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  1. Primo maggio: per la gente comune è la festa dei lavoratori, mentre per gli appassionati di Formula 1... è il giorno più triste di sempre. In quella precisa giornata del 1994, infatti, perse la vita uno dei più forti piloti della storia: Ayrton Senna. Un pilota, e ancora prima un uomo, eccezionale, capace di portare al limite qualsiasi vettura e che, fino a quel momento, aveva deliziato il Grande Circo della Velocità con tre Titoli Mondiali - tutti firmati McLaren. In questa monografia non vogliamo approfondire cosa è andato storto in quel maledetto weekend di gara sull'Autodromo di Imola, dove al venerdì si schiantò anche Rubens Barrichello e al sabato perì l'austriaco Roland Ratzenberger alla variante Villeneuve, ma piuttosto andremo a scoprire tutti i segreti dell'ultima monoposto del "Campeao". Quella Williams FW16 motorizzata Renault che, dopo il cambio di regolamento, non seppe confermarsi al vertice come avevano fatto in precedenza la FW14B di Mansell e la FW15C di Prost. WILLIAMS FW15C: LA PIU' TECNOLOGICA DI TUTTO IL PADDOCK Dopo i successi del "Baffo" più veloce d'Inghilterra, al fianco del nostro Riccardo Patrese la Williams ingaggiò per il 1993 il rientrante Alain Prost, che al termine della stagione 1991 si era preso un "anno sabbatico" in seguito al licenziamento in tronco dalla Ferrari. La vettura che trovò nel box del team britannico era l'evoluzione di quella utilizzata nel 1992, a prima vista identica a livello estetico ma in realtà molto differente sotto il profilo tecnico. Muso più affilato, linee più snelle e affusolate, un’ala anteriore più sinuosa e dotata di flap rivisti e quella posteriore più larga, con tanto di “terzo elemento" per le piste da alto carico aerodinamico. Queste alcune delle caratteristiche più importanti della FW15C, a cui si aggiunsero il potentissimo V10 Renault RS5 di quinta generazione - che incrementava di 30 cavalli la potenza del propulsore del 1992 per un totale di 760 CV - e il sistema di sospensioni attive, che richiese un alleggerimento del telaio al fine di contrastare il loro elevato peso unitario per rimanere all'interno della finestra ottimale di massa a pieno carico prevista dalla FIA. Nonostante questo dettaglio, le "active suspension" a controllo elettronico della FW15C erano in grado di variare in corsa il setup della vettura attraverso apposite regolazioni da parte del pilota sul volante oppure dai box attraverso il computer. Si poteva, per esempio, alzare o abbassare l’avantreno per far avvicinare il muso all’asfalto, consentendo al diffusore di stallare in rettilineo in modo da avere minor carico aerodinamico e, quindi, una più alta velocità di punta. Oppure regolare l'altezza da terra in tempo reale a seconda del tratto di pista da percorrere, in base al carburante a bordo e senza mai penalizzare l’aerodinamica né causare un degrado eccessivo degli pneumatici. Compreso nel pacchetto anche l'innovativo sistema chiamato "Rake", che garantiva un surplus di potenza nell'ordine di circa 300 giri al minuto in più per qualche frazione di secondo, così come il traction control, i freni anti-bloccanti, il controllo fly-by-wire dell’acceleratore, le valvole pneumatiche, la trasmissione semi-automatica (che poteva diventare completamente automatica finchè il pilota non riprendeva il comando delle levette al volante) e il famoso sistema CVT, quello della trasmissione continua variabile che, tuttavia, venne sfruttato solamente nei test. WILLIAMS FW16: COME ROVINARE UNA MONOPOSTO VINCENTE... Tale dotazione, tuttavia, nascondeva un grande tallone d'Achille: la FW15C, infatti, era talmente sofisticata che richiedeva tre computer per essere avviata. Questo dettaglio le