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  • Giulio Scrinzi
    Giulio Scrinzi

    F1 2020 - Guida al circuito: Monza

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    Il grande momento è finalmente arrivato: questo fine settimana il Mondiale di F1 2020 farà tappa per la prima volta nel nostro Paese per dare vita al classicissimo Gran Premio d’Italia. Il circuito prescelto? Ebbene sì, il mitico Tempio della Velocità brianzolo: l’Autodromo Nazionale di Monza!

    Una pista storica entrata nell’immaginario collettivo come una delle più belle al mondo, la terza più antica dopo quella di Indianapolis e quella inglese di Brooklands, oggi in disuso perché chiusa già nel 1945. Una pista che è anche la più veloce del Mondiale, dove nel 2018 il finlandese Kimi Raikkonen ha stabilito il nuovo primato assoluto della massima serie automobilistica, fermando il cronometro sull’1’19’’119 con una media oraria di 263,587 km/h.

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    AUTODROMO DI MONZA: LE ORIGINI

    La storia dell’Autodromo Nazionale di Monza inizia nel lontano 1922, quando l’Automobile Club di Milano decise di dar vita al progetto di un circuito permanente all’interno del Parco Reale di Monza: una mossa voluta non solo per dar spazio al motorsport in Italia, ma anche per il fatto che le corse portavano tanta pubblicità alle case automobilistiche.

    Con i lavori iniziati il 15 maggio, il circuito fu completato in soli 110 giorni e il primo giro di pista completo avvenne il 28 luglio da parte di Pietro Bordino e Felice Nazzaro su una Fiat 570. Benchè i disegni originari volevano una pista lunga 14 km a forma di “otto”, l’Autodromo di Monza assunse un layout a doppio anello, con una pista stradale di 5.500 metri a sette curve e un anello ad alta velocità di forma ovale con due sopraelevate lungo 4.500 metri.

    Il circuito si dimostrò subito estremamente veloce, al punto da mietere vittime già nei primi anni di attività. Per ovviare a questo problema prese vita prima, nel 1935, il “circuito Florio”, che univa i due tracciati originari con una serie di chicanes che rallentavano il ritmo, e poi, nel 1939, una serie di modifiche per rendere più sicuro l’impianto brianzolo. L’anello ad alta velocità fu demolito, mentre la pista stradale ottenne un nuovo “rettifilo centrale” dove si immetteva la curva del Vialone, che poi avrebbe portato a due inedite curve a gomito chiamate “curve di Vedano” e conosciute anche come “curve in porfido”, per via del fondo lastricato che le caratterizzava a livello della “sopraelevata Sud”.

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    AUTODROMO DI MONZA: RITORNA L’ANELLO DI VELOCITÀ

    Dopo la Seconda Guerra Mondiale la volontà dei proprietari dell’Autodromo di Monza fu quella di ripristinare il decaduto anello ad alta velocità, in modo da supportare i vari tentativi di record effettuati dalle case automobilistiche. Il progetto seguì lo stesso layout del precedente nella parte Nord, mentre in quella a Sud fu necessario arretrare di 300 metri la sopraelevata, oltre a riprogettare le ultime curve della pista stradale.

    Al posto delle curve di Vedano fu introdotto un unico curvone con sviluppo di 180 gradi, chiamato “Parabolica”, mentre l’ultima curva dell’anello ottenne un’elevata inclinazione trasversale fino all’80% rispetto al piano orizzontale, con 14 torrette di segnalazione disseminate lungo l’intero tracciato destinate ai commissari, ai tecnici Radiotelevisivi, a giornalisti e fotografi.

    Il nuovo impianto fu inaugurato nel 1955, ma subito ci si rese conto che i due tratti sopraelevati creavano delle sollecitazioni fisiche eccessive ai piloti e diversi guasti meccanici alle vetture. Questo portò in pochi anni alla dismissione definitiva dell’anello ad alta velocità, tolto dal calendario iridato per la precisione nel 1961 dopo la morte del ferrarista Wolfgang von Trips.

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    AUTODROMO DI MONZA: FOCUS SULLA SICUREZZA

    Il tedesco non fu il solo a perire sul circuito brianzolo: pochi anni prima era toccato al celebre Alberto Ascari, in cui onore la curva del Vialone fu ribattezzata “curva Ascari”, mentre poco tempo dopo fu il turno dell’austriaco Jochen Rindt, poi diventato l’unico Campione del Mondo postumo nella storia del Campionato di Formula 1.

    Il progressivo aumentare della velocità media sui quasi 6 km di asfalto all’interno del Parco di Monza portò a diverse modifiche strutturali a partire dagli anni ‘70, in modo da rendere meno pericolosi i Gran Premi. Alle prime chicane provvisorie arrivarono, nel 1976, tre distinte varianti a livello della parte finale del rettilineo dei box, della curva della Roggia e della curva Ascari.

    Ulteriori interventi per migliorare la sicurezza furono attuati nel 1994, nel 1995 e nel 2000: fu rivista innanzitutto la variante Goodyear (la prima al termine del rettilineo principale), seguita da quella della Roggia assieme alla curva Grande e alle due Lesmo. L’ultimo intervento è datato 2014, quando vennero asfaltate le vie di fuga della Parabolica, al fine di dar maggior spazio di manovra ai piloti di Formula 1.

