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Simracing per tutti: iniziare spendendo poco

I costi nel motorsport reale sono proibitivi... ma nel simracing si può cominciare spendendo poco!
Simracing per tutti
  • Giulio Scrinzi
    Giulio Scrinzi

    Simracing eSports: è solo un gioco… o qualcosa di più?

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    Due mesi di quarantena e tutto è cambiato. O quasi. Se l’emergenza Coronavirus ha oscurato il mondo del motorsport reale, costretto progressivamente a posticipare e annullare tutte le gare in calendario, parallelamente ha permesso all’universo del simracing di spiccare il volo, come mai aveva fatto negli ultimi anni.

    Confinati dentro alle quattro mura di casa, piloti da tutto il mondo hanno dovuto reinventarsi, incanalando le proprie energie in innumerevoli competizioni virtuali che, piano piano, hanno fatto capolino attraverso l’impegno dei più importanti organizzatori del settore. Tutto è cominciato, se ben ricordate, con il “Not the AUS GP” proposto dal team Veloce eSports, al quale si sono succedute gare e Campionati praticamente a ripetizione.

    Ma se fino ad allora tutti quanti erano consapevoli che, in fin dei conti, gareggiare in questo modo era molto simile a giocare con un videogame, oggi le cose sembrano essere cambiate. Nello scorso appuntamento dell’IndyCar iRacing Challenge il pilota della McLaren Lando Norris è stato spinto fuori pista da Simon Pagenaud, un comportamento che ora potrebbe avere delle ripercussioni… anche nel mondo reale. Cosa sta succedendo?

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    ATTENZIONE ALLE PAROLE…

    Le prime avvisaglie che il mondo del simracing stava iniziando a mescolarsi pericolosamente con quello del motorsport reale sono iniziate verso la metà di aprile, quando nella NASCAR Cup Series sono bastate alcune parole di troppo per scatenare un vero putiferio. Nel corso delle prove libere dell’evento disputato sul nostrano Autodromo Nazionale di Monza il pilota del team Chip Ganassi Racing, Kyle Larson, ha avuto qualche problema di collegamento con il suo microfono, che in poco tempo lo ha costretto ad effettuarne il ripristino per continuare a mantenere i contatti con gli altri concorrenti in pista.

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    In una prima prova, il pilota statunitense si è lasciato scappare delle parole tutt’altro che lusinghiere verso un non ben precisato rivale: “Riesci a sentirmi? Ehi, negro...”. Il problema? Che in quel momento il suo microfono funzionava benissimo e tutti hanno sentito il suo commento, il quale ha scatenato un’ondata di insulti e rimproveri che, in ultimo, hanno demolito la sua gara conclusa al 60esimo posto su 62 vetture in pista.

    Ma questo è stato niente in confronto alle amare conseguenze che lo attendevano al varco: la NASCAR e la community di iRacing, infatti, hanno prontamente deciso di sospenderlo da tutte le competizioni virtuali a tempo indeterminato, anche se la mazzata finale è arrivata poco dopo direttamente dal suo team. Quel Chip Ganassi Racing che, sull’onda della collera di quanto accaduto, ha provveduto a rompere il contratto che aveva con lui nella NASCAR Cup reale. Niente più Chevrolet numero 42 per il povero Kyle Larson, privato anche da tutti gli sponsor che gli avevano permesso, fino a quel momento, di proseguire la sua attività di pilota professionista, tra i quali First Data, McDonald’s e Credit One Bank.

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    … MA ANCHE AI COMPORTAMENTI!

    La vicenda di Kyle Larson, tuttavia, è stata anticipata una settimana prima da quella di Bubba Wallace, un altro pilota “degli ovali” che ha partecipato al round di inizio aprile dell’eNASCAR Pro Invitational Series, sempre su iRacing. Il pilota del team Richard Petty Motorsports non ha avuto grande fortuna in pista, dal momento che è arrivato molto presto al contatto con Clint Bowyer, danneggiando seriamente la sua vettura.

