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Simracing per tutti
  • Giulio Scrinzi
    Giulio Scrinzi

    Le più belle vetture del simracing: McLaren F1

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    Un’altra perla a quattro ruote, un altro viaggio in una delle automobili da strada (e da corsa) più veloci, potenti ed esteticamente accattivanti di sempre: oltre alle monoposto, chi ha vissuto gli anni ‘90 dell’automobilismo non può non ricordare la McLaren F1, splendida vettura prodotta dalla Casa britannica dal 1992 fino al 1998 in soli 106 esemplari.

    Siamo di fronte a quella che è considerata ancora oggi come una delle più importanti opere ingegneristiche del settore automotive, capace non solo di ritagliarsi la propria fetta di appassionati nel mondo stradale… ma anche di entrare nel cuore di coloro che amano la pista: come dimenticare la vittoria della versione da corsa GTR nella 24 Ore di Le Mans del 1995! Bene, se siete pronti allacciatevi le cinture: oggi andremo a scoprire la mitica McLaren F1!

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    McLAREN F1: BISOGNA BATTERE LA HONDA NSX

    La storia della McLaren F1 inizia al termine del Gran Premio d’Italia di Formula 1 del 1988: all’epoca Gordon Murray, chief designer della McLaren, stava tornando verso il quartier generale della Casa britannica quando pensò a una vettura, originariamente stradale, a tre posti dal peso ridottissimo e dalla potenza elevata. Sul volo di ritorno creò un primo schizzo che poi venne proposto a Ron Dennis, team principal del team McLaren nella massima serie iridata: la volontà era quella di produrre “la vettura da strada definitiva”, altamente influenzata dalla tecnologia messa in campo in ogni weekend di gara dal reparto corse sponsorizzato dalla Marlboro in Formula 1.

    In quegli anni la McLaren era legata alla Honda per la fornitura dei motori, il che fece pensare subito a un possente V10 o V12 giapponese per la futura F1: “Un giorno siamo andati in visita al Research Center della Honda con Ayrton Senna – commenta Murray - Ebbi il privilegio di provare la NSX e, alla fine del test, tutte le vetture che avevo come punto di riferimento, cioè le varie Ferrari, Porsche e Lamborghini erano svanite dalla mia mente e avevano perso senso”.

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    Questo mi fece capire che l’auto che volevamo creare, la McLaren F1, doveva essere sì più veloce della NSX, ma anche sulla sua stessa lunghezza d’onda in termini di handling e comportamento dinamico su strada. Per quanto riguarda il motore, chiesi più volte alla Honda di fornirci un 4.5 Litri V10 o V12, ma i miei tentativi di insistenza non portarono a nulla. Ripiegammo sull’offerta della BMW, che oggi posso dire sia stata la scelta più giusta da fare”.

    McLAREN F1: V12, FIBRA DI CARBONIO E ALI DI FARFALLA

    Da quel momento iniziarono i test di sviluppo, basati inizialmente su due Ultima MK3 kit car utilizzate come “muletti” per mettere a punto le varie parti della F1. In poco tempo presero vita cinque prototipi, con sigla identificativa progressiva da XP1 a XP5 che differivano l’uno dall’altro di pochi dettagli. 

    Benchè l’unveiling ufficiale di questa McLaren fu organizzato nel 1992, le prove relative agli standard di sicurezza continuarono fino all’anno successivo: nell’aprile del 1993, infatti, il prototipo XP1, mai verniciato e con la fibra di carbonio esterna a vista, venne portato in Namibia dove purtroppo venne perso a causa di un incidente durante i collaudi. La stessa sorte toccò all’XP2, mentre l’XP3 e l’XP4 furono sfruttati per provare a fondo rispettivamente la durabilità della scocca sul lungo periodo e la resistenza del cambio in tutte le condizioni di guida.

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    E mentre l’XP5 diventò il prototipo di “marketing” per la campagna di lancio della F1, fu l’XP2 ad accollarsi l’onere di andare sotto i riflettori dello Sporting Club di Monaco, durante la presentazione stampa del 28 maggio 1992. La vettura, in quell'occasione, fu costruita con il bodywork definitivo, poi modificato per includere gli specchietti e gli indicatori di direzione che, al contrario, non erano stati installati. 