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    AUTODROMO DI MONZA: COME SI AFFRONTA UN GIRO DI PISTA

    Oggi il Monza Eni Circuit è lungo 5.793 metri e presenta 11 curve, la prima delle quali è la variante Goodyear (o del rettifilo) posizionata al termine del rettilineo principale. Qui le monoposto di Formula 1 raggiungono una velocità massima di 360 km/h, che si riduce a soli 70 km/h quando i piloti arrivano alla staccata in prossimità del cartello dei 100 metri.

    Una volta affrontata la chicane destra-sinistra, ci si lancia verso il curvone Biassono, conosciuto anche come Curva Grande o Curvone: si tratta di una lunga curva a destra ad ampio raggio, da percorrere in pieno fino alla Seconda Variante, o Variante della Roggia. Qui si arriva a oltre 320 km/h e si deve staccare al cartello dei 100 metri, per affrontare un sinistra-destra molto tecnico che porta nel secondo settore, contraddistinto innanzitutto dalle due curve di Lesmo.

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    La prima, Lesmo 1, è una curva a destra da percorrere in quarta marcia senza quasi toccare i freni, mentre la seconda, Lesmo 2, richiede una leggera frenata al cartello dei 50 metri per indirizzare la vettura verso il Serraglio, curva in discesa con una piccola piega a sinistra che permette l’utilizzo del DRS al fine di tentare il sorpasso in vista della variante Ascari.

    Qui si arriva a quasi 340 km/h e si deve staccare molto tardi per portare quanta più velocità possibile nella successione di curve sinistra-destra-sinistra, che immettono nel rettilineo opposto a quello dei box. L’ultimo ostacolo da affrontare prima della bandiera a scacchi è la Parabolica: si stacca al cartello dei 100 metri, si scala fino alla quarta marcia e si decelera dai 340 ai 190 km/h, per poi toccare l’apice in entrata e lasciare scorrere in uscita verso l’esterno, in modo da imboccare il rettilineo successivo alla massima velocità.

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    AUTODROMO DI MONZA: LA VELOCITÀ È TUTTO

    Come è stato per Spa-Francorchamps, anche l’Autodromo di Monza richiede un setup particolarmente scarico a livello di carico aerodinamico, in modo da massimizzare la velocità di punta in ogni settore di pista. Ogni cavallo di motore è fondamentale per centrare il tempo sui 5.793 metri della pista brianzola, visto che 10 cavalli, secondo le simulazioni, equivalgono a circa due decimi di secondo al giro.

    Gli alettoni delle monoposto di Formula 1, quindi, verranno settati su inclinazioni parecchio scariche in vista della gara di domenica, mentre le Power Unit dovranno generare il massimo potenziale a loro disposizione mantenendo, allo stesso tempo, la massima efficienza possibile. In questo senso la MGU-H dovrà essere in grado di generare gran parte dell’energia elettrica necessaria ad affrontare l’intero GP, visto che la MGU-K è in grado di recuperare solamente 650 kJ al giro contro i 3305 kJ della componente gemella. Il cui contributo equivale a 3,5 secondi per giro con un aumento di velocità fino a 20 km/h.

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    Anche l’impianto frenante dovrà essere parecchio efficiente, viste le diverse staccate da affrontare per decelerazioni davvero... al limite. I tecnici della Brembo, in questo caso, hanno valutato Monza come una pista molto impegnativa con valore 8 su una scala da 1 a 10… il che significa che dischi e pastiglie andranno incontro a sollecitazioni per le quali la loro ventilazione dovrà essere davvero ottimale.

    Le gomme, infine, dovranno ottenere la giusta temperatura di esercizio senza andare in surriscaldamento, un problema particolarmente difficile da affrontare per Pirelli e per i vari team a causa delle sollecitazioni longitudinali in frenata e laterali in trazione a cui sono sottoposte. Per il Tempio della Velocità, la Casa della P lunga metterà a disposizione le mescole C2, C3 e C4, vale a dire le P Zero White hard, P Zero Yellow medium e P Zero Red soft

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    AUTODROMO DI MONZA: LA HALL OF FAME DEL GRAN PREMIO D’ITALIA

    Il Monza Eni Circuit è stato la sede privilegiata del Gran Premio d’Italia per 85 edizioni delle 90 totali disputate: le altre cinque sono state disputate a Montichiari (1921), Livorno (1937), Milano (1947), Torino (1948) e Imola (1980). L’albo d’oro della Formula 1 vede attualmente Michael Schumacher come il Re incontrastato del Tempio della Velocità, grazie alle sue cinque vittorie ottenute nel 1996, nel 1998, nel 2000, nel 2003 e nel 2006… a parimerito con Lewis Hamilton, trionfante nel 2012, nel 2014, nel 2015, nel 2017 e nel 2018.

    Il pilota della Mercedes è anche il più veloce sui 5.793 metri della pista brianzola, grazie alle sue sei pole position e i suoi sei giri veloci in gara con i quali ha battuto nientemeno che Juan Manuel Fangio e Ayrton Senna. Hamilton e Schumacher, inoltre, condividono il numero di podi ottenuti in carriera (otto per ciascuno), mentre la Ferrari è certamente il Costruttore (e il motorista) più vincente e veloce di tutta la storia di Monza, grazie alle sue 20 vittorie, 21 pole position, 70 podi e 19 giri veloci.

    A questo punto, non ci resta che augurarvi buona visione per il video qua sotto: è arrivato il momento di scoprire tutti i segreti del Tempio della Velocità brianzolo, grazie alla video-guida di Esteban Gutierrez girata al volante della Mercedes W11 EQ Power+ con il videogioco ufficiale della Codemasters F1 2020!

     

    Edited by VELOCIPEDE

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