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  1. Con un comunicato stampa Electronic Arts ha annunciato di aver completato l'acquisizione della casa di sviluppo britannica Codemasters per la cifra di 1.2 miliardi di dollari Andrew Wilson, CEO di EA ha dichiarato: Frank Sagnier, CEO di Codemasters ha aggiunto: Con questa acquisizione EA si pone certamente come leader nella produzione di giochi di guida, potendo vantare adesso di diritti su F1, Grid, Dirt e FIA WRC (diritti acquisiti recentemente da Codemasters) oltre alle produzioni marchiate Slightly Mad Studios, casa di sviluppo acquistata dalla stessa Codemasters nel 2019, come Project CARS e Fast and Furious: Crossroads. Tutto questo andrà ad aggiungersi al portfolio di Electronic Arts che ha tra i suoi marchi più prestigiosi Need For Speed e Burnout. Voi cosa ne pensate di questa acquisizione? Quale futuro aspetta la serie F1? Ditecelo qui sotto o nel topic dedicato
  2. Il 2020 è ormai alle spalle e in vista dell’inizio del nuovo campionato i tempi sono maturi per tirare i bilanci definitivi in ordine alla stagione da poco conclusa. Dopo una fase iniziale caratterizzata da gare virtuali sui simulatori, con i piloti che hanno tenuto compagnia ai fan sfidandosi su titoli come Assetto Corsa Competizione e RFactor, a partire da giugno la F1 ci ha regalato emozioni a non finire nonostante le prestazioni di una delle Ferrari peggiori di sempre. Il 2020 ci lascia in eredità la convinzione che George Russell sia già uno dei più veloci in griglia, con il britannico che in sostituzione di Lewis Hamilton ha rischiato di vincere la gara d’esordio in Mercedes e ha annichilito il compagno di scuderia Valtteri Bottas. La F1 2020: una stagione che comunque verrà ricordata Come tutti gli appassionati di Formula 1 sicuramente sapranno, l’anno passato il calendario è stato fortemente condizionato dall’emergenza sanitaria che ha imperversato e imperversa tuttora a livello globale. Liberty Media e la F1 sono state quindi costrette a organizzare una competizione quasi interamente sul suolo europeo andando a riscoprire circuiti splendidi come Portimao, Mugello e Imola che, però, difficilmente rivedremo nel prossimo futuro. Ora, nella speranza che nel 2021 vada tutto liscio, l’attenzione è già rivolta al prossimo campionato in cui la Mercedes si presenta nuovamente come la squadra da battere, anche se la sensazione è che Max Verstappen e la Red Bull abbiamo sensibilmente accorciato il gap che li separava dalle Frecce d’Argento. Dato per certo da diversi mesi, a oggi non è ancora giunta l’ufficialità del rinnovo tra Lewis Hamilton e la Mercedes e la sensazione è che il tira e molla messo in scena dal sette volte campione del mondo stia facendo perdere la pazienza alla casa di Stoccarda. Nel caso in cui le parti non dovessero giungere a un accordo, le Frecce d’Argento virerebbero sul talentuoso britannico George Russell che, come detto, ha già dimostrato di potersela giocare alla pari con i migliori del circus. Il giovane britannico è stato sicuramente una delle più belle e gradite sorprese di questa stagione appena trascorsa e la sensazione è che se il prossimo anno dovesse sedere su una Mercedes davvero potrebbe portarsi a casa il titolo mondiale al suo esordio su una vettura competitiva. All’11 di gennaio, secondo le scommesse sportive di Betway, a quota 1,50, le Frecce d’Argento sono infatti nuovamente le favorite per la vittoria del campionato costruttori, con buona pace di tutte le dirette inseguitrici che, forse, potranno sperare di tornare al successo solo a partire dal 2022. Il mercato piloti che ha rivoluzionato la F1 A partire dal 2022 ci sarà il tanto atteso cambio regolamentare la cui entrata in vigore, originariamente prevista per il 2021, è stata posticipata per i motivi che tutti conosciamo. Quasi tutte le scuderie, tuttavia, non hanno atteso il nuovo regolamento, ma hanno deciso di cambiare subito e di affidarsi a nuovi piloti. In casa Ferrari il tedesco Sebastian Vettel ha ceduto il sedile a Carlos Sainz, con il tedesco che a sua volta è stato ingaggiato dalla ex Racing Point, ora Aston Martin, e avrà come compagno di scuderia il giovane canadese Lance Stroll. Daniel Ricciardo lascia invece la Renault dopo due stagioni e va in McLaren a fare compagnia a Lando Norris. La stessa Renault, che dall’anno prossimo si chiamerà team Alpine e che avrà come Team Principal Davide Brivio in arrivo dalla Suzuki di MotoGP, si affiderà invece all’esperienza di Fernando Alonso e alla gioventù di Esteban Ocon. Il compagno di Max Verstappen in Red Bull sarà invece Sergio Pérez, con il messicano che dopo aver rischiato di restare appiedato avrà a disposizione un’auto dal grande potenziale. Il figlio d’arte Mick Schumacher e il russo Nikita Mazepin saranno invece i nuovi piloti del Team Haas che ha deciso di chiudere l’esperienza pluriennale con Magnussen e Grosjean che, a dire la verità, non hanno mai convinto del tutto. In casa Alfa Romeo, invece, tutto resterà invariato e anche nella prossima stagione i due piloti a bordo delle monoposto della casa italiana saranno il nostro Antonio Giovinazzi e l’eterno Kimi Räikkönen. Dopo mesi di meritato riposo, la F1 si prepara a riaccendere i motori e non vediamo l’ora di scoprire chi alla fine riuscirà a portarsi a casa l’ultimo titolo dell’era del motore ibrido.