    Questo lo ha costretto ad utilizzare velocemente i due “bonus” di riparazione previsti dal simulatore a stelle e strisce, ma avendo ancora tra le mani un’auto malconcia e con altri 150 giri da disputare… ha deciso di ritirarsi anzitempo, spegnendo iRacing ma alimentando, allo stesso tempo, un sacco di insulti da parte di molti altri piloti e appassionati.

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    Sto morendo nel leggere tutti i commenti – ha scritto Wallace sul suo account Twitter – Devo aver rovinato la giornata a molte persone abbandonando un videogioco. Ahahah, un videogioco! Questa vita in quarantena sta diventando davvero dura...”. Delle frasi che, purtroppo, hanno attirato l’attenzione di uno dei suoi sponsor, l’azienda di antidolorifici Blue Emu: a questo marchio non è piaciuto il comportamento del suo pilota, al punto da annunciare la fine della collaborazione tra le due parti direttamente con un “cinguettio” sul famoso social network.

    E' bello sapere quanto hai scritto, ciao ciao Bubba! A noi interessano i piloti, non chi molla! Speriamo solo che i nostri prodotti lo aiutino ad alleviare il dolore, noi siamo seri ed è stato divertente fino ad un certo punto, poi... Al suo posto amiamo quanto fatto da Landon Cassill, perché ha continuato nonostante la macchina rovinata", queste le parole di Blue Emu, che hanno quindi posto la parola fine alla sponsorizzazione con Bubba Wallace.

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    NORRIS CONTRO PAGENAUD: L’INDYCAR DIVENTA UN RING

    Ma non c’è due… senza tre. Di nuovo iRacing, stavolta però al volante delle velocissime monoposto da IndyCar, scese in pista sabato scorso a Indianapolis. Qui il giovane rampollo del team McLaren, Lando Norris, ha voluto sfidare il Campione in carica Simon Pagenaud, vincitore della 500 Miglia di Indianapolis “reale” del 2019.

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    Una battaglia senza esclusione di colpi, come quelli che ha incassato lo stesso Pagenaud durante la corsa a causa della competitività del suo rivale: dopo una sosta ai box resa necessaria per riparare la sua vettura, Simon ha giurato, in diretta sul suo canale Twitch, che si sarebbe vendicato nei confronti di Norris, buttandolo ben presto fuori di pista.

    Detto, fatto: nell’ultimo giro di gara Pagenaud ha mantenuto la promessa, buttando fuori di pista il giovane Lando, che quindi si è visto rovinare la gara proprio sul più bello. In sua difesa è intervenuto addirittura Zak Brown, CEO della McLaren, e ora il Campione del Mondo in carica di Indianapolis potrebbe rimanere non solo escluso dalla prossima tappa dell’IndyCar iRacing Challenge… ma anche dalla prossima edizione della competizione vera e propria!

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    QUANDO IL GIOCO DIVENTA (TROPPO) REALE

    In un certo senso, in questo periodo di quarantena il simracing ha visto una propria evoluzione da mondo della guida simulata in cui tutto rimane confinato in ciò che si percepisce dietro a uno schermo… a surrogato del motorsport vero e proprio, in cui i piloti professionisti sono chiamati a comportarsi da “piloti” quando, in realtà, stanno interpretando i panni di “simdrivers”, cioè di videogiocatori appassionati di titoli di corse.

    Il virtuale diventa reale e questo può condizionare la vita, non solo agonistica, di tutti coloro che si mettono dietro al volante: gli sponsor, le Federazioni e i “big” del motorsport ora sono molto più interessati al simracing e finché le piste di tutto il mondo non riapriranno i battenti, la situazione continuerà su questa strada.

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    Il problema? Che il simracing, alla fine, deve essere considerato un gioco. Competitivo, certo, ma pur sempre un gioco. Con tutti gli effetti che ne derivano dal suo utilizzo: positivi ma anche, purtroppo, negativi. Quanti piloti, ad oggi, hanno provato quella sensazione di frustrazione quando non si riesce a mettere insieme quel fatidico giro da qualifica perfetto? Oppure quando, in prima curva, si viene centrati da coloro che credono che una gara si vinca al primo giro? O ancora, quando si viene intenzionalmente portati fuori pista da piloti più deboli, ma invidiosi delle nostre capacità e della nostra condotta di gara?

