estrapolare il massimo output di potenza per ogni singola marcia: mantenersi in questa finestra di funzionamento, quindi, significa che andremo a sfruttare al massimo le capacità di accelerazione della nostra vettura. Su un circuito, solitamente, ci sono dei momenti in cui si inseriscono i vari rapporti ed altri in cui si deve inevitabilmente scalare: un pilota, in entrambi i casi, dovrà concentrarsi ad ascoltare il sound proveniente dal motore, per capire quando è il momento giusto per ingranare la marcia successiva oppure per passare a quella inferiore, magari perché si è in procinto di affrontare una curva. USO DEL CAMBIO: I CONSIGLI PIÙ UTILI Quando si sta girando su una pista, la situazione ottimale è quella di evitare il più possibile di cambiare marcia mentre si sta curvando: quest’operazione, infatti, dovrebbe essere effettuata in rettilineo, in modo da arrivare in ingresso curva già con il rapporto corretto al fine di massimizzare la velocità in quel settore. Se possibile, è consigliato utilizzare una marcia in più piuttosto che una in meno quando ci si trova in percorrenza: lo scopo, infatti, è sempre quello di mantenere alta la velocità nel giusto range di utilizzo del motore, senza che questo vada in sottocoppia (altrimenti nell’accelerazione successiva perderemo tempo a farlo salire di giri) oppure che si trovi troppo “impiccato” con gli RPM vicini al limitatore. Per adattarsi il più possibile alla pista da affrontare, molte vetture (soprattutto da corsa) presentano rapporti del cambio modificabili a seconda delle preferenze del pilota: in questo caso stiamo parlando di “gear ratio”, cioè di valori che vanno individuati in maniera precisa al fine di utilizzare le marce nel modo e nei posti corretti una volta tra i cordoli. Qualche esempio? L’ideale sarebbe quello di raggiungere il limitatore di una singola marcia appena dopo l’uscita delle curve più importanti di un tracciato, così come di toccare gli RPM massimi del rapporto più lungo giusto alla fine del rettilineo principale e poco prima di attaccarsi ai freni per la prima staccata. Questo, purtroppo, non è sempre possibile, perché su alcune vetture tutto ciò che è modificabile è il solo “final drive ratio”, cioè la rapportatura finale che andrà a definire in automatico la lunghezza dei singoli rapporti del cambio. TECNICHE DI SCALATA: PER RALLENTARE, USATE I FRENI! Per quanto riguarda le scalate, la tecnica ottimale prevede di far combaciare i giri motore più appropriati per quel rapporto con la giusta velocità della vettura nel momento in cui si andrà ad azionare il cambio. Quando ci troveremo in curva, quindi, dovremo trovarci nel rapporto migliore per massimizzare la velocità in quel tratto di pista, preferibilmente senza poi toccare il cambio fino al punto di uscita dove, ormai a limitatore, richiameremo il cambio per il rapporto successivo. Attenzione però! Non pensate di utilizzare prevalentemente le scalate per rallentare la vostra vettura: si tratta di una credenza fuorviante nel mondo del simracing, che talvolta viene resa evidente dai “downshifts” esagerati che molti piloti utilizzano sui vari F1 della Codemasters. Se facessimo la stessa cosa su simulatori del calibro di Assetto Corsa o rFactor 2, entrerebbe in gioco la famosa “protezione del cambio in scalata”, voluta per evitare di scaricare troppa potenza sulle gomme posteriori che, inevitabilmente, ci farebbe perdere il controllo della nostra vettura. Il nostro consiglio, quindi, è quello di trattare l’avvicinamento a una curva in maniera separata: prima si frena con decisione e poi, attraverso la tecnica del trail braking, si comincia a scalare le marce, mantenendo la fluidità ottimale che la guida in pista richiede per risultare veloci e competitivi. TECNICHE DI SCALATA: IL PUNTA-TACCO Nel mondo delle competizioni a quattro (e due ruote), sia reali che virtuali, si sente spesso parlare anche della tecnica del “punta-tacco”. Di cosa stiamo parlando? A meno che non ci troviamo al volante di una moderna vettura da Gran Turismo oppure di una monoposto di ultima generazione, la maggior parte delle vetture non presenta di serie il famoso “auto-blip”, quel sistema elettronico che dà la “doppietta” in scalata per evitare spostamenti repentini del carico e del grip con bloccaggi improvvisi delle gomme dovuti ai maggiori giri motore tra una marcia e