    La reazione di tutto il mondo dell’automotive fu unanime: la McLaren F1 era stupenda e poteva vantare soluzioni ingegneristiche di primo livello, tra cui il possente motore V12 BMW S70/2 da 618 cavalli, il telaio con struttura monoscocca in fibra di carbonio rinforzata a polimeri, l’aerodinamica direttamente derivata dalle monoposto del Circus iridato con la downforce generata dall’effetto suolo… e le portiere con apertura ad ali di "farfalla", che la rendevano esteticamente diversa da tutte le sue avversarie.

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    McLAREN F1: PROPRIO COME UNA MONOPOSTO

    Ma andiamo a scoprire nei dettagli tutte le caratteristiche di questa vettura, iniziando proprio dal suo motore: dopo il “forfait” della Honda, la McLaren accettò la partnership con la BMW, che creò per la F1 l’S70/2, un V12 da 6.1 Litri montato centralmente con sistema “double-VANOS”, che garantiva il timing variabile dell’apertura e della chiusura delle quattro valvole per cilindro. Una soluzione avveniristica per l’epoca, che sposava la filosofia della massima flessibilità su tutto l’arco di rotazione del motore oltre alle migliori prestazioni possibili, nell’ordine di ben 618 cavalli a 7.400 giri/min e 650 Nm a 5.600 giri/min. Con questi numeri la McLaren F1 era in grado di coprire lo scatto 0-100 km/h in soli 3,7 secondi per una velocità massima di ben oltre 350 km/h.

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    Un’altra caratteristica del motore della F1 era data dal fatto che le elevate performance richieste per diventare “la vettura stradale definitiva” resero necessario l’utilizzo di 16 grammi di oro come isolante termico, al fine di limitare le crescenti temperature che si generavano durante il suo utilizzo. Una feature ben visibile quando si apriva il suo cofano motore posteriore, inserito in uno chassis con telaio monoscocca in fibra di carbonio rinforzato a posizione di guida centrale.

    Nell’abitacolo, infatti, il pilota era posizionato centralmente, giusto davanti al serbatoio, al motore e ai due sedili posteriori per i passeggeri, a cui si aveva accesso attraverso le innovative portiere con apertura ad “ali di farfalla”, per le quali Murray Gordon prese spunto dalla Toyota Sera. A livello aerodinamico, invece, la F1 utilizzava delle soluzioni “attive” direttamente mutuate dal mondo delle monoposto della massima serie automobilistica.

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    Con un coefficiente aerodinamico di resistenza all’aria pari a 0,32, la McLaren F1 non aveva nessun vistoso alettone che l’aiutasse a produrre la downforce necessaria per farla rimanere incollata all’asfalto. Al contrario, sfruttava il famoso “effetto suolo” garantito dalla particolare geometria del suo fondo assieme al diffusore posteriore e alla presa d’aria sul tettuccio, che dirigeva l’aria in pressione verso il motore per una migliore efficienza e un raffreddamento ottimale dell’unità propulsiva. La presenza di due ulteriori prese d’aria elettriche in Kevlar posizionate all’avantreno permetteva un incremento della downforce totale, oltre a una perfetta gestione del Centro di Pressione dell’intera struttura.

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    Al posteriore, invece, un piccolo spoiler aggiustava automaticamente il bilanciamento della vettura quando questa si trovava in frenata, aumentando il coefficiente aerodinamico da 0,32 a 0,39 per velocità superiori alle 40 miglia all’ora. Passando alle sospensioni, la F1 venne costruita tenendo ben a mente che doveva diventare, in fin dei conti, una vettura sportiva stradale, per cui le tarature non furono improntate alla massima rigidità ma piuttosto coerenti a un utilizzo il più possibile confortevole e con vibrazioni limitate. In termini di impianto frenante, invece, Murray decise di equipaggiarla con della componentistica Brembo in alluminio, visto che i freni carboceramici in carbonio rappresentavano una soluzione ancora poco matura per l’epoca.

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    Per quanto riguarda l’abitacolo, la McLaren F1 era meno “estrema” rispetto a quanto proponeva, per esempio, la Ferrari F40 che abbiamo visto qualche tempo fa. Il sedile era completamente regolabile a seconda delle preferenze del pilota, che poteva godere anche del sistema di condizionamento, della radio Kenwood con sistema stereo CD e di tutta la componentistica necessaria per un utilizzo “quotidiano”. Gli ingegneri della McLaren trovarono persino lo spazio per ospitare le valigie, qualora si decidesse di utilizzare la F1 per andare in vacanza!