  3. Ci siamo, Natale ormai è alle porte ed è tempo di festeggiamenti (nel limite del possibile). Per chi è appassionato di Formula 1, tuttavia, la fine dell’anno coincide con tre mesi di sosta forzata dalle competizioni, il che può rappresentare un problema se non si ha a portata di mano una postazione da simracing con la quale scendere in pista con le proprie vetture preferite. Niente paura, ci pensiamo noi a riscaldarvi il cuore con una monoposto davvero speciale! Nell’ultimo appuntamento di Abu Dhabi lo spagnolo Fernando Alonso ha regalato un momento nostalgico a tutti i suoi fans, portando in pista la mitica Renault R25 con la quale vinse il suo primo Titolo Mondiale nel 2005. Il suo potentissimo motore V10 ha lasciato a bocca aperta non solo l’intero paddock… ma anche noi di DrivingItalia.NET, che abbiamo deciso di provarla portandola al limite sul simulatore Assetto Corsa. Com’è andata? Continuate a leggere! RENAULT R25: IL CAMBIO DI REGOLAMENTO DEL 2005 Iniziamo con un po’ di storia: la R25 nasce per mano dei progettisti Bob Bell e Mark Smith ed è la diretta evoluzione della R24 dell’anno precedente, vincente in quel di Montecarlo grazie al nostro Jarno Trulli. È figlia del nuovo regolamento della stagione 2005, volto a ridurre le prestazioni delle monoposto che hanno permesso alla Ferrari di fare incetta di Titoli Piloti e Costruttori negli ultimi cinque Campionati. Le principali novità? La durata obbligatoria del motore per due Gran Premi consecutivi e la riduzione del carico aerodinamico, per delle vetture che quindi presentano un’ala anteriore più alta dal suolo e un alettone posteriore più scarico, capace di garantire velocità più elevate in rettilineo ma una minore aderenza a terra in percorrenza di curva. Oltre a ciò, le gomme (all’epoca fornite da Bridgestone e da Michelin) devono durare non solo per tutta la durata della gara, ma anche delle qualifiche, il cui format fu inizialmente rivisto per un maggior spettacolo tornando poi al classico “giro secco” del sabato pomeriggio. RENAULT R25: PRECISA, STABILE E VELOCE Rispetto a quanto visto con la R24, la nuova Renault R25 si adattò al cambio regolamentare proponendo un telaio dalle pance laterali più piccole nella loro zona di uscita: una modifica che garantiva un netto miglioramento del raffreddamento del potentissimo V10 francese da 3 Litri, capace di erogare fino a 910 cavalli. Questo output prestazionale fu reso possibile anche dall’introduzione della nuova centralina elettronica Magneti Marelli Step 11, che permise un netto risparmio di peso per quanto riguarda la struttura formata dallo chassis e dal propulsore. Tutti nuovi erano anche i terminali di scarico, così come l’alettone anteriore più snello e filante, che rese necessaria anche un’impostazione differente delle sospensioni sempre all’avantreno con i loro triangoli ancora più rialzati da terra. Quelle posteriori, invece, vennero rinforzate al fine di garantire il giusto assorbimento delle sconnessioni della pista alle alte velocità. Con questi presupposti la R25 viene presentata alla stampa il 1° febbraio del 2005 nella splendida cornice di Montecarlo, ovviamente dopo aver svolto ben due sessioni di test prima a Jerez de la Frontera (10-15 gennaio) e poi sul circuito di Valencia (18 gennaio). I feedback dei due piloti titolari, il confermato Fernando Alonso e la new-entry Giancarlo Fisichella (al posto del connazionale Jarno Trulli passato alla Toyota), sono confortanti: la nuova Renault è più stabile e precisa in inserimento, con meno sottosterzo di quello sofferto dalla R24 che rese la vita difficile nella stagione precedente. RENAULT R25: LA REGINA CHE SPODESTÒ MARANELLO L’inizio del Campionato di Formula 1 2005 conferma quanto visto nei test pre-season: il primo Gran Premio in Australia vede poleman e vincitore il nostro Giancarlo Fisichella, che però poi dovrà lasciare strada a un Fernando Alonso davvero inarrestabile che centrerà per ben sette volte il gradino più alto del podio. I suoi sfidanti sono Michael Schumacher, al volante di una F2005 non particolarmente brillante come la precedente F2004, e Kimi Raikkonen: il finlandese guida la McLaren-Mercedes MP4-20, che tuttavia dovrà fare i conti per tutta la stagione con un consumo gomma superiore rispetto a quello della R25 pur a parità di pneumatici (Michelin). Iceman, tuttavia, è un pilota che non molla mai, nemmeno dopo il cedimento della sospensione anteriore destra all’ultimo giro del GP d’Europa, nel quale consegnò la vittoria sul piatto d’argento al suo rivale. In Canada, infatti, si riscatta nei confronti di un Alonso che, invece, va a muro, sognando un Mondiale che sembrava sempre più vicino anche grazie al tris di vittorie ottenute in Ungheria, in Turchia e in Belgio. Alla fine, però, sarà il pilota di Oviedo ad avere la meglio, mettendo in cassaforte il suo primo Mondiale grazie al terzo posto conquistato in quel di Interlagos. Fernando, tuttavia, non si accontenta e centra anche il Costruttori con l’ultima vittoria della stagione in Cina: è la prima volta dall’esordio in F1 che la Renault sale sul tetto del mondo della massima serie automobilistica. La Ferrari, dopo cinque anni di dominio con Michael Schumacher, è finalmente battuta. RENAULT R25: OLTRE IL LIMITE SUL CIRCUITO DI SILVERSTONE “Credo che non solo ai tifosi, ma a tutti nel paddock, manchi il sound dei V10. Ci manca la Formula 1 di cui ci siamo innamorati quando eravamo bambini e guardavamo la televisione. Guardare la R25 in azione su questo circuito credo sia stato davvero speciale per tutti: da pilota posso dire che è molto veloce, siamo sugli stessi tempi delle vetture attuali in condizioni gara. Al volante senti tutto ed è molto leggera: è stata una sensazione incredibile, sto ancora sorridendo”. Queste sono le parole di Fernando Alonso dopo aver portato in pista la “sua” R25 in quel di Abu Dhabi: lui è sceso con il sorriso, ma anche noi ci siamo divertiti a portarla al limite sul circuito di Silverstone con il simulatore Assetto Corsa! L’auto in questione è curata dal VRC Modding Team che, come al solito, propone vetture di altissima qualità sia in termini estetici che a livello di sensazioni alla guida. Il carico aerodinamico si percepisce tutto e in percorrenza sta incollata a terra: non siamo al livello della mitica F2004 della Kunos, ma in ogni caso il divertimento è assicurato. L’unico appunto che vogliamo sottolineare è quello di stare attenti in ingresso curva: la R25 tende ad essere molto nervosa ai primi input sul volante, per poi accennare un leggero sottosterzo nella fase subito successiva. Se non si è veramente precisi a staccare nel punto corretto e alla giusta velocità, è facile che possiate finire “lunghi”. Volete capire come guidarla da veri professionisti? Ecco qua sotto il nostro video hotlap: con questo vi auguriamo un Buon Natale e un Felice 2021… a tutto gas!