la precedente. Come fare, quindi, a guidare efficacemente un’auto di questo tipo senza trovarsi ogni volta in testacoda nella ghiaia? Ecco che entra in gioco la tecnica del “punta-tacco”, la quale prevede una prima pizzicata importante sul pedale del freno, successivamente alla quale si dovranno scalare le marce e, contemporaneamente, dare dei piccoli colpetti sull’acceleratore in modo che gli RPM del motore e la velocità della vettura coincidano. Vi sembra complicato? In realtà, dopo un po’ di pratica, vi verrà naturale: dopo la prima “zampata” sul pedale del freno il vostro piede sinistro dovrà controllare il pedale della frizione, mentre il destro dovrà gestire allo stesso tempo freno e acceleratore. Come? Con la punta continuerete a frenare in trail braking, mentre con il tallone richiamerete il gas ogni qualvolta utilizzerete la frizione per passare alla marcia precedente. Le prime volte molto probabilmente cadrete in errore e non premerete l’acceleratore a sufficienza, il che causerà uno spostamento più o meno repentino del brake bias verso il posteriore. Le gomme, di conseguenza, tenderanno a bloccare e la vostra vettura comincerà a perdere aderenza… ma niente paura: se vi troverete in testacoda nella ghiaia, la cosa migliore è non scoraggiarsi e riprovare. Se volete diventare dei professionisti, dopo tutto, non ci sono scorciatoie…
  20. Dopo due settimane di pausa dall’ultimo appuntamento nella bellissima cornice di Imola, il Mondiale di F1 2020 è pronto a scendere nuovamente in pista e lo farà in questo weekend con un altro Gran Premio “storico” che è stato disputato per l’ultima volta solamente nel 2011. A nove anni di distanza dalla vittoria di Sebastian Vettel con la Red Bull, il GP di Turchia farà il suo ritorno nel calendario iridato, proponendo a team e piloti la sfida dell’Istanbul Park… e della famigerata Curva 8. ISTANBUL PARK: UN ALTRO “TILKODROMO” L’Intercity Istanbul Park è un circuito posizionato a Tuzla, nella periferia di Istanbul e in prossimità del collegamento autostradale che connette questa città con la capitale Ankara. Rispetto ad Imola è stato costruito in tempi recenti, sotto la supervisione del celebre ingegnere tedesco Hermann Tilke. I lavori, iniziati nel 2003, sono terminati a ridosso del primo Gran Premio di Turchia, che è stato disputato due anni più tardi e ha incoronato come vincitore il finlandese Kimi Raikkonen. Rispetto alle piste di Sepang e di Shanghai, realizzate su un terreno prevalentemente pianeggiante, quella di Istanbul sorge su un’area caratterizzata da forti saliscendi e cambi di pendenza, per un circuito particolarmente ostico da affrontare anche per il fatto che gira in senso antiorario. Complessivamente misura 5,338 km e presenta 14 curve (otto a sinistra e sei a destra), delle quali la più celebre è sicuramente la “8” per i suoi quattro punti di corda e una percorrenza vicina ai sei secondi. ISTANBUL PARK: ALLA RICERCA DEL BILANCIAMENTO PERFETTO Rispetto all’ultima edizione disputata nel 2011, quella del 2020 sarà caratterizzata da condizioni nettamente differenti, soprattutto per quanto riguarda le monoposto presenti in pista. Quelle attuali sono molto sensibili alle modifiche aerodinamiche e garantiscono un grip meccanico in curva davvero eccezionale, il che costringerà i team a lavorare sodo per trovare il bilanciamento perfetto tra le 14 curve e i 4 rettilinei che contraddistinguono il circuito di Istanbul. In ogni caso, il carico aerodinamico consigliato dalle simulazioni è di livello alto, proprio perché le vetture dovranno essere agili e veloci nei tratti guidati in modo da lanciarsi efficacemente verso i pochi rettifili del circuito turco, dove finora la velocità massima è stata di 330 km/h. Per quanto riguarda l’azione in pista, i sorpassi saranno facilitati dalla presenza di due zone DRS: quella sul rettilineo di partenza-arrivo e quella presente tra curva 11 e curva 12. Passiamo alle gomme: per questa tappa del Mondiale di F1 2020 la Pirelli porterà le tre mescole più dure della gamma P Zero, vale a dire le White Hard C1, le Yellow Medium C2 e le Red Soft C3. Queste garantiranno il giusto compromesso tra la top speed assoluta in rettilineo e la trazione necessaria per non perdere tempo in curva, tra le quali la più difficile sarà, come già affermato, la “8”. Si tratta di un lungo curvone verso sinistra, aperto