permetteva sì di essere letale in pista, ma anche difficilmente controllabile nel caso in cui i sistemi che la tenevano in vita andavano in crash. Quando questo accadeva, o quando i computer mal interpretavano i dati raccolti dai sensori in pista, la FW15C diventava molto nervosa, molto instabile in frenata e con la tendenza a bloccare le gomme posteriori durante le scalate. Un comportamento molto simile a quello manifestato "di serie" dalla successiva FW16, che di fatto dovette abbandonare tutti i prodigi elettronici della monoposto da cui derivava per aderire perfettamente al nuovo cambio regolamentare voluto dalla Federazione per la stagione 1994. Con un bodywork leggermente rivisto a livello di cofano motore (dal più basso profilo), sidepods (più alti) e sospensioni posteriori (dal nuovo design), la nuova creatura della Williams mantenne solamente il power-steering e la trasmissione semi-automatica e questo, già dai test, rese evidente tutti i suoi problemi di guida quando si cominciava a raggiungere il limite. Sia Ayrton Senna che la seconda guida Damon Hill si resero ben presto conto che la FW16 poteva contare su una finestra molto, molto piccola nella quale essere veramente competitiva in pista, per la quale servivano modifiche specifiche a livello di setup sia all'avantreno che al retrotreno. La piattaforma, del resto, era quella della FW15C e quindi la sua aerodinamica era in realtà progettata per funzionare in maniera efficiente su una monoposto attiva, e non passiva come quella del 1994. WILLIAMS FW16B: CON MANSELL VINCE IL TITOLO COSTRUTTORI Per ovviare alle perdite di aderenza repentine nelle curve a bassa velocità furono necessarie ben presto modifiche importanti all'intera struttura: già dai primi Gran Premi (e successivamente alla tragedia di Imola), gli ingegneri della Williams introdussero un profilo diverso del muso anteriore, che comportò un'ala anteriore dall'altezza da terra maggiorata e una forma del cockpit decisamente rivista. Dal GP di Spagna arrivarono nuovi bargeboards, in Canada un airbox più efficiente: solo in Germania, tuttavia, giunse la tanto attesa FW16B, praticamente rivoluzionata rispetto a quella di inizio stagione. Il passo fu allungato, i sidepods accorciati e l'aerodinamica anteriore e posteriore riprogettate e più funzionali: in questo modo la nuova versione del motore Renault, l'RS6 da 830 cavalli abbinato a un cambio sequenziale (e non più automatico) a sei marce, poteva essere sfruttata a dovere e rivelò una vettura in realtà molto veloce e competitiva. In Belgio, a Monza e in Portogallo Damon Hill si confermò sempre sul gradino più alto del podio, recuperando terreno sulla Benetton di Schumacher che, tuttavia, ebbe la meglio nell'ultimo appuntamento di Adelaide, in Australia. Qui il tedesco arrivò al contatto con il rivale britannico, che tornando ai box dovette piegarsi all'evidenza di un braccetto della sospensione anteriore sinistra ormai irrimediabilmente piegato. Gara finita e Titolo Piloti al Barone di Kerpen... ma non quello Costruttori, conquistato grazie all'ultima vittoria in carriera di Nigel Mansell chiamato in sostituzione della terza guida (diventata seconda dopo la morte di Senna) David Coulthard. Una soddisfazione di poco conto se pensiamo che la stagione 1994 della Williams era stata già persa in partenza con la tragedia del grande Ayrton Senna, in un Gran Premio di San Marino che bollò la FW16 motorizzata Renault come una monoposto poco competitiva nelle mani di qualsiasi altro pilota ma, soprattutto, poco sicura per le sue grandi lacune a livello aerodinamico. Una vettura che verrà ricordata come la "bara" del pilota brasiliano, che abbiamo voluto ricordare con un giro veloce sul simulatore Assetto Corsa: ciao Campione!