  4. Un nuovo ed imperdibile video tutorial pubblicato da Scott "Driver61" Mansell, ci mostra questa volta i 5 "segreti" dei piloti di Formula 1 per riuscire ad andare più forte in pista! Dalla tecnica del trail - braking, passando per la ripartizione di frenata, fino alla visione panoramica del tracciato, tutte tecniche che possono aiutarci in modo incredibilmente efficace anche alla guida del nostro simulatore preferito.
  5. Dopo due settimane di pausa dall’ultimo appuntamento nella bellissima cornice di Imola, il Mondiale di F1 2020 è pronto a scendere nuovamente in pista e lo farà in questo weekend con un altro Gran Premio “storico” che è stato disputato per l’ultima volta solamente nel 2011. A nove anni di distanza dalla vittoria di Sebastian Vettel con la Red Bull, il GP di Turchia farà il suo ritorno nel calendario iridato, proponendo a team e piloti la sfida dell’Istanbul Park… e della famigerata Curva 8. ISTANBUL PARK: UN ALTRO “TILKODROMO” L’Intercity Istanbul Park è un circuito posizionato a Tuzla, nella periferia di Istanbul e in prossimità del collegamento autostradale che connette questa città con la capitale Ankara. Rispetto ad Imola è stato costruito in tempi recenti, sotto la supervisione del celebre ingegnere tedesco Hermann Tilke. I lavori, iniziati nel 2003, sono terminati a ridosso del primo Gran Premio di Turchia, che è stato disputato due anni più tardi e ha incoronato come vincitore il finlandese Kimi Raikkonen. Rispetto alle piste di Sepang e di Shanghai, realizzate su un terreno prevalentemente pianeggiante, quella di Istanbul sorge su un’area caratterizzata da forti saliscendi e cambi di pendenza, per un circuito particolarmente ostico da affrontare anche per il fatto che gira in senso antiorario. Complessivamente misura 5,338 km e presenta 14 curve (otto a sinistra e sei a destra), delle quali la più celebre è sicuramente la “8” per i suoi quattro punti di corda e una percorrenza vicina ai sei secondi. ISTANBUL PARK: ALLA RICERCA DEL BILANCIAMENTO PERFETTO Rispetto all’ultima edizione disputata nel 2011, quella del 2020 sarà caratterizzata da condizioni nettamente differenti, soprattutto per quanto riguarda le monoposto presenti in pista. Quelle attuali sono molto sensibili alle modifiche aerodinamiche e garantiscono un grip meccanico in curva davvero eccezionale, il che costringerà i team a lavorare sodo per trovare il bilanciamento perfetto tra le 14 curve e i 4 rettilinei che contraddistinguono il circuito di Istanbul. In ogni caso, il carico aerodinamico consigliato dalle simulazioni è di livello alto, proprio perché le vetture dovranno essere agili e veloci nei tratti guidati in modo da lanciarsi efficacemente verso i pochi rettifili del circuito turco, dove finora la velocità massima è stata di 330 km/h. Per quanto riguarda l’azione in pista, i sorpassi saranno facilitati dalla presenza di due zone DRS: quella sul rettilineo di partenza-arrivo e quella presente tra curva 11 e curva 12. Passiamo alle gomme: per questa tappa del Mondiale di F1 2020 la Pirelli porterà le tre mescole più dure della gamma P Zero, vale a dire le White Hard C1, le Yellow Medium C2 e le Red Soft C3. Queste garantiranno il giusto compromesso tra la top speed assoluta in rettilineo e la trazione necessaria per non perdere tempo in curva, tra le quali la più difficile sarà, come già affermato, la “8”. Si tratta di un lungo curvone verso sinistra, aperto a diverse interpretazioni in termini di traiettoria: lo sa bene Juan Pablo Montoya, che nell’edizione inaugurale del 2005 sbagliò proprio in questo punto a due giri dalla fine, aprendo la strada a Fernando Alonso che centrò il secondo posto dietro al vincitore Kimi Raikkonen. GRAN PREMIO DI TURCHIA: LA PISTA DELLA FERRARI? Benchè l’Intercity Istanbul Park sia un tracciato relativamente nuovo, può contare su una Hall of Fame di tutto rispetto: il pilota più vincente nel Gran Premio di Turchia è il brasiliano Felipe Massa, sul gradino più alto del podio nelle tre edizioni consecutive del 2006, del 2007 e del 2008, che hanno permesso alla Ferrari di strappare anche la leadership come miglior Costruttore all’allora McLaren motorizzata Mercedes. Gli altri vincitori, tutti a parimerito con un unico successo, sono Kimi Raikkonen (2005), Jenson Button (2009), Lewis Hamilton (2010) e Sebastian Vettel (2011), il quale ha dovuto cedere il passo sempre a Massa anche per quanto riguarda il primato di pole position (due del tedesco contro tre del brasiliano). È Raikkonen, tuttavia, a detenere il record di giri veloci in gara (2), mentre Fernando Alonso primeggia in fatto a podi (ben quattro contro i tre del finlandese). Il record del circuito? È ancora nelle mani di Montoya: nell’edizione inaugurale il colombiano staccò un ottimo 1’24’’770 al volante della sua McLaren-Mercedes, che sicuramente verrà abbattuto in men che non si dica nelle qualifiche di questo fine settimana. Nel frattempo… prendiamo appunti e ascoltiamo il terzo pilota del team Alfa Romeo, un Robert Kubica che nel video qua sotto ci spiegherà tutti i segreti dell'Intercity Istanbul Park. Pronti a fare la pole position?