a diverse interpretazioni in termini di traiettoria: lo sa bene Juan Pablo Montoya, che nell’edizione inaugurale del 2005 sbagliò proprio in questo punto a due giri dalla fine, aprendo la strada a Fernando Alonso che centrò il secondo posto dietro al vincitore Kimi Raikkonen. GRAN PREMIO DI TURCHIA: LA PISTA DELLA FERRARI? Benchè l’Intercity Istanbul Park sia un tracciato relativamente nuovo, può contare su una Hall of Fame di tutto rispetto: il pilota più vincente nel Gran Premio di Turchia è il brasiliano Felipe Massa, sul gradino più alto del podio nelle tre edizioni consecutive del 2006, del 2007 e del 2008, che hanno permesso alla Ferrari di strappare anche la leadership come miglior Costruttore all’allora McLaren motorizzata Mercedes. Gli altri vincitori, tutti a parimerito con un unico successo, sono Kimi Raikkonen (2005), Jenson Button (2009), Lewis Hamilton (2010) e Sebastian Vettel (2011), il quale ha dovuto cedere il passo sempre a Massa anche per quanto riguarda il primato di pole position (due del tedesco contro tre del brasiliano). È Raikkonen, tuttavia, a detenere il record di giri veloci in gara (2), mentre Fernando Alonso primeggia in fatto a podi (ben quattro contro i tre del finlandese). Il record del circuito? È ancora nelle mani di Montoya: nell’edizione inaugurale il colombiano staccò un ottimo 1’24’’770 al volante della sua McLaren-Mercedes, che sicuramente verrà abbattuto in men che non si dica nelle qualifiche di questo fine settimana. Nel frattempo… prendiamo appunti e ascoltiamo il terzo pilota del team Alfa Romeo, un Robert Kubica che nel video qua sotto ci spiegherà tutti i segreti dell'Intercity Istanbul Park. Pronti a fare la pole position?
  21. Ma chi si allena decine di ore al mese su simulatori come Assetto Corsa ed rFactor 2, come si comporta quando viene piantato su una vera monoposto da corsa? Il Simracing può diventare un viatico principale per la scoperta dei talenti del futuro nel Motorsport? Se anche voi vi siete posti queste domande, vi consigliamo di guardare l'episodio seguente di "4chiacchiere con"
  22. Giulio Scrinzi

    Automobilista 2: rilasciato l'update 1.0.5.1

    Dopo il corposo aggiornamento che lo ha portato alla release 1.0.5.0, Automobilista 2 si affina ulteriormente e raggiunge oggi il numero di build 1.0.5.1: le novità, stavolta, sono limitate al miglioramento delle sospensioni delle Porsche e di alcune componenti di altre vetture, tra le quali le McLaren 720S e 570S aggiunte di recente per le classe GT3 e GT4. Non mancano, inoltre, alcuni piccoli tweak per il circuito dl Nurburgring, così come una più raffinata logica per l'IA, che ora sarà più efficiente nel cercare il contatto quando si trova ruota a ruota con il giocatore. Vi ricordiamo che Automobilista 2 è disponibile su Steam al prezzo di 36,99 Euro, che sale a quota 114,28 Euro se si include anche il Season Pass 2020-2021 (tra l'altro scontato del 10%). Sulla stessa pagina potete anche acquistare i vari DLC, tra cui quelli di Hockenheim e di Silverstone. V1.0.5.1 Changelog: Small improvements to the logic of AI to avoid invading of human line on straights when far from curves Fixed non-linear bumpstop code Revised suspension for Porsches Revised Mclaren 720S GT3 aero, brakes & drivetrain Revised Mclaren 570S aero & brakes Revised GT3 / Prototype tire tread for slightly more longitudinal slip Corrected Mclaren 720S stats & onboard cameras Updated volumes of all Porsche GT3 / Cup cars and minor improvements to GT3-R sound set Nurburgring: Smoothed harsh road bumps along the pit lane entrance; conform some overlay mainly in pit lane region (road line, kerb verge, grass verge, road seam) fixed some tyrewall Z fighting & some object LOD popping; reorganized bollard/cone for Veedol chicane layout; Minor Art pass Goania: Minor art pass