  2. Il grande Ayrton Senna rimarrà per sempre nella storia della Formula 1 grazie alle sue imprese al volante delle formidabili McLaren-Honda del 1988, del 1990 e del 1991: la pole position ottenuta sul circuito di Montecarlo a bordo della MP4-4, con cui fermò il cronometro sull’1’23’’998, fece rimanere di stucco tutti i suoi avversari, tra i quali un Alain Prost che, a parità di vettura, pagò quasi 1 secondo e mezzo sul singolo giro lanciato. Per arrivare a questi livelli, tuttavia, “Magic” dovette percorrere tutti i gradini necessari per costruire una carriera da Campione con la C maiuscola, nella quale trascorse un paio di stagioni anche al volante delle potentissime Lotus britanniche. Dopo un 1984 in Toleman, dove si distinse per il secondo posto sotto la pioggia sempre a Monaco, il brasiliano passò al reparto corse del compianto Colin Chapman, dove si mise al volante di quelle 97 e 98T caratterizzate dalla splendida livrea nero-oro con tanto di sponsor “John Player Special”. La prima portata in pista da Senna era quindi la 97T, evoluzione della precedente 95T dalla quale si distingueva per alcuni dettagli “presi in prestito” dalla 96T, originariamente destinata per il Campionato Indycar. Disegnata dalla coppia Gérard Ducarouge – Martin Ogilvie, questa monoposto poteva contare su un telaio monoscocca in fibra di carbonio e kevlar, su un design molto pulito e filante ma, soprattutto, sul potentissimo 1.5 Litri turbo-compresso EF15 V6 “Renault Gordini”, capace di erogare mediamente in gara una potenza di 810 cavalli. Per l’epoca si trattava di un’unità decisamente competitiva, anche se molto esosa in fatto di consumi: in due Gran Premi, per la precisione in quello di San Marino e in quello di Gran Bretagna, Ayrton dovette infatti ritirarsi a pochi giri dalla fine perché era rimasto senza benzina, il che condizionò una stagione allo stesso tempo molto interessante sul fronte dei risultati. Il brasiliano, infatti, centrò quattro pole position consecutive nella prima parte del Campionato e due vittorie, in Portogallo (la sua prima in assoluto) e in Belgio. Questo gli permise di partire con maggior fiducia nella stagione successiva, dove ai box lo aspettava la nuovissima Lotus 98T: rispetto alla vettura precedente la nuova monoposto britannica era più bassa e poteva contare su un propulsore EF15 in versione “Bis” davvero innovativo sul lato dell’elettronica. Presenti all’appello, infatti, c’era la gestione dei consumi completamente computerizzata, il sistema di raffreddamento tramite intercooler e quello di regolazione dell’altezza da terra, che in realtà destò alcuni sospetti da parte della FIA in merito alla sua aderenza al regolamento sportivo del Mondiale di Formula 1. Il cambio, invece, era un Hewland/Lotus a cui il reparto corse inglese aggiunse la sesta marcia: una modifica interessante che, purtroppo, portò tanti problemi di affidabilità, il che convinse Senna a fare un passo indietro per tornare alla vecchia trasmissione a cinque rapporti. Per quanto riguarda il motore, invece, la Renault portò in campo quello che è definito come uno dei propulsori più potenti di tutta la storia della Formula 1, capace di raggiungere la straordinaria quota di 1250 cavalli in versione da qualifica con pressione della turbina a 5,2 bar. Un’unità all’apparenza stratosferica, ma che né nelle mani di Senna né in quelle del suo compagno di squadra Johnny Dumfries riuscì a ottenere i risultati sperati: il brasiliano iniziò la stagione da vero protagonista, con tre pole position suggellate da un secondo posto nel round d’apertura di Jacarepaguà e da una vittoria a Jerez, per poi mostrare un rendimento altalenante completato da un solo altro successo a Detroit e cinque piazzamenti a podio. L’inglese Dumfrey, invece, arrivò al massimo al quinto posto nella cornice dell’Hungaroring, ma del resto, con Senna dall’altra parte del box, l’attenzione era praticamente tutta rivolta sul Campione carioca. “Nel 1986 ero il compagno di Ayrton alla Lotus. Provai la 98T per la prima volta al Paul Ricard, in Francia. In assetto da qualifica, era una vettura fantastica, ma gli pneumatici si logoravano davvero molto velocemente, facendo diventare la vettura difficile da guidare – ha commentato l’ex pilota scozzese - A seconda dei casi ti potevi ritrovare con problemi di sottosterzo o sovrasterzo. Ricordo che il motore aveva circa 900 cavalli ed in qualifica bloccavamo le valvole regolatrici della