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    McLAREN F1: ARRIVA LA GTR

    In seguito al suo lancio ufficiale come vettura stradale, molti team provenienti dal mondo del motorsport furono attratti dalle prestazioni e dalle caratteristiche della McLaren F1, al punto da chiedere alla Casa britannica di costruire al più presto una variante da pista da utilizzare nelle competizioni GT, per la precisione nella neonata BPR Global GT Series che sarebbe diventata, dal 1997, il FIA GT Championship. 

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    Nacque così la ben conosciuta McLaren F1 GTR, sviluppata nel 1995 a partire dal telaio numero 19 che sarebbe diventato il famoso #01R tutt’oggi conservato nel museo del marchio inglese. Dal momento che la F1 stradale era già molto simile a una vettura da corsa, con la quale tra l’altro condivideva gran parte della componentistica, la F1 GTR ottenne solamente delle leggere rifiniture: tra queste l’introduzione di alcune prese d’aria aggiuntive sul musetto, un alettone completamente regolabile in coda e freni carboceramici. Per quanto riguarda il motore, la F1 GTR dovette utilizzare un air restrictor per ottenere l’omologazione alle BPR Global GT Series, il che limitava la sua potenza a “soli” 592 cavalli.

    Benchè teoricamente meno prestante della vettura di serie, la GTR ovviamente era più veloce grazie al suo peso inferiore e alle sue soluzioni ingegneristiche espressamente votate all’uso in pista. Il suo debutto avvenne proprio nel 1995, quando prese parte anche alla 24 Ore di Le Mans: per l’occasione la McLaren decise di fornire al team Kokusai Kaihatsu il telaio #01R che era stato finora utilizzato come “muletto”, risultando subito vincente nonostante la presenza delle agguerrite Porsche e Ferrari.

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    Un ottimo biglietto da visita per la McLaren, che nel 1996 aggiornò la GTR al fine di fronteggiare al meglio l’ascesa delle minacciose Porsche 911 GT1. Tra le modifiche introdotte la Casa britannica optò per un nuovo bodywork all’anteriore e al posteriore, con un splitter più largo facilmente removibile in caso di riparazioni, e componenti meccaniche del cambio riviste, per un alleggerimento complessivo di 38 kg rispetto alla versione dell’anno precedente. Quella del 1996 fu la GTR più veloce in assoluto, capace di staccare i 330 km/h sul Mulsanne Straight durante la 24 Ore di Le Mans.

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    Queste modifiche, in realtà, furono il preludio all’introduzione della variante “long tail” del 1997, resa necessaria per andare incontro al nuovo regolamento del FIA GT Championship. Lo scopo era quello di guadagnare quanta più downforce aerodinamica possibile, il che portò a un allungamento sia del muso, con passaruota più aperti al fine di massimizzare il grip delle gomme, che della coda, con un inedito alettone allargato che aiutava nella ricerca delle prestazioni.

    L’altezza da terra, invece, fu equiparata tra avantreno e retrotreno in 70 mm, mentre il motore fu ridotto nella sua cubatura a 5.990 cc al fine di aumentare la sua longevità, fermo restando la sua capacità di erogare una potenza di circa 600 cavalli ora gestibili attraverso un cambio sequenziale a sei marce. A tutti gli effetti, la F1 GTR del 1997 era decisamente differente da quelle precedenti, il che costrinse la McLaren a produrre una versione di serie, in soli tre esemplari, simile a quella da corsa per ottenere l’omologazione FIA: la F1 GT.

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    Benchè completamente rivista, la versione del 1997 non ebbe un grande successo in pista: era più lenta sul rettilineo di Le Mans e non riusciva a contrastare l’egemonia delle sue rivali, lasciando alle varianti del 1995 e del 1996 tutte le vittorie della sua storia da corsa. Il suo cavallo di battaglia? Sicuramente il V12 BMW aspirato naturalmente, come riportato da Mark Blundell nell’intervista successiva alla conquista del quarto posto nella 24 Ore di Le Mans del 1995, dove la F1 GTR raggiunse l’apice del suo successo.