  23. Al giorno d’oggi gli appassionati di monoposto moderne hanno ben poca scelta se si osserva il panorama delle mod per Assetto Corsa: la F1 più accurata (e più veloce) è la spettacolare Formula Hybrid 2020, a cui seguono tante altre creazioni rigorosamente firmate, come potete immaginare, Race Sim Studio. Questo team di sviluppo è una garanzia quando si parla di single-seaters, un po’ come succede per il nostrano ASR Formula… che tradizionalmente si occupa di monoposto classiche dagli anni ‘90 in poi. I loro progetti, tuttavia, non si limitano a V12 e V10… perché oggi tra di noi è disponibile una vettura moderna con powerunit turbo-ibrida e funzionalità DRS dedicata a un futuro Campionato eSport di prossima realizzazione. Stiamo parlando della ASR-H 2020, sviluppata in collaborazione con il Campione Indycar Simon Pagenaud e che si presenta come una Formula 1 “fantasy” con alcune caratteristiche delle monoposto protagoniste delle serie minori. ASR-H 2020 by ASR FORMULA: COMPATTA E VELOCE La nuova ASR-H 2020 prodotta dal team ASR Formula, come dicevamo, è una vettura che riprende le caratteristiche delle single-seaters moderne discostandone per alcune caratteristiche. Ha un passo di 3210 mm e una carreggiata posteriore di 1520 mm, mentre il suo peso complessivo (con pilota a bordo) è di 720 kg: con questi dati possiamo capire quanto sia compatta rispetto alla Formula Hybrid 2020, avvicinandosi di più a una F2 che una F1 della categoria regina. A livello di motore, invece, la nuova creazione firmata ASR Formula è decisamente più simile alle monoposto al vertice del Circus iridato: per la componente non ibrida (e quindi endotermica) della powerunit è in grado di erogare 630 cavalli a 10000 giri al minuto, con una velocità massima di 330 km/h e uno scatto 0-100 coperto in soli 4 secondi. Il cambio, invece, è simile a quello delle vetture classiche, un sei marce sequenziale di tipo longitudinale. ASR-H 2020 by ASR FORMULA: DIVERTENTE… MA MANCA QUALCOSA Con questi presupposti, al primo shakedown su Assetto Corsa si capisce subito di avere tra le mani una single-seater “ibrida” con prestazioni da F1 e handling più simile a una F2… anche per quanto riguarda le gomme, che all’anteriore hanno dimensioni 245/205 e al posteriore 320/205. Pronti, via e la sensazione è quella di un grip sicuramente migliore rispetto a quello offerto dall’ultima versione della Formula RSS2 prodotta da Race Sim Studio. La nuova ASR-H 2020 presenta un ottimo grip all’anteriore, che le permette inserimenti sempre precisi anche quando si comincia a spingere veramente forte. Proprio come la Hybrid 2020, anche la nuova creatura firmata ASR Formula sfrutta il grande carico aerodinamico e il grip meccanico offerto dalle gomme per rimanere incollata a terra senza presentare il ben che minimo segno di sottosterzo, il che è sicuramente un vantaggio quando si cerca l’ultimo decimo di secondo sul giro. Tanta aderenza all’avantreno significa un po’ meno grip al retrotreno, un problema che si nota in maniera evidente quando si esagera in ingresso curva portando quel tantino di velocità di troppo. Andando in "overdrive“, infatti, la ASR-H 2020 si differenzia dalla Hybrid 2020 per lo stallo dell’alettone posteriore, che provoca una perdita di aderenza con “snap-oversteer”, cioè la tendenza verso il testacoda a causa della mancanza di equilibrio del flusso aerodinamico tra l’anteriore e il posteriore. In questo la ASR-H 2020 si avvicina molto di più alla Formula 2 del team Race Sim Studio, confermando il suo handling da monoposto “cadetta”: in ogni caso, con il setup di base si è dimostrata una vettura particolarmente divertente da guidare, sia su circuiti veloci come Monza che su quelli più tecnici, tra i quali l’Autodromo Enzo e Dino Ferrari di Imola. A conti fatti, tuttavia, il pacchetto proposto da ASR Formula pecca su due aspetti: da una parte il cambio a sei rapporti, un po’ “strano” per una single-seater moderna che tende a girare molto in alto quando, in realtà, ci si aspetta più coppia in basso per via della componente ibrida della power unit. In secondo luogo, l'efficienza dell’impianto frenante: nelle nostre prove abbiamo provato di tutto, ma alla fine non siamo mai andati incontro ad alcun bloccaggio, né delle gomme anteriori né di quelle posteriori. Ovviamente settando il 100% delle capacità dell’impianto e dopo aver opportunamente calibrato la nostra pedaliera. Un piccolo “passo falso” come quello del cambio, che per fortuna non pregiudica assolutamente il piacere di guida che questa monoposto è in grado di offrire. Nell’attesa del Campionato eSport dedicato… ben fatto ASR Formula! La ASR-H 2020 è disponibile direttamente sul sito ufficiale ASR Formula e richiede una donazione di euro 4,99 per essere scaricata, garantendosi naturalmente tutti gli aggiornamenti che seguiranno nel tempo e che il team ASR rilascia con costanza.