  6. Arrivano le prime ufficialità dopo le prime voci uscite la settimana scorsa. Stando a quanto riportato da BusinessWire Take Two Interactive Software, Inc. ha raggiunto un accordo con Codemasters per l'acquisizione: gli azionisti di Codemasters riceveranno cash e azioni di Take Two per una valutazione totale di circa 759 milioni di sterline britanniche (circa 850 milioni di euro). L'acquisizione dovrebbe concludersi entro il primo quarto del 2021. Strauss Zelnick, chariman e CEO di Take Two Interactive, si è dichiarato contento dell'accordo raggiunto considerata la rinomata tradizione di Codemasters nel creare alcuni dei racing games più amati e di successo dell'industria. L'offerta dello studio inglese si incastra bene nel portfolio sportivo di T2 e sicuramente apporterà benefici anche alla crescita a lungo termine dell'organizzazione. L'obiettivo è quello di diventare la compagnia più innovativa ed efficiente dell'industria videoludica. E' ancora presto per parlare del destino delle serie videoludiche di punta di Codemasters, anche se non ci aspettiamo grossi cambiamenti nel breve periodo. Il maggior budget che un colosso come Take Two potrebbe mettere a disposizione certamente ci fa sperare in un futuro pieno di titoli di altissima qualità. E voi? Che idea vi siete fatti dell'acquisizione? Ditecelo qui sotto nei commenti o nel topic dedicato
  7. E' di queste ore una notizia che ha dell'incredibile: Take Two Interactive (che ha tra le sue sussidiarie 2K Games, 2K Sports e Rockstar Games) sarebbe molto vicina ad acquisire lo studio inglese Codemasters per una cifra che si aggira intorno al miliardo di dollari, precisamente 973 milioni stando a quanto riportato dall'agenzia Reuters. Secondo l'agenzia di stampa britannica venerdì scorso Take Two avrebbe fatto un'offerta informale da circa 740 milioni di sterline a Codemasters, che tramite il suo CdA ha dichiarato che se l'offerta dovesse tramutarsi in un'offerta ufficiale consiglierebbe agli azionisti di accettarla. Take Two, come riportato da VGC in una nota ufficiale, crede di poter portare ampi benefici a Codemasters, che potrebbe sfruttare la catena di distribuzione globale di T2, e l'esperienza di 2K nel publishing, nello sviluppo del prodotto e nell'espansione del brand. Inoltre l'unione di Codemasters e Take Two porterebbe all'unione dei due portfolio, con il genere racing di Codemasters che ben si sposa con la sussidiaria 2K Games. Codemasters come saprete ha la licenza esclusiva per la produzione di videogiochi relativi alla Formula 1, e recentemente ha acquisito Slightly Mad Studios e i diritti del FIA World Rally Championship. Cosa ne pensate di questa probabile acquisizione? Ditecelo qui sotto nei commenti o nel topic dedicato
  8. E' di queste ore una notizia che ha dell'incredibile: Take Two Interactive (che ha tra le sue sussidiarie 2K Games, 2K Sports e Rockstar Games) sarebbe molto vicina ad acquisire lo studio inglese Codemasters per una cifra che si aggira intorno al miliardo di dollari, precisamente 973 milioni stando a quanto riportato dall'agenzia Reuters. Secondo l'agenzia di stampa britannica venerdì scorso Take Two avrebbe fatto un'offerta informale da circa 740 milioni di sterline a Codemasters, che tramite il suo CdA ha dichiarato che se l'offerta dovesse tramutarsi in un'offerta ufficiale consiglierebbe agli azionisti di accettarla. Take Two, come riportato da VGC in una nota ufficiale, crede di poter portare ampi benefici a Codemasters, che potrebbe sfruttare la catena di distribuzione globale di T2, e l'esperienza di 2K nel publishing, nello sviluppo del prodotto e nell'espansione del brand. Inoltre l'unione di Codemasters e Take Two porterebbe all'unione dei due portfolio, con il genere racing di Codemasters che ben si sposa con la sussidiaria 2K Games. Codemasters come saprete ha la licenza esclusiva per la produzione di videogiochi relativi alla Formula 1, e recentemente ha acquisito Slightly Mad Studios e i diritti del FIA World Rally Championship. Cosa ne pensate di questa probabile acquisizione?
  9. Giulio Scrinzi

    Le auto più belle del simracing: Ferrari F1 2000

    Un altro V10, un altro pezzo di storia della Formula 1: forse uno dei più importanti, visto che quella che andremo a scoprire in questa monografia è la monoposto che riportò il Titolo Mondiale Piloti a Maranello dopo ben 21 anni di astinenza dall’ultimo conquistato da Jody Scheckter nel 1979. Avete capito vero? La nostra “lei”, questa volta, è la mitica Ferrari F1-2000, vincente con quel Michael Schumacher che, successivamente, aprì un periodo particolarmente florido per il Cavallino Rampante con quattro altri Campionati dominati sia nella Classifica Piloti che in quella Costruttori. FERRARI F1-2000: TUTTO INIZIÒ NEL 1998… Dopo la fine di un’era con la 412 T2, la Ferrari cambiò diametralmente strada per quanto riguarda i propulsori delle sue Rosse: dallo squillante V12 all’altrettanto rumoroso e potente V10 con cilindrata di 3 Litri, che andò ad equipaggiare la nuova nata per la stagione 1996. Stiamo parlando della F310, poi diventata F310B nel 1997: due monoposto ancora progettate dal britannico John Barnard, che ufficialmente lasciò Maranello in vista del 1998, dove si accasò alla Arrows. Al suo posto arrivò il sudafricano Rory Byrne, che per la nuova stagione prese ciò che c’era di buono delle vecchie monoposto assemblando una vettura ancora più competitiva e filante. Nacque così la F300, più piccola rispetto alla precedente in termini di larghezza a causa del nuovo regolamento adottato dalla FIA (1,795 metri contro i 1,995 metri della F310B) ma allo stesso tempo più veloce e agile. Tra l’altro, una delle poche ad utilizzare ancora le gomme “grooved” della Goodyear, quando invece l’avversaria MP4/13 di Hakkinen e Coulthard era già equipaggiata con le Bridgestone, anche se con soli tre intagli sul battistrada. Rispetto alla Freccia d’Argento della McLaren, la F300 era ancora piuttosto acerba in termini aerodinamici, ma la particolare cura posta al suo motore Tipo 047 V10 le permise di togliersi diverse soddisfazioni. Michael Schumacher lottò per il Titolo fino all’ultima prova di Suzuka, dove però prima lo stallo del propulsore in partenza, che lo costrinse a partire dal fondo, e poi l’esplosione della posteriore destra durante la sua rimonta gli impedirono di riportare gioia in quel di Maranello. Per lui “solo” sei vittorie e altre cinque apparizioni a podio, che assieme ai risultati del compagno di squadra Irvine garantirono alla F300 il secondo posto nel Mondiale Costruttori. Questo, ovviamente, non era abbastanza… FERRARI F1-2000: IL PASSO IN AVANTI DEL 1999 La festa fu rimandata alla stagione 1999, per la quale la Scuderia di Maranello presentò la sua nuova arma a quattro ruote: la F399. Le sue caratteristiche erano molto simili alla precedente