    Questa vettura non è stata progettata per essere un’auto da corsa, quindi sotto tanti aspetti non si è rivelata la macchina più bilanciata del mondo. Ci ha salvato il suo motore BMW: è incredibile il modo in cui riesca a spingere come un treno anche se ti trovi in sesta marcia a 2000 giri/min. Sotto la pioggia, tra l’altro, puoi utilizzare rapporti più elevati e ti permette di mitigare gran parte dei problemi di trazione dovuti alla guida sul bagnato, come accaduto in quest’edizione della 24 Ore. In termini di bilanciamento, però, la F1 GTR si è dimostrata forse troppo pesante, e anche aerodinamicamente non mi ha convinto. Nonostante tutto, però, il suo lavoro l’ha fatto”.

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    McLAREN F1: LE ALTRE VERSIONI DA CORSA

    Subito dopo la vittoria alla 24 Ore di Le Mans del 1995, la McLaren non solo ritirò il telaio #01R concesso per l’occasione al team Kokusai Kaihatsu, ma decise di produrre anche una serie limitata della F1 che celebrasse questa grande conquista della Casa britannica nel mondo delle corse. Nacque così la F1 LM, il cui acronimo sta per “Le Mans”: basata sulla GTR dello stesso anno, si trattava di una vettura da corsa con specifica “road legal”, il che le ha permesso di diventare la versione più estrema di questo capolavoro a quattro ruote.

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    La LM, infatti, è più bassa e rigida della F1 standard, rispetto alla quale non presenta il sistema di soppressione delle vibrazioni nell’abitacolo né il sistema audio della Kenwood o la tecnologia ad effetto suolo con spoiler dinamico al posteriore. Al contrario, la LM sfrutta le soluzioni ingegneristiche della GTR, tra cui il suo motore da 671 cavalli ottenuti senza gli air restrictor che erano previsti dal regolamento originario delle BPR Global GT Series.

    Con un peso ridotto di 60 kg rispetto alla F1 standard e un’aerodinamica direttamente derivata dalla GTR del 1995, la LM fu prodotta solamente in cinque esemplari nel colore Papaya Orange dedicato al grande Bruce McLaren, con un sesto modello utilizzato come prototipo per i successivi aggiornamenti e poi conservato dalla Casa britannica nel proprio museo.

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    Nello stesso periodo di produzione della LM, due F1 standard, con numeri di telaio 073 e 018, ricevettero un upgrade per incontrare le specifiche del modello Le Mans: diventarono le famose F1 HDK, provviste dello stesso motore della GTR del 1995 e con un pacchetto speciale per aumentare la downforce complessiva della struttura, chiamato Extra High Downforce Kit. Da qui il nome di questa versione, che a differenza della LM era più “stradale” grazie a un abitacolo più confortevole e a sospensioni più soffici per un utilizzo quotidiano.

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    L’ultima incarnazione della McLaren F1 arrivò nel 1997… come “homologation special”. La necessità di modificare ampiamente la GTR per incontrare il nuovo regolamento del FIA GT Championship e fronteggiare ad armi pari l’avanzata delle Porsche e delle Mercedes costrinse la McLaren a produrre una serie limitata stradale della F1, che permettesse appunto l’omologazione della nuova GTR. Ecco, quindi, il perchè è nata la F1 GT, versione “road legal” della sua controparte da corsa con la quale condivideva il bodywork anteriore e posteriori rivisti, tuttavia senza alettone perché non ritenuto necessario. Di questa vettura furono prodotti solamente tre esemplari: uno, il prototipo XP GT, è ancora presente nel museo McLaren mentre due sono stati venduti regolarmente con i telai 054 e 058.

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    McLAREN F1 GTR: LA RABBIA DEL V12 BMW

    Nel nostro mondo simulato, la mitica McLaren F1 GTR è guidabile sul noto simulatore Assetto Corsa, parte del famoso Dream Pack 1 che, nel 2015, introdusse anche il circuito del Nurburgring Nordschleife: conosciuto con il nome di “The Green Hell”, questa pista è andata ad impreziosire il tradizionale tracciato del Nurburgring GP, dove nel video qua sotto potete vedere in azione la GTR con la mitica livrea “Fina” utilizzata dal team BMW Motorsport ufficiale. Buona visione!

     

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