  24. Giulio Scrinzi

    F1 2020 – Guida al circuito: Imola

    A una sola settimana dal GP del Portogallo sul circuito di Portimao, il Mondiale di Formula 1 2020 è pronto a tornare subito in pista per il prossimo appuntamento previsto dal calendario: dopo 14 anni di assenza tornerà sotto i riflettori il mitico Autodromo Enzo e Dino Ferrari di Imola, che darà vita a quel Gran Premio dell’Emilia-Romagna che diventerà, di fatto, la terza tappa italiana della stagione dopo quelle di Monza e del Mugello. Una pista tra le più amate da piloti e appassionati, che in questi anni è stata costantemente utilizzata dal Mondiale Superbike e che ha ospitato per l’ultima volta le monoposto più veloci del mondo solamente nel 2006, anno in cui il grande Michael Schumacher regolò i conti con il rivale Fernando Alonso che aveva vinto nell’edizione dell’anno precedente. AUTODROMO DI IMOLA: IL PROGETTO DEL “PROTOTIPO CONI” La storia dell’Autodromo di Imola inizia nel lontano 1946, quando nel Comune emiliano prese vita l’idea di costruire un circuito “al di là del Santerno” nella zona di monte Castellaccio, composto da una nuova strada al fianco del fiume imolese che congiungesse i due ponti esistenti, quello della via Emilia e quello di viale Dante. Il progetto piacque subito e in breve tempo fu costituito l’Ente Sport e Turismo Imola, società che avrebbe coordinato la realizzazione e la gestione della pista. Inizialmente lungo 3,8 km, il nuovo Autodromo fu allungato fino a 5 km al fine di incontrare le nuove regole internazionali per gli sport motoristici, per un progetto approvato ufficialmente dal CONI il 27 ottobre del 1949, a cui seguì nel 1950 la decisione di costruire in parallelo il primo impianto permanente per gare motoristiche. Da quel momento in poi il circuito di Imola fu soprannominato, oltre che “pista del Santerno”, anche Prototipo CONI. AUTODROMO DI IMOLA: COSTRUZIONE E INAUGURAZIONE Con tutti i dettagli al loro posto, il 6 marzo del 1950 venne dato il via ufficiale ai lavori di costruzione del circuito: il percorso, della lunghezza complessiva di 5.017 metri da percorrere in senso antiorario, fu ricavato collegando le strade preesistenti al fianco del fiume Santerno con vie di comunicazione costruite ad-hoc… inizialmente aperte anche alla circolazione stradale. Nonostante ciò, dopo due anni e 150mila ore di lavoro l’Autodromo di Imola finalmente fu completato: il 19 ottobre 1952 avvenne la prima inaugurazione da parte di Umberto Masetti in sella alla sua Gilera e dai piloti della Ferrari al volante di una 340 Sport, mentre il 25 aprile 1953 fu il turno del “battesimo ufficiale” con due gare motociclistiche valevoli rispettivamente per il Campionato italiano 125 e 500 (Gran Premio CONI) e per quello della classe 250 (Gran Premio Città di Imola). Il debutto internazionale, invece, avvenne esattamente un anno dopo con la prima edizione della Coppa d’oro Shell, una gara motociclistica ideata da Checco Costa per le classi 250, 350 e 500 destinata a diventare la più importante competizione a due ruote degli anni ‘50 e ‘60. Contestualmente avvenne anche l’inaugurazione internazionale per le vetture da corsa: il 20 giugno 1954 fu organizzata la Conchiglia d’oro Shell organizzata per le vetture Sport di classe 2000, vinta da Umberto Maglioli su Ferrari 500 Mondial. AUTODROMO DI IMOLA: GLI ANNI D’ORO DEL MOTOCICLISMO Nonostante il grande esordio sia per le due che per le quattro ruote, l’Autodromo di Imola nei suoi primi anni fu sottoutilizzato, soprattutto per il fatto che le sue strade erano ancora aperte al pubblico. Questo problema fu risolto solamente a metà degli anni ‘60, quando gli organizzatori riuscirono a trasformare l’impianto in un circuito permanente chiuso alla viabilità ordinaria con tribune e box finalmente a disposizione per team e piloti. Con questi presupposti, nel 1969 il circuito sulle rive del Santerno ospitò per la prima volta una gara valevole per il Campionato del Mondo di motociclismo: stiamo parlando del Gran Premio delle Nazioni, vinto, tra gli altri, da Phil Read su Yamaha nelle classi 250 e 350 e da Alberto Pagani su Linto nella categoria regina, la 500. Questo evento segnò l’ingresso di Imola nelle competizioni a due ruote, soprattutto di tipo “endurance”, che sarebbero state organizzate negli anni ‘70 dopo alcuni importanti lavori di ammodernamento per limitare la velocità media sul giro. Prima fu il turno della Variante Bassa, utile a rallentare le percorrenze prima del traguardo, poi quello della Variante Alta, voluta per spezzare il ritmo in vista della Rivazza. Con questa configurazione l’Autodromo, ora rinominato in onore di Dino Ferrari – figlio del “Drake” scomparso negli anni ‘50 – ospitò nel 1972 la 200 Miglia di Imola, un evento vinto nella prima edizione da Paul Smart sulla Ducati 750 “Freccia d’Argento” e proseguito fino a quella del 1985 dove trionfò Eddie Lawson su una Yamaha di cilindrata 500cc. AUTODROMO DI IMOLA: GLI ANNI DELLA FORMULA 1 Nel frattempo, su pressione di Enzo Ferrari, l’Autodromo di Imola si stava avvicinando a grandi passi verso i primi Gran Premi titolati di Formula 1. I diversi sopralluoghi dell’Associazione dei Costruttori e dei Piloti assieme a quelli dell’allora direttore sportivo della Ferrari, Roberto Nosetto, spinsero gli organizzatori del circuito a modernizzarne diversi settori al fine di aumentare la sicurezza generale. Tra le modifiche apportate bisogna citare l’inserimento della famosa chicane che spezzava le Acque Minerali, l’ampliamento delle vie di fuga, l’edificazione della mitica Torre Marlboro, delle nuove tribune e dei box, a cui si aggiunse successivamente anche il completo rifacimento dell’asfalto. Con questi presupposti l’era della F1 a Imola iniziò ufficialmente il 16 settembre del 1979, quando prese vita quel Gran Premio Dino Ferrari vinto da Niki Lauda su Brabham – Alfa Romeo a cui seguì la prima edizione valida per il Mondiale del 1980 con il nome di Gran Premio d’Italia. Dal 1981, tuttavia, questa denominazione tornò all’Autodromo di Monza, mentre quello di Imola venne inserito ufficialmente nel calendario come sede del Gran Premio di San Marino. Molte sono state le edizioni che contraddistinsero questa gara… anche se una in particolare sarà ricordata per sempre dagli appassionati: stiamo parlando di quella del 1994, caratterizzata da un weekend “nero” in cui morirono Roland Ratzenberger nelle qualifiche del sabato e il grande Ayrton Senna nella gara di domenica, schiantandosi a tutta velocità contro la curva del Tamburello. AUTODROMO DI IMOLA: IL FUTURO DEL CIRCUITO Quanto successo nell’edizione del 1994 spinse gli organizzatori dell’Autodromo di Imola a porre in essere consistenti modifiche al circuito posizionato sulle rive del Santerno al fine di renderlo più sicuro. Il Tamburello innanzitutto venne sostituito da una chicane più lenta, mentre la curva Villeneuve, dove si schiantò Ratzenberger con la Simtek-Ford, fu rivista con un’ulteriore variante. Toccò poi alle Acque Minerali, caratterizzate da due curve veloci verso destra e non più dalla precedente chicane, alla Rivazza e alla Variante Bassa, ridefinita proprio nel punto in cui, al venerdì, andò a muro (senza conseguenze) il brasiliano Rubens Barrichello. Dopo quel Gran Premio la stessa Formula 1, inoltre, si assunse la responsabilità di modificare le vetture per renderle più lente, oltre ad esortare i circuiti di tutto il mondo di definire delle nuove linee guida per ottenere una maggiore sicurezza una volta in pista. In ogni caso, il Circus iridato continuò l’appuntamento di San Marino fino al 2006, per poi interrompere la collaborazione perché l’Autodromo necessitava di ulteriori ammodernamenti che non sarebbero arrivati in tempo per disputare le successive edizioni. Oltre a questo sorsero motivi organizzativi ed economici, che convinsero gli organizzatori ad interrompere momentaneamente ogni competizione per recuperare gli standard di sicurezza voluti dalla Federazione Internazionale. Grazie all’intervento dell’ingegner Hermann Tilke fu ricostruita interamente l’area dei box (di cui oggi sopravvive esclusivamente l’ex Torre Marlboro), mentre la storica Variante Bassa è stata eliminata in virtù di due tratti rettilinei connessi tra di loro. Il ritorno del Mondiale Superbike su questa pista, avvenuto per l’edizione 2009, ha reso necessario la creazione di una seconda configurazione destinata alle moto: su richiesta della FIM fu quindi realizzata una Nuova Variante Bassa, ricavata a metà del rettilineo principale con lo scopo di spezzare il ritmo fuori dall’ultima curva. Il layout originariamente previsto, invece, è utilizzato tutt’oggi per le competizioni delle vetture GT e prototipi, oltre che per le monoposto delle serie minori… e della massima espressione dell’automobilismo, che tornerà quest’anno grazie all’attesissimo Gran Premio dell’Emilia Romagna. AUTODROMO DI IMOLA: TUTTI I DATI UTILI Nella configurazione attuale l’Autodromo Enzo e Dino Ferrari di Imola è lungo 4,909 km e presenta 19 curve, che a tutti gli effetti suddividono la pista in due parti fondamentali: la prima, molto veloce, e