F300, della quale conservava la forma del telaio, un monoscocca in fibra di carbonio a nido d’ape, le sospensioni anteriori di tipo pushrod e gli scarichi del motore. Le differenze, invece, si potevano trovare nella posizione dell’abitacolo, più arretrata e con airscope rivisto, nell’aerodinamica, decisamente più curata a livello delle fiancate che ora assicuravano un miglior smaltimento di calore, e nel peso complessivo, minore di 20 kg rispetto alla F300. Il motore diventò il Ferrari Tipo 048 sempre a frazionamento V10 e permise da subito alla coppia Schumacher – Irvine di mettere in mostra la propria supremazia contro le McLaren-Mercedes di Hakkinen e Coulthard. L’irlandese vinse subito il primo round di Melbourne, in Australia, mentre il tedesco arrivò a podio ad Interlagos e trionfò ad Imola e a Montecarlo. Tutto sembrava troppo bello per essere vero… ed infatti a Silverstone il Barone Rosso di Kerpen rimase vittima di un brutto incidente alla curva Stowe, che lo portò a fratturarsi tibia e perone della gamba destra. Per lui la lotta in ottica Mondiale era praticamente finita e questo spostò l’attenzione sul compagno di squadra Irvine, che inanellò diversi risultati davvero interessanti: tra questi la doppia vittoria in Austria, al Red Bull Ring, e in Germania, ad Hockenheim, seguiti dal terzo posto in Ungheria e l’ultimo trionfo in Malesia, dove Schumi, tornato dalla convalescenza, lo aiutò a tenere lontane le due Frecce d’Argento del team di Woking. Come l’anno precedente la battaglia finale si disputò in Giappone, sul circuito di Suzuka: qui Irvine soffrì parecchia tensione psicologica e sbagliò in qualifica, centrando solamente il quinto tempo anche a causa di quell’incidente al tornantino delle curve 10 e 11. Hakkinen, che doveva recuperare quattro punti sul rivale, si assicurò invece la seconda casella della prima fila, con al suo fianco Schumacher in pole position. Nonostante la partenza dal lato sporco della pista, il finlandese scattò meglio allo spegnimento dei semafori rossi e andò a prendersi una vittoria che gli permise di centrare il suo secondo Titolo Mondiale in carriera, con soli due punti di vantaggio su Irvine (solamente terzo al traguardo dietro a Schumacher). Per la Ferrari fu come vivere un deja-vu: per il secondo anno consecutivo (in realtà il terzo se contiamo la stagione 1997 con la battaglia persa del tedesco a Jerez contro la Williams di Jacques Villeneuve) la Rossa fallì la sua impresa di ritornare sul tetto del mondo del Mondiale Piloti. A Maranello ci si dovette accontentare della conquista di quello Costruttori, a 16 anni di distanza dall’ultimo messo in cassaforte dalla coppia Tambay – Arnoux nel 1983. FERRARI F1-2000: UNA MONOPOSTO RIVOLUZIONARIA Arriviamo così all’inizio della stagione 2000, per la quale la Ferrari lavorò alacremente al fine di schierarsi sulla griglia di partenza di Melbourne, in Australia, con la miglior monoposto possibile. La presentazione della vettura sulla quale si puntò tutto per tornare al top in Formula 1 avvenne il 7 febbraio a Maranello: il suo nome era F1-2000 e si presentava molto diversa rispetto alla precedente F399, da cui erano state prese le distanze soprattutto a livello del propulsore. Il nuovo Ferrari Tipo 049 non solo era più potente del predecessore (810 contro 750 cavalli del Tipo 048), ma anche più raffinato in termini costruttivi, perché provvisto di un angolo tra le bancate dei cilindri prossimo ai 90 gradi (contro i 75° dell’unità utilizzata nel 1999). L’obiettivo – raggiunto – era semplice: abbassare il più possibile il baricentro della monoposto, cercando di appiattirne il retrotreno per favorire la circolazione dei flussi dell’aria. L’introduzione di speciali leghe in alluminio e l’utilizzo di particolari processi di microfusione, inoltre, hanno permesso agli ingegneri di Maranello di ridurre anche le dimensioni e il peso di questa unità, che sulla bilancia toccava solamente i 102 kg a tutto vantaggio della ripartizione dei pesi. A livello aerodinamico la F1-2000 introdusse anche alcune modifiche all’ala anteriore, alla zona sottostante il muso, ai bargeboard e ai sidepod sulle fiancate, più rifiniti rispetto alla F399 per un miglior raffreddamento del propulsore e una migliore efficienza nel momento di contrastare il drag alle alte velocità. In questo modo, la nuova Rossa di Maranello arrivò sullo stesso piano prestazionale della McLaren-Mercedes MP4/15, più gentile nell’utilizzare le gomme ma anche meccanicamente più fragile della sua rivale. FERRARI F1-2000: LA ROSSA TORNA AL SUCCESSO! Con questi presupposti la Scuderia Ferrari si presentò sulla griglia di partenza dell’Albert Park di Melbourne con una monoposto davvero competitiva, che subito mostrò di che pasta fosse fatta grazie a tre successi consecutivi firmati dalla sua prima guida: Michael Schumacher. Il tedesco, quell’anno, fu affiancato da un nuovo compagno di squadra, il brasiliano Rubens Barrichello, che in Australia fece doppietta assieme al tedesco per un esordio… praticamente perfetto. Gli unici punti bassi di una stagione combattuta dall’inizio alla fine furono i tre ritiri di Schumi nel GP di Francia, in quello d’Austria e in quello di Germania, dove però Barrichello tenne alto l’onore della Scuderia grazie alla sua prima vittoria in assoluto in Formula 1. Nel frattempo la lotta tra Hakkinen e Schumacher permise al finlandese di arrivare al successo a Barcellona, sul Red Bull Ring, in Ungheria e a Spa-Francorchamps, dove riuscì a battere il rivale tedesco con quel fenomenale sorpasso al termine del rettilineo del Kemmel con la BAR di Ricardo Zonta in mezzo come spettatore privilegiato. I suoi risultati, tuttavia, non furono sufficienti a ripetere le imprese del 1998 e del 1999: la Ferrari era cresciuta e la competitività della F1-2000 era tale da mettere in ombra le superlative performance della MP4/15, che invece soffrì di alcuni problemi di affidabilità soprattutto all’inizio della stagione. Schumacher, invece, centrò il gradino più alto del podio al Nurburgring, in Canada e negli ultimi quattro appuntamenti del Campionato, che si concluse con la conquista di quell’agognato Titolo Piloti dopo 21 anni dall’ultimo di Jody Scheckter (tra l’altro ottenuto sempre nella tappa di Suzuka). Il primo posto in Giappone, infatti, permise a Michael Schumacher di aggiudicarsi il terzo iride in carriera dopo i due consecutivi centrati con la Benetton nel biennio 1994-1995, per una festa “in Rosso” che si completò con l’ultima vittoria di Schumi (e il terzo posto di Barrichello) in Malesia, dove la Ferrari mise in cassaforte anche il Titolo Costruttori. Il merito, oltre che dei piloti, fu della splendida F1-2000, ancora oggi una delle più belle monoposto mai prodotte e l’ultimo V10 da guidare “con il pelo sullo stomaco”, perché privo di qualsiasi aiuto elettronico alla guida.
  10. Il Mondiale di Formula 1 è iniziato nel peggiore dei modi per le Ferrari. In realtà fin da inizio anno, nonostante qualcuno ci sperasse, erano in pochi a credere che la Ferrari potesse ambire al titolo. Adesso scommettere che la Ferrari possa arrivare sul podio è diventato qualcosa di davvero audace, quasi come fare un all-in nel poker in una partita in un casinò online. Lo strapotere delle Mercedes del resto è risultato evidente fin dalle prime giornate di mondiale, dove Hamilton e Bottas hanno iniziato a vincere senza mai fermarsi. Il primo posto nella classifica costruttori è diventato ormai qualcosa di impossibile da raggiungere tuttavia ci sono ancora delle possibilità che possono portare la Ferrari all'ultimo gradino della classifica costruttori. La classifica piloti: Ferrari fuori dal podio Nella classifica piloti, la Ferrari potrebbe arrivare sul podio con Leclerc solo con un drastico miglioramento delle prestazioni dell'autovettura e un'incredibile serie di errori da parte di Verstappen (in terza posizione). Il distacco però è così grande che riteniamo non sia possibile una cosa del genere. In questo momento nelle prime due posizioni si trovano i due piloti Mercedes: Hamilton e Bottas, seguiti da Verstappen in terza posizione con la RedBull. Charles Leclerc si posiziona in questo momento in 8 posizione a pari punti con Lance Stroll della Racing Point. Vettel invece in tredicesima posizione con soli 17 punti nelle prime gare del mondiale. Sembra davvero incredibile questo rendimento sotto la media delle Ferrari. In molti auspicano ad un cambio di marcia nella seconda parte di stagione. La classifica costruttori: obiettivo terza posizione Se per la classifica piloti sembra che non ci sia niente da fare per salire sul podio, qualcosa potrebbe cambiare per la classifica costruttori. In questo caso le Mercedes e la RedBull si sono già assicurate la prima e la seconda posizione. Tra loro e le altre compagine c'è un vero e proprio abisso. Per la terza posizione lottano diverse squadre, come: Racing Point, McLaren, Renault, Ferrari. La Ferrari in questo momento è posizionata in 6 posizione, con 74 punti. La Racing Point in terza posizione ha 119 punti. In circa 30 punti quindi sono condensate ben 4 squadre. Per salvare una stagione a tratti disastrosa la Ferrari deve provare a strappare la terza posizione del podio nella classifica costruttori. Per far questo è fondamentale che Vettel ritorni a fare punti con continuità e che Charles Leclerc riesca ad avvicinarsi al podio sempre con più frequenza. Gli ingegneri della Ferrari dovranno fare del loro meglio per fornire ai piloti una vettura che sia competitiva. Non ci resta che vedere quel che accadrà nella seconda parte di stagione. [Contributo redazionale esterno]
  11. Codemasters ha rilasciato da qualche ora la nuova patch ufficiale per aggiornare il suo F1 2020 alla nuova versione 1.09. Qui di seguito i dettagli dell'update, fate riferimento a questo topic per domande e discussioni.
  12. Giulio Scrinzi

    F1 2020 - Guida al circuito: Monza

    Il grande momento è finalmente arrivato: questo fine settimana il Mondiale di F1 2020 farà tappa per la prima volta nel nostro Paese per dare vita al classicissimo Gran Premio d’Italia. Il circuito prescelto? Ebbene sì, il mitico Tempio della Velocità brianzolo: l’Autodromo Nazionale di Monza! Una pista storica entrata nell’immaginario collettivo come una delle più belle al mondo, la terza più antica dopo quella di Indianapolis e quella inglese di Brooklands, oggi in disuso perché chiusa già nel 1945. Una pista che è anche la più veloce del Mondiale, dove nel 2018 il finlandese Kimi Raikkonen ha stabilito il nuovo primato assoluto della massima serie automobilistica, fermando il cronometro sull’1’19’’119 con una media oraria di 263,587 km/h. AUTODROMO DI MONZA: LE ORIGINI La storia dell’Autodromo Nazionale di Monza inizia nel lontano 1922, quando l’Automobile Club di Milano decise di dar vita al progetto di un circuito permanente all’interno del Parco Reale di Monza: una mossa voluta non solo per dar spazio al motorsport in Italia, ma anche per il fatto che le corse portavano tanta pubblicità alle case automobilistiche. Con i lavori iniziati il 15 maggio, il circuito fu completato in soli 110 giorni e il primo giro di pista completo avvenne il 28 luglio da parte di Pietro Bordino e Felice Nazzaro su una Fiat 570. Benchè i disegni originari volevano una pista lunga 14 km a forma di “otto”, l’Autodromo di Monza assunse un layout a doppio anello, con una pista stradale di 5.500 metri a sette curve e un anello ad alta velocità di forma ovale con due sopraelevate lungo 4.500 metri. Il circuito si dimostrò subito estremamente veloce, al punto da mietere vittime già nei primi anni di attività. Per ovviare a questo problema prese vita prima, nel 1935, il “circuito Florio”, che univa i due tracciati originari con una serie di chicanes che rallentavano il ritmo, e poi, nel 1939, una serie di modifiche per rendere più sicuro l’impianto brianzolo. L’anello ad alta velocità fu demolito, mentre la pista stradale ottenne un nuovo “rettifilo centrale” dove si immetteva la curva del Vialone, che poi avrebbe portato a due inedite curve a gomito chiamate “curve di Vedano” e conosciute anche come “curve in porfido”, per via del fondo lastricato che le caratterizzava a livello della “sopraelevata Sud”. AUTODROMO DI MONZA: RITORNA L’ANELLO DI VELOCITÀ Dopo la Seconda Guerra Mondiale la volontà dei proprietari dell’Autodromo di Monza fu quella di ripristinare il decaduto anello ad alta velocità, in modo da supportare i vari