    Sono situazioni che contraddistinguono questo mondo, che tutti noi abbiamo imparato ad affrontare facendo leva sul fatto che, alla fine, non serve arrabbiarsi arrivando al “rage quitting”, ma è meglio diventare consapevoli che siamo di fronte a un videogioco virtuale, per quanto realistico esso sia. I piloti veri, che invece sono abituati ad altre situazioni, possono reagire in tutt’altro modo: per loro mettersi dietro a un volante non è un gioco, in ogni caso. Il simracing, quindi, non può essere paragonato al motorsport reale: lì le cose funzionano diversamente. Le sensazioni che si vivono possono essere molto simili, ma siamo di fronte a due mondi differenti. E così deve essere.

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    GUIDA SIMULATA: ALLENAMENTO O DISTRAZIONE?

    Invece la quarantena causata dal Coronavirus ha portato, per forza di cose e per necessità, a mescolare questi due universi, simili a prima vista ma molto diversi nella sostanza. Per quanto il nostro equipaggiamento da piloti virtuali sia evoluto, non potrà mai replicare le forze G, le accelerazioni, le frenate e gli spostamenti di carico di una vettura reale che corre in pista. Nel simracing conta moltissimo la concentrazione e la gestione delle proprie emozioni: è un lavoro di testa, ma chi pensa che l’allenamento con un simulatore può risultare utile anche nel mondo reale… rimarrà parzialmente deluso.

    È come chi si allena, per assurdo, sul tapis roulant o su una cyclette per prepararsi alla corsa a piedi o al ciclismo su strada. Alcune cose possono essere simili (e non uguali), ma nulla batte la realtà per quello che è. Un altro esempio? Nel karting c’è un detto: per andare forte in go-kart… devi allenarti con il go-kart. Niente palestre inutili. Lo stesso principio si può applicare al simracing: chi si allena per la guida virtuale diventa bravo a fare il simdriver. Se poi è talentuoso anche in una macchina vera, è perché ha dei precedenti nel motorsport vero… oppure è un talento naturale.

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    Il simracing, in un certo senso, può tornare utile per imparare i circuiti, per allenare le proprie abilità in gara (il “racecraft”), per mettere insieme un giro da qualifica oppure per affinare la consistenza in stint più o meno lunghi. Tutte capacità che possono essere ripetute anche nel mondo reale, perché in questo caso il pilota lavora su se stesso e non sul portare a termine l’obiettivo specifico richiesto da quello che gli sta mostrando lo schermo. 

    Per esempio, alcuni piloti di F1, come Kimi Raikkonen e Daniel Ricciardo, hanno preferito non avere nulla a che fare con le gare virtuali di questo periodo. “Semplicemente non mi interessano”, ha affermato il pilota del team Alfa Romeo Racing.Conosco la mia natura competitiva, ci passerei ore al simulatore tutti i giorni. E, prima che me ne accorga, inizierei a saltare gli allenamenti. E penso che la preparazione per i GP siano più produttivi", questo il commento dell’australiano della Renault.

    Charles Leclerc, Lando Norris e Max Verstappen, invece, rappresentano la nuova generazione che avanza e che, al contrario, passano ore su ore al simulatore. Chi ha ragione? Chi ha maggiore consapevolezza di se stesso e di quello che sta facendo: se si utilizza il simracing nel modo giusto, può risultare utile per un pilota professionista. Se ci si lascia prendere la mano e ci si fa coinvolgere dalla natura “videoludica” di questo mondo, allora le cose cambiano. Non c’è nulla di sbagliato, sia chiaro: solo che il simracing è il simracing, mentre il motorsport è il motorsport. Due realtà che vanno vissute per quello che sono e non per quello che tutti noi, me compreso, vorremmo che fossero.

    Nel video qui di seguito, infine, vi segnaliamo l'opinione di Alessandro Mariani, Team Manager JAS Motorsport, con esperienza decennale nel mondo delle competizioni tra Formula 1, DTM, BTCC, WTCR e GT3. Secondo Mariani "i simulatori stanno rovinando il mondo delle corse"... Voi cosa ne pensate del suo parere?

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