pressione di sovralimentazione e poi allungavamo tutti i rapporti, ecco da dove arrivava tutta quella potenza! Renault era sempre molto restia nel rivelare la potenza specifica, ma addirittura c’è chi dice che avevamo 1000 cavalli in prova”. “Era un propulsore versatile. Avevo provato una Brabham-Bmw ed era assolutamente brutale. Un attimo prima non avevi potenza, un attimo dopo ne avevi anche troppa. Il Renault aveva invece molta più progressione – ha continuato Dumfries - Ogni propulsore costava 800 dollari e noi ne usavamo due per le qualifiche di ogni pilota. Al termine, erano da buttare: spendevamo 3.200 dollari per ogni sessione di qualifica e ogni propulsore percorreva al massimo cinque o sei chilometri. Il valore di pressione più alto di quel tempo fu di 5.2 bar, ossia qualcosa come 1250 cavalli. Il vero problema, tuttavia, era il cambio. Iniziai la stagione con quello a 5 rapporti, ma Lotus lo aveva sviluppato portandolo a 6 rapporti. Feci molti test, ma era un incubo: ruppi praticamente ogni componente di quel cambio, tanto che quando lasciai la Lotus, mi diedero un trofeo con tutti i pezzi saldati insieme”. Per Johnny Dumfries quella fu la prima e unica stagione corsa in Formula 1, mentre per Ayrton Senna l’esperienza in Lotus rappresentò il vero trampolino di lancio per diventare la stella più brillante dell’armata McLaren-Honda, che lo ingaggiò in seguito a un 1987 in cui la vettura, la successiva 99T, cambiò radicalmente le sue caratteristiche. Dai motori Renault si passò a quelli marchiati Honda, mentre quella splendida livrea nero-oro della John Player Special fu soppiantata da quella tutta gialla della Camel. Con Ayrton Senna al volante, tuttavia, anche colorata così la piccola Lotus era una monoposto davvero speciale…
  3. Un’altra monoposto classica, un altro gioiello sceso in pista con al volante il mitico Ayrton Senna. Dopo l’affilatissima McLaren-Honda MP4/4 del 1988, che conquistò in quella stagione sia il Titolo Piloti che quello Costruttori, il Mondiale di Formula 1 vide diventare sempre più splendente la stella del pilota brasiliano, costantemente davanti a tutti in qualifica e sempre più aggressivo e determinato in gara. Merito non solo del suo talento cristallino, ma anche di vetture estremamente competitive come quelle messe a disposizione dal team di Woking: queste seguirono un’evoluzione che passò dal V8 della MP4/4 al V10 delle successive MP4/5 e 5B, per arrivare al rabbioso dodici cilindri a V della MP4/6 del 1991, protagonista di questa monografia e, ovviamente, iridata con il driver carioca nel suo abitacolo. McLAREN-HONDA MP4/6: LE ORIGINI Con 15 vittorie su 16 Gran Premi ottenuti al volante della MP4/4 del 1988, il team McLaren-Honda guardava con assoluta fiducia alla stagione successiva, un 1989 in cui la FIA aveva cambiato il regolamento mettendo al bando i motori turbocompressi. Per il reparto corse britannico questo significò che era giunto il momento di ripartire da capo: grazie al profondo legame con il motorista giapponese, la McLaren ottenne un nuovo propulsore per la monoposto di quell’anno, vale a dire un V10 aspirato da 3.5 Litri con angolo tra le bancate di 72° ed una potenza di quasi 700 cavalli. Si trattava dell’unità Honda RA109E che avrebbe equipaggiato la MP4/5, disegnata a da Steve Nichols sotto la supervisione di Neil Oatley: una vettura che si differenziava dalla precedente per una riduzione generale della carrozzeria, soprattutto al retrotreno dove l'effetto “coca-cola” della vecchia MP4/4 era talmente accentuato che andava a scomparire a livello della scocca. Dal momento che utilizzava un motore aspirato, venne reintrodotto sopra la testa del pilota un air-scope maggiorato in modo che garantisse un lieve incremento di pressione dell'aria e, quindi, di potenza erogata alle alte velocità. Inoltre, era ancora una delle pochissime vetture ad essere dotata del cambio manuale a sei rapporti, su trasmissione longitudinale per la prima metà del 1989 passata poi a quella trasversale per tutto il 1990. McLAREN-HONDA MP4/6: SENNA CONTRO PROST I piloti prescelti per portarla in pista erano quelli del 1988: da una parte Ayrton Senna, dall'altra Alain Prost. La loro rivalità aveva raggiunto livelli davvero elevati, ma questo non impedì di far centrare alla nuova arma a quattro ruote firmata McLaren il Titolo Costruttori del 1989, grazie a dieci vittorie messe in cassaforte (sei di Senna e quattro di Prost). Il Titolo