tentativi di record effettuati dalle case automobilistiche. Il progetto seguì lo stesso layout del precedente nella parte Nord, mentre in quella a Sud fu necessario arretrare di 300 metri la sopraelevata, oltre a riprogettare le ultime curve della pista stradale. Al posto delle curve di Vedano fu introdotto un unico curvone con sviluppo di 180 gradi, chiamato “Parabolica”, mentre l’ultima curva dell’anello ottenne un’elevata inclinazione trasversale fino all’80% rispetto al piano orizzontale, con 14 torrette di segnalazione disseminate lungo l’intero tracciato destinate ai commissari, ai tecnici Radiotelevisivi, a giornalisti e fotografi. Il nuovo impianto fu inaugurato nel 1955, ma subito ci si rese conto che i due tratti sopraelevati creavano delle sollecitazioni fisiche eccessive ai piloti e diversi guasti meccanici alle vetture. Questo portò in pochi anni alla dismissione definitiva dell’anello ad alta velocità, tolto dal calendario iridato per la precisione nel 1961 dopo la morte del ferrarista Wolfgang von Trips. AUTODROMO DI MONZA: FOCUS SULLA SICUREZZA Il tedesco non fu il solo a perire sul circuito brianzolo: pochi anni prima era toccato al celebre Alberto Ascari, in cui onore la curva del Vialone fu ribattezzata “curva Ascari”, mentre poco tempo dopo fu il turno dell’austriaco Jochen Rindt, poi diventato l’unico Campione del Mondo postumo nella storia del Campionato di Formula 1. Il progressivo aumentare della velocità media sui quasi 6 km di asfalto all’interno del Parco di Monza portò a diverse modifiche strutturali a partire dagli anni ‘70, in modo da rendere meno pericolosi i Gran Premi. Alle prime chicane provvisorie arrivarono, nel 1976, tre distinte varianti a livello della parte finale del rettilineo dei box, della curva della Roggia e della curva Ascari. Ulteriori interventi per migliorare la sicurezza furono attuati nel 1994, nel 1995 e nel 2000: fu rivista innanzitutto la variante Goodyear (la prima al termine del rettilineo principale), seguita da quella della Roggia assieme alla curva Grande e alle due Lesmo. L’ultimo intervento è datato 2014, quando vennero asfaltate le vie di fuga della Parabolica, al fine di dar maggior spazio di manovra ai piloti di Formula 1. AUTODROMO DI MONZA: COME SI AFFRONTA UN GIRO DI PISTA Oggi il Monza Eni Circuit è lungo 5.793 metri e presenta 11 curve, la prima delle quali è la variante Goodyear (o del rettifilo) posizionata al termine del rettilineo principale. Qui le monoposto di Formula 1 raggiungono una velocità massima di 360 km/h, che si riduce a soli 70 km/h quando i piloti arrivano alla staccata in prossimità del cartello dei 100 metri. Una volta affrontata la chicane destra-sinistra, ci si lancia verso il curvone Biassono, conosciuto anche come Curva Grande o Curvone: si tratta di una lunga curva a destra ad ampio raggio, da percorrere in pieno fino alla Seconda Variante, o Variante della Roggia. Qui si arriva a oltre 320 km/h e si deve staccare al cartello dei 100 metri, per affrontare un sinistra-destra molto tecnico che porta nel secondo settore, contraddistinto innanzitutto dalle due curve di Lesmo. La prima, Lesmo 1, è una curva a destra da percorrere in quarta marcia senza quasi toccare i freni, mentre la seconda, Lesmo 2, richiede una leggera frenata al cartello dei 50 metri per indirizzare la vettura verso il Serraglio, curva in discesa con una piccola piega a sinistra che permette l’utilizzo del DRS al fine di tentare il sorpasso in vista della variante Ascari. Qui si arriva a quasi 340 km/h e si deve staccare molto tardi per portare quanta più velocità possibile nella successione di curve sinistra-destra-sinistra, che immettono nel rettilineo opposto a quello dei box. L’ultimo ostacolo da affrontare prima della bandiera a scacchi è la Parabolica: si stacca al cartello dei 100 metri, si scala fino alla quarta marcia e si decelera dai 340 ai 190 km/h, per poi toccare l’apice in entrata e lasciare scorrere in uscita verso l’esterno, in modo da imboccare il rettilineo successivo alla massima velocità. AUTODROMO DI MONZA: LA VELOCITÀ È TUTTO Come è stato per Spa-Francorchamps, anche l’Autodromo di Monza richiede un setup particolarmente scarico a livello di carico aerodinamico, in modo da massimizzare la velocità di punta in ogni settore di pista. Ogni cavallo di motore è fondamentale per centrare il tempo sui 5.793 metri della pista brianzola, visto che 10 cavalli, secondo le simulazioni, equivalgono a circa due decimi di secondo al giro. Gli alettoni delle monoposto di Formula 1, quindi, verranno settati su inclinazioni parecchio scariche in vista della gara di domenica, mentre le Power Unit dovranno generare il massimo potenziale a loro disposizione mantenendo, allo stesso tempo, la massima efficienza possibile. In questo senso la MGU-H dovrà essere in grado di generare gran parte dell’energia elettrica necessaria ad affrontare l’intero GP, visto che la MGU-K è in grado di recuperare solamente 650 kJ al giro contro i 3305 kJ della componente gemella. Il cui contributo equivale a 3,5 secondi per giro con un aumento di velocità fino a 20 km/h. Anche l’impianto frenante dovrà essere parecchio efficiente, viste le diverse staccate da affrontare per decelerazioni davvero... al limite. I tecnici della Brembo, in questo caso, hanno valutato Monza come una pista molto impegnativa con valore 8 su una scala da 1 a 10… il che significa che dischi e pastiglie andranno incontro a sollecitazioni per le quali la loro ventilazione dovrà essere davvero ottimale. Le gomme, infine, dovranno ottenere la giusta temperatura di esercizio senza andare in