la seconda, più tecnica e contraddistinta da alcune chicane che spezzano il ritmo tra i vari rettilinei presenti sulle rive del Santerno. Le più famose? Quella del Tamburello subito dopo il rettilineo principale, la Villeneuve prima della Tosa, la Piratella che poi conduce alle Acque Minerali tutte in compressione, la Variante Alta che poi punta in discesa verso le due Rivazza e, infine, la “Variante Bassa”, che nella configurazione utilizzata dalla Formula 1 è in realtà un tratto rettilineo unico da percorrere in pieno. Grazie all’impressionante grip offerto dalle gomme P Zero portate dalla Pirelli, che per questo weekend saranno le C2 White Hard, le C3 Yellow Medium e le C4 Red Soft, sul circuito di Imola team e piloti potranno optare per una configurazione da medio-basso carico aerodinamico, utile a sfruttare i numerosi tratti rettilinei che garantiscono una percorrenza sul dritto di circa 50 secondi su un giro completato in poco meno di 1 minuto e 20 secondi. Per quanto riguarda l’analisi delle frenate, Brembo ha categorizzato Imola come una pista con indice di difficoltà pari a 3 (su 5): la stretta sede stradale e le numerose varianti che lo caratterizzano gli hanno fatto ottenere di diritto il soprannome di “piccolo Nurburgring”, dove i piloti di F1 sfrutteranno gli impianti frenanti per soli 9 secondi e mezzo ogni giro (l’equivalente del 13% su l’intera distanza del Gran Premio). Ciò significa che i freni giocheranno un ruolo fondamentale… fino a un certo punto, perché utilizzati in sole 8 curve e mai per un tempo superiore di 1,9 secondi in ogni staccata. La più difficile da affrontare? Sicuramente quella della Rivazza 1 in arrivo dalla Variante Alta: qui le monoposto arrivano a 309 km/h rallentando fino a 145 km/h in soli 96 metri, per una decelerazione di 1,62 secondi e 5,6 g che richiede un carico sul pedale del freno di ben 137 kg. AUTODROMO DI IMOLA: I NUMERI DEL GP DI SAN MARINO L’Autodromo Enzo e Dino Ferrari di Imola è storicamente conosciuto per aver ospitato nel tempo il Gran Premio di San Marino, seconda gara tricolore nel calendario iridato ufficialmente riconosciuta dal 1981 fino al 2006. Tra le curve di questa splendida pista sono stati molti i Campioni che hanno saputo raggiungere il gradino più alto del podio: il più vincente è il tedesco Michael Schumacher, capace di mettere in bacheca ben sette vittorie tra cui l’ultima del 2006 ai danni di Fernando Alonso, seguito da Ayrton Senna e da Alain Prost a parimerito con tre successi ciascuno. Come Costruttori, invece, la Ferrari e la Williams primeggiano con otto vittorie ciascuno, mentre come motoristi la Scuderia del Cavallino condivide il primato con i francesi della Renault. Ora, come in ogni nostro appuntamento, è giunto il momento di dare spazio al nostro tradizionale hotlap virtuale... stavolta curato dal noto YouTuber SimRacing604, che ha dato il meglio di sé sui 4.909 metri di Imola al volante della splendida Formula Hybrid 2020 realizzata dal team Race Sim Studio. Buona visione!
  25. The Race ci racconta l'accesissimo post campionato della serie Grand Prix Virtual World Championship, conclusa per il 2020 la scorsa settimana, con il livello più alto mai raggiunto e le molte polemiche su come si è concluso il torneo che, dopo 16 gare, è arrivata al termine con solo due punti che separavano i primi due piloti in classifica. Anche se un titolo GPVWC può essere meno prestigioso di altri riconoscimenti simracing, può lanciare i partecipanti verso traguardi più grandi, come ad esempio successo con il vincitore del World Fastest Gamer inaugurale Rudy van Buren, che ha vinto il campionato piloti Superleague nel 2017. Nel 2020 il titolo è stato giocato tra Jannick Bock di Evolution Motorsports e Adam Maguire di Edonis Engineering, con il campione in carica Bock in testa di due punti su Maguire. Nelle qualifiche per il round finale, che si è svolto sul circuito di Interlagos, Maguire ha ottenuto la pole position con il suo rivale per il titolo Bock al terzo posto. Al quarto giro, il compagno di squadra di Maguire, Liam de Waal ha toccato Bock nella stretta curva di Bico de Pato, facendolo girare. Al rientro in pista, Bock si è toccato con un'altra vettura, perdendo l'ala anteriore e mettendo fine a ogni possibilità di vincere la gara o il campionato. Naturalmente, un compagno di squadra del pilota in lotta per il titolo che elimina l'altro contendente solleva alcune domande lecite.... "Ovviamente è stato un errore", ha detto Maguire a The Race. “È stato un momento davvero brutto, ho persino chiesto di aspettare Jannick finché non ho sentito che aveva avuto un brutto rientro in pista." Da quel momento, la gara è diventata una guerra tra Evolution ed Edonis. Maguire era saldamente in testa, fino a quando il compagno di squadra di Bock, Dennis Jordan ha pensato di salvare le possibilità di vittoria nel campionato del suo compagno di squadra. Durante la fase di pit stop, Jordan ha montato gomme morbide mentre quelli intorno a lui hanno optato per mescole più dure, consentendo a Jordan di recuperare e superare Maguire. Da lì ha rallentato abbassando il ritmo e difendendo aggressivamente la sua posizione su Maguire. Jordan ha lasciato che gli altri piloti che erano dietro di lui lo passassero, con l'intenzione di lasciare che Bock raggiungesse Maguire. La gara si è conclusa con Maguire 11° e Bock 14° e con il punteggio dato ai primi 15, Maguire ha vinto il titolo di un solo punto. Nonostante la fine della stagione vittoriosa, Maguire era tutt'altro che soddisfatto di come si è svolta la gara finale. "Onestamente sono più che imbarazzato per la corsa in Brasile, una possibile doppietta di Edonis assolutamente rovinata da Dennis Jordan che mi ha bloccato", ha detto. "Ho perso ogni rispetto per Dennis Jordan ed è un vero peccato che si sia comportato in questo modo. Io e Jannick Bock eravamo entrambi innocenti, che è la parte più frustrante perché non potevamo davvero lottare per il campionato in pista. Dennis ha tagliato le chicane per stare davanti a me, mi ha colpito al rientro...". Risulta evidente che Jordan è andato all'esterno all'ingresso della prima curva, con de Waal che si è spostato all'interno e Maguire al cordolo, per risalire all'interno e passare entrambi. Per mantenere il vantaggio sulla coppia, Jordan ha tagliato la sezione "S" di Senna, ma ha rinunciato a lottare e poco dopo è rimasto alle loro spalle. Jordan ha affermato di aver operato secondo le regole del GPVWC. "Nessuno sa come sarebbe andata la gara se non ci fosse stato il primo incidente", ha detto Jordan a The Race. “È stato ingiusto? Penso che nella maggior parte delle competizioni sarebbe stato facile essere d'accordo su questo, ma è necessario accettare il modo in cui ogni competizione affronta queste cose... Dal rallentare molto il ritmo, alle discutibili toccate, non accelerare in uscita di curva, a tagliare le curve quando leggermente costretto a farlo, tutte queste cose erano precedentemente ritenute legali dal Comitato Disciplinare GPVWC, quando praticate da altre squadre. Dovrebbe essere così? Sicuramente no, ma è un problema che proviene da livelli più alti." Il sistema di revisione degli incidenti di GPVWC è interamente dettato dal pilota, poiché gli steward indagano solo su ciò che i piloti portano formalmente alla loro attenzione. A differenza degli sport motoristici del mondo reale, con assistenti di gara che agiscono per prendere decisioni al volo e dare penalità ai piloti, negli eSport questo non è quasi mai possibile, perchè dipende dal gioco utilizzato. Quindi, la maggior parte delle competizioni di eSport e dei campionati di simracing sceglie di assegnare penalità dopo la fine di ogni gara, con GPVWC, in particolare, che trasferisce le penalità al round successivo. "Quando diventa pericoloso e la guida scorretta entra in gioco, i conducenti devono ricevere un avvertimento o eventuali penalità durante la gara", ha detto Maguire. “Quindi forse un sistema di steward live sarebbe utile? Spero che non accada di nuovo in futuro, si può dire che sono stati 15 buoni round, niente del genere è successo per tutta la stagione, quindi speriamo che sia stato un evento unico". Anche se GPVWC ha consolidato le sue regole e le ha applicate in modo più duro rispetto alle stagioni precedenti, le azioni di alcuni piloti hanno evidenziato aree buie delle normative. Alla luce di come si è conclusa la stagione della Superleague, GPVWC sta studiando come migliorare le proprie regole per evitare che una guida eccessivamente aggressiva e tattiche discutibili decidano una battaglia per il campionato. La GPVWC SimRacing ha spiegato: “Come sempre, esamineremo attentamente tutti gli incidenti di gara e applicheremo le penalità necessarie a coloro che hanno infranto le regole. I nostri stessi regolamenti sono costantemente sotto revisione: non solo abbiamo regole sugli incidenti in pista, ma anche sull'abilità nel gioco e non avremo paura di rafforzarle se necessario". Insomma, questo simracing è proprio, sotto ogni aspetto, come il motorsport reale....
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