Piloti, invece, si risolse nella penultima tappa di Suzuka, entrata nella storia della Formula 1 per quella famosa collisione tra i due Campioni dellla McLaren alla chicane Casio Triangle, dalla quale il pilota carioca ripartì tagliando la variante grazie all’aiuto dei commissari di pista. Tornato ai box per cambiare il musetto danneggiato, Ayrton vinse la corsa… ma venne squalificato a favore di Alessandro Nannini: la manovra da lui compiuta fu ritenuta irregolare e questo sancì la conquista del Terzo Mondiale per il suo rivale francese. Le polemiche non mancarono, ma ormai si stava guardando al 1990: Prost, avvelenato dalla competizione in casa con Senna, lasciò la McLaren e si accasò in Ferrari con la rinnovata 641, mentre al brasiliano venne affidata la versione evoluta della monoposto 1989, la MP4/5B. Nella stagione precedente il modello standard aveva dato qualche problema di affidabilità a livello di lubrificazione, grattacapi che i tecnici di Woking tentarono di risolvere con la nuova versione della vettura inglese. Essenzialmente si trattava di una MP4/5 leggermente rivista nella posizione dei serbatoi del carburante, nell'ala anteriore e posteriore ridisegnate e nel bodywork posteriore riprogettato attorno a dei radiatori allargati. A livello di propulsore si puntò di nuovo a un V10 aspirato, evoluzione diretta del precedente: la MP4/5B fu equipaggiata con l’Honda RA100E, molto simile al “109” ma migliorato sotto l'aspetto, appunto, dell'affidabilità in gara. Questo le garantì nuovamente una stagione ad altissimo livello, con sei vittorie stagionali colte interamente da Ayrton Senna… che a Suzuka si prese addirittura la rivincita sul rivale transalpino. In quell’occasione la loro gara durò solamente poche centinaia di metri dopo il via, quando il brasiliano andò a speronare la Ferrari del francese. In questo modo Senna diventò per la seconda volta in carriera Campione del Mondo, ma in un modo altamente vendicativo, che lui stesso poi ritenne poco corretto. McLAREN-HONDA MP4/6: DA DIECI A DODICI CILINDRI Il 1991, fortunatamente, era alle porte, anche se l’armata delle Williams-Renault con Nigel Mansell e Riccardo Patrese si stava facendo sempre più competitiva: in quella stagione il team britannico portò in scena la mitica FW14 (poi diventata FW14B nel 1992) dotata di un motore V10 che spinse la Honda a rivedere i propri piani. Fino a quel momento la casa giapponese aveva puntato sull'architettura a 10 cilindri, una scelta effettuata in anticipo rispetto alla concorrenza che risultò di una superiorità quasi imbarazzante nel 1989 ma che antepose notevolmente il limite di sviluppo del propulsore nelle stagioni successive. Proprio all'inizio degli anni '90, infatti, i motori Renault V10 e Ferrari V12 cominciavano ad essere decisamente più affidabili e prestanti, il che costrinse la Casa dall'Ala Dorata a puntare per il 1991 su un'unità riprogettata praticamente da zero. La strada intrapresa fu quella di un motore V12, chiamato RA121E e montato per la prima volta su una MP4/5B in versione “muletto” con telaio modificato (rinominata MP4/5C): i tecnici giapponesi lo ritenevano superiore al V10 perchè capace di girare a regimi di rotazione inferiori a parità di potenza erogata, anche se poi si dimostrò molto complesso da gestire per i maggiori ingombri e per il peso aggiuntivo derivante da due cilindri in più. La base, quindi, era un 12 cilindri a V da 720 cavalli con angolo tra le bancate di 60°, sì più pesante rispetto al vecchio V10 ma comunque ben bilanciato per l'assenza dei contralberi di equilibratura. Per quanto riguarda la distribuzione venne scelta la cascata di ingranaggi (il sistema a cinghie sincrone non aveva dato i frutti sperati) che permetteva un regime massimo di rotazione di 15.000 giri/min ma con richiamo delle valvole (in leghe di titanio) gestito da molle d'acciaio senza il ritorno pneumatico. Nella fase di sperimentazione il nuovo motore garantiva un rapporto alesaggio/corsa di 1,54, molto simile al vecchio V10 e che consentiva di raggiungere la potenza massima di quest'ultimo ad un regime di circa 800 giri/min in meno. Tuttavia, risultava comunque meno potente rispetto al 10 cilindri Renault perchè quest'ultimo non soffriva dei fenomeni di risonanza delle molle dal momento che queste erano gestite con il ritorno pneumatico. Per ovviare a ciò, la Honda incrementò il suddetto rapporto a 1,74, introducendo inoltre un sistema di collettori di aspirazione a lunghezza variabile per migliorare la curva di coppia e la qualità di erogazione. L'utilizzo dei carburanti Shell HE (High Energy), tuttavia, fu un'arma a doppio taglio per il reparto corse di Woking: da una parte garantiva un incremento prestazionale di potenza rispetto alle Williams di circa 90 cavalli, ma dall'altra causava all'RA121E dei grossi problemi di lubrificazione. Già l'utilizzo di un V12 sul telaio modificato della MP4/5C, destinato in origine ad un V10 e che poi venne utilizzato per la MP4/6, aveva creato gravi scompensi sulla nuova vettura per via della sua maggior lunghezza e complessità, in più l'eccessivo fenomeno della centrifugazione dell'olio motore nel caso di alti valori di accelerazioni laterali causava frequenti cedimenti dei cuscinetti per il fatto che questi non venivano lubrificati a dovere. Per ovviare a questa mancanza, la McLaren decise di far funzionare la sua nuova monoposto con un eccesso di olio e con un impianto di ricircolo molto complesso che rese evidenti le frequenti fumate azzurrognole durante le prime gare del 1991, sintomo di residui di olio motore che, durante la stagione, vennero drasticamente ridotti con il miglioramento di tale sistema. L'RA121E, comunque, rimase decisamente inaffidabile anche per le modifiche effettuate sui combustibili con valori di densità e viscosità differenti da quelli utilizzati ad inizio Campionato, dei cambiamenti che richiedevano una ritaratura dei flussometri sulle nuove vetture la quale, tuttavia, non venne fatta. Ciò ingannava il computer di bordo, che segnalava più benzina nei serbatoi di quanta in realtà non ci fosse: per questo motivo in diverse gare Senna e Berger rimasero a piedi, e fu eclatante il passaggio che Mansell diede al brasiliano alla fine del GP di Gran Bretagna del 1991, proprio perchè Ayrton era rimasto senza carburante all'ultimo giro. McLAREN-HONDA MP4/6: COMPETITIVA PER MERITO DI SENNA Con questi presupposti prese vita la MP4/6: progettata da Neil Oatley, fu l'ultima vettura a vincere un Campionato del Mondo con un motore V12 ed il tradizionale cambio manuale ad H a sei rapporti. Era esteticamente molto simile alla vecchia MP4/5B, ma presentava delle differenze strutturali ben precise per sostenere il nuovo propulsore 12 cilindri: il telaio era più solido in termini di rigidità torsionale e poteva ospitare dei serbatoi più grandi per soddisfare l'assettato RA121E. Anche le sospensioni vennero modificate, con il sistema pushrod attivo montato proprio davanti all'abitacolo invece che installato verticalmente ai lati delle ruote. Durante la stagione, inoltre, il propulsore Honda fu soggetto a ben tre specifiche di sviluppo, con l'ultima (la Spec 3) che introduceva teste dei cilindri e alberi a camme alleggeriti per una maggiore potenza ai regimi intermedi. Rispetto alle Williams FW14 e alle Tyrrell 020, la MP4/6 era però piuttosto convenzionale (non presentava il musetto rialzato, per esempio), ed il fatto che Senna riuscì a portarla alla vittoria nel Mondiale 1991 fu dovuta soprattutto per i “difetti di gioventù” della nuova arma di Nigel Mansell. L'inaffidabilità, soprattutto a livello di elettronica, della vettura di Grove consentì al brasiliano un inizio stagione con ben quattro vittorie, tra le quali l’indimenticabile impresa che portò a termine sul suo circuito di casa, Interlagos, dove arrivò al traguardo con il cambio bloccato in sesta. Quando poi la FW14 cominciò ad ingranare la marcia giusta, solo la grande freddezza di Ayrton e del team capitanato da Ron Dennis assieme ad alcuni errori commessi da Mansell permise al “Campeao” di mantenere la leadership di Campionato fino alla fine. L'ultima chance per il pilota britannico fu sfumata, una volta di più, sul circuito di Suzuka, quando finì nella sabbia nei pressi della prima curva tentando di rimanere in scia all'ormai sempre meno competitiva MP4/6. Questa, poi, venne riutilizzata in versione aggiornata (MP4/6B) nelle prime gare della stagione 1992, con la quale “Magic” colse un ultimo terzo posto nel GP di Sud Africa, prima di essere rimpiazzata dalla MP4/7. Da quel momento, però, cominciò il declino del team McLaren, proprio perchè il grande binomio Williams-Renault aveva affinato al punto giusto la sua FW14B per portarla a dominare in lungo e in largo in Formula 1. Solamente l’arrivo di un certo Michael Schumacher alla Benetton avrebbe cambiato le carte in tavola… ma questa, ovviamente, è un’altra storia.
  4. Un omaggio da parte del team ASR Formula per il grande ed indimenticabile Ayrton Senna: è disponibile per Assetto Corsa la versione 1.0 della storica Williams FW16 del campione brasiliano. AC - Williams FW16 V1.0 Free Released! In ricordo del più grande Pilota di tutti i tempi! Ciao Ayrton.... www.asrformula.com
  5. Mercoledì 1 maggio l’Autodromo Enzo e Dino Ferrari sarà teatro dell’Ayrton Day in ricordo di Senna, a 25 anni dalla scomparsa del campione brasiliano. La giornata darà modo agli appassionati di vivere in diversi modi la commemorazione, grazie ad un intenso programma che inizierà dalle 8,00 per concludersi alle 18,00 attraverso le esibizioni in pista delle vetture di F1 e auto storiche (ore 11,30), mostre, vetture realizzate coi mattoncini LEGO (McLaren MP4) e visite guidate nelle strutture dell’Autodromo, oltre a provare l’ebbrezza virtuale della velocità coi simulatori. Sette le monoposto di Formula 1 presenti in Autodromo con cui Ayrton Senna ha costruito il suo mito. Si partirà dalla Williams FW08 del 1983, la monoposto con cui il brasiliano fece il primo test in F1 per arrivare alla Williams FW16 del 1994, passando per le Lotus 97T/4 John Players e Lotus 99T/6 Camel, le McLaren MP4/5B e McLaren MP4/7 e Williams FW14 a cui si aggiunge anche la stradale Honda NSX. Nei box saranno presenti le Minardi M192, M194 e PS01, la Ferrari F93A, la Toro Rosso STR 03 e la Van Diemen RF83 - telaio 817 di Roland Ratzenberger. Il Santerno ospiterà anche la mostra fotografica “Simply the best” a firma di Angelo Orsi e Mirco Lazzari, la mostra quadri “Senna”, la conferenza “L'uomo, il pilota, il mito” (ore 10,00 presso la Sala Conferenze) con i membri del F1 GRAN PRIX DRIVERS CLUB (Emanuele Pirro, Howden Ganley, Patrick Tambay, Hans Herrmann, Derek Daly, David Piper, Teddy Pilette, Jo Vonlanthen, Mike Wilds, Jo Ramirez, Mario Theissen) con relativa sessione di autografi e la presentazione del libro “Senna Inedito” (ore 16,00 presso la Sala Conferenze) a firma di Pino Allievi, Roberto Boccafogli, Carlo Cavicchi, Giorgio Piola, Carlos Sanchez. Sabato 27 e domenica 28 l'Autodromo Enzo e Dino Ferrari sarà teatro della quarta edizione dell'Historic Minardi Day. A5 Ayrton Day Programma definitivo.pdf
  6. Alan Dove ed Usmaan Mughal della GTS-RS Racing Simulation ci mostrano con il video qui sotto il segreto della tecnica nell'uso dell'acceleratore del mitico Ayrton Senna ed il suo unico stile di guida, analizzando anche nel dettaglio la telemetria fornita dal simulatore. GTS-RS Racing Simulation è una sala professionale di simulazione situata a Londra, che offre vari servizi di allenamento per i piloti professionisti.
  7. VELOCIPEDE

    Semplicemente Ayrton

    Anche gli appassionati di motorsport e simulazione più giovani che non lo hanno conosciuto, sanno bene chi era e cosa ha rappresentato per lo sport motoristico l'indimenticabile Ayrton Senna. Oggi segnalo a tutti voi un bellissimo articolo dedicato al campione brasiliano scritto da Luca Drudi sul proprio blog personale. Luca, pilota professionista anche lui e vincitore due volte alla 24 Ore di Le Mans ed una alla 24 Ore di Daytona, ci racconta di Ayrton quando era ancora semplicemente Da Silva e girava in kart alla pista di Cervia... Ancora non era Senna ma “solo” Ayrton Da Silva, ragazzo brasiliano di buone speranze, venuto in Europa per tentare una carriera. Lanzetti aveva una guida pulita, elegante. Masini, più alto e molto magro, seduto sul kart aveva le ginocchia quasi ai lati del volante ed i gomiti in fuori ma era comunque molto efficace e grande conoscitore di Pinarella. Poi c’era lui, l’oggetto misterioso. Già si sapeva che era molto forte e d’altronde i risultati parlavano per lui, ma io non l’avevo mai visto in azione. Per chi volesse poi approfondire i dettagli del drammatico incidente di Imola che costò la vita ad Ayrton Senna, consiglio di leggere il dettagliato articolo inchiesta scritto tempo fa dall'amico Alessandro Micali.
  8. Un trailer introduttivo per il "Tributo ad Ayrton Senna" è stato aggiunto alla sezione speciale Gran Turismo 6 di gran-turismo.com, in anteprima rispetto alla prossima pubblicazione, in esclusiva su PlayStation 3.
  9. VELOCIPEDE

    Gran Turismo 6: Tributo ad Ayrton Senna

    I seguenti contenuti di Gran Turismo 6 sono stati aggiunti alla sezione speciale "Tributo ad Ayrton Senna" di gran-turismo.com, in anteprima rispetto alla pubblicazione dei nuovi contenuti di gioco, previsti a fine maggio, in esclusiva su PlayStation 3. Il "Tributo ad Ayrton Senna" è un contenuto speciale di quattro parti, che ripercorre la vita di Senna tramite filmati e fotografie. I giocatori potranno rivivere le gesta di Senna guidando le stesse vetture e affrontando gli stessi eventi che hanno dato origine al suo mito, come il DAP Racing Kart #17 con cui si distinse nei campionati mondiali di kart e la "bellezza in nero" (la Lotus 97T F1 di Senna) da lui guidata su tracciati come il Brands Hatch GP e il circuito italiano di Monza, interamente riprogettati per riportare in vita il loro originale look anni 80. La presentazione 1 è ora disponibile. Si tratta di una breve versione del "Tributo ad Ayrton Senna" visibile all'interno del gioco. La seconda parte sarà pubblicata il 19 maggio.
  10. VELOCIPEDE

    Remember Senna Game by Reiza?

    Ecco la nostra nuova release! Questo è quello che ci dice oggi via Facebook il team Reiza Studios, mostrandoci la misteriosa immagine che vedete qui sotto. Si tratta probabilmente del progetto Ayrton Senna Game, che il team brasiliano aveva annunciato addirittura nell'ottobre del 2011. Considerando anche il ventennale della morte del grande pilota brasiliano, una "piacevole sorpresa" in merito sembra essere vicina...
  11. VELOCIPEDE

    Gran Turismo 6 ricorda Ayrton Senna

    In occasione del ventesimo anniversario della morte di Ayrton Senna, Polyphony Digital ha deciso di ricordare il grande pilota con varie iniziative nel corso del mese su Gran Turismo 6. La collaborazione con la Fondazione Senna rappresenta peraltro una delle caratteristiche particolari del titolo giapponese e questi eventi arrivano grazie alle concessioni dell'organizzazione legata al pilota brasiliano, scomparso nel 1994. Il primo contenuto è rappresentato da un cortometraggio chiamato "Ayrton's Wish", basato sul desiderio di Senna di cercare di sfruttare il potenziale dei giovani brasiliani attraverso l'educazione, e illustra la fondazione e il lavoro svolto dall'Ayrton Senna Institute per realizzare il suo sogno, costituito dalla sorella di Ayrton, Viviane, dopo la morte del pilota. Tutti gli altri contenuti verranno rilasciati nel corso del mese, con maggiori informazioni consultabili sul sito ufficiale della partnership tra Gran Turismo 6 e l'Ayrton Senna Institute.
  12. Vi presento uno straordinario articolo - inchiesta curato dall'amico Alessandro Micali, che analizza la morte del compianto Ayrton Senna. Questo non è un documento ufficiale e non vuole in alcun modo accusare le “sfortunate” scelte dei tecnici Williams, ma è una tesi del tutto “personale” ricostruita dopo aver letto il libro di Nicola Santoro “Il Caso Senna” e un’attenta ricerca sul web di video e immagini pubbliche. Alessandro Micali DOWNLOAD articolo -> http://www.drivingitalia.net/forum/index.php?app=downloads&showfile=5173 This post has been promoted to an article
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