surriscaldamento, un problema particolarmente difficile da affrontare per Pirelli e per i vari team a causa delle sollecitazioni longitudinali in frenata e laterali in trazione a cui sono sottoposte. Per il Tempio della Velocità, la Casa della P lunga metterà a disposizione le mescole C2, C3 e C4, vale a dire le P Zero White hard, P Zero Yellow medium e P Zero Red soft AUTODROMO DI MONZA: LA HALL OF FAME DEL GRAN PREMIO D’ITALIA Il Monza Eni Circuit è stato la sede privilegiata del Gran Premio d’Italia per 85 edizioni delle 90 totali disputate: le altre cinque sono state disputate a Montichiari (1921), Livorno (1937), Milano (1947), Torino (1948) e Imola (1980). L’albo d’oro della Formula 1 vede attualmente Michael Schumacher come il Re incontrastato del Tempio della Velocità, grazie alle sue cinque vittorie ottenute nel 1996, nel 1998, nel 2000, nel 2003 e nel 2006… a parimerito con Lewis Hamilton, trionfante nel 2012, nel 2014, nel 2015, nel 2017 e nel 2018. Il pilota della Mercedes è anche il più veloce sui 5.793 metri della pista brianzola, grazie alle sue sei pole position e i suoi sei giri veloci in gara con i quali ha battuto nientemeno che Juan Manuel Fangio e Ayrton Senna. Hamilton e Schumacher, inoltre, condividono il numero di podi ottenuti in carriera (otto per ciascuno), mentre la Ferrari è certamente il Costruttore (e il motorista) più vincente e veloce di tutta la storia di Monza, grazie alle sue 20 vittorie, 21 pole position, 70 podi e 19 giri veloci. A questo punto, non ci resta che augurarvi buona visione per il video qua sotto: è arrivato il momento di scoprire tutti i segreti del Tempio della Velocità brianzolo, grazie alla video-guida di Esteban Gutierrez girata al volante della Mercedes W11 EQ Power+ con il videogioco ufficiale della Codemasters F1 2020!
  13. La stagione di Formula 1 1991 non è ricordata solamente per la rabbiosa McLaren-Honda MP4/6, trionfante nel Mondiale Costruttori e in quello Piloti con il grande Ayrton Senna… ma anche per il debutto di un tedesco molto, molto veloce. Avete indovinato, stiamo parlando di Michael Schumacher, che entrò dalla porta d’ingresso del Circus iridato grazie alla sua ottima prestazione in quel di Spa-Francorchamps, al volante della Jordan 191 verde sponsorizzata dalla 7Up. Settimo in qualifica, davanti al compagno di squadra Andrea de Cesaris, ma sfortunato in gara per il cedimento della frizione subito dopo lo spegnimento dei semafori rossi. Una sfortuna dolce-amara, che si rivelò determinante per il suo passaggio in Benetton, spinto fortemente da Flavio Briatore. Al volante delle monoposto Made in Enstone Schumi progredì velocemente, fino ad arrivare al suo primo Titolo Mondiale nel 1994, grazie alle performance dell’avveniristica, quanto “misteriosa” B194, che destò non poche polemiche al termine del Campionato. Il motivo? Lo scopriremo insieme in questa monografia! BENETTON-FORD B191 E B192: LE PRIME MONOPOSTO DI SCHUMI Dopo l’esordio “in verde” con la Jordan, la carriera di Michael Schumacher in Formula 1 cominciò a tutti gli effetti con il team Benetton, dove andò ad affiancare il tre volte Campione del Mondo Nelson Piquet e spodestò il poco fortunato Roberto Moreno, che invece si trasferì proprio nel reparto corse irlandese grazie a un accordo messo a punto da Flavio Briatore ed Eddie Jordan. Il Kaiser di Kerpen scese nell’abitacolo della sua prima “monoposto ufficiale” già dal successivo GP d’Italia a Monza: si trattava della B191 con motore Ford-Cosworth HBA5, una vettura già innovativa per l’epoca per via dell’adozione del musetto rialzato e collegato all’alettone anteriore attraverso due montanti paralleli. Una soluzione adottata nel 1990 dalla Tyrrell 019, da cui la Benetton “prese spunto” anche per quanto riguarda l’affidabilità generale: la 191, infatti, andò incontro a ben 10 ritiri nel corso della stagione 1991, una situazione a cui si riuscì a far fronte solamente con l’arrivo della successiva B192. Arrivata solamente nel quarto Gran Premio del Campionato (quello di Spagna) quando sostituì la B191B “evoluzione”, la B192 rappresentò un deciso passo avanti per la Benetton, grazie alla sua ottima efficienza aerodinamica e al telaio ben progettato, che riuscivano insieme a mitigare gli svantaggi derivanti dai propulsori Ford HBA5 e, successivamente, HBA7. Rispetto alle vetture in testa alla griglia, la B192 era anche sprovvista dei controlli elettronici alla guida (tra cui traction control e ABS), i quali però non rappresentarono un ostacolo alla crescita esponenziale del giovane Michael Schumacher. Quattro medaglie di bronzo, tre d’argento e la prima vittoria sulla pista di Spa-Francorchamps: questo il palmares di Schumi nella stagione 1992, chiusa al terzo posto assoluto e preludio a un 1993 ancora più interessante… anche se difficoltoso. BENETTON-FORD B193: CAMBIO DI REGOLAMENTO PROBLEMATICO Per la stagione 1993 la Benetton affidò di nuovo il progetto della sua nuova monoposto a Ross Brawn e Rory Byrne, i quali sostanzialmente proposero un aggiornamento della già ottima B192. In questo modo la B193 ricevette le sospensioni attive e il cambio semiautomatico, oltre a una riduzione della carreggiata di 15 cm che comportò l’utilizzo di pneumatici posteriori più piccoli. Delle modifiche dovute a un primo cambio di regolamento che, inizialmente, mise in crisi gli ingegneri della Benetton, che scelsero di sviluppare un nuovo telaio al fine di sfruttare a pieno le caratteristiche delle nuove coperture. La stagione, di conseguenza, iniziò con la vettura utilizzata durante i test pre-season dell’Estoril, ribattezzata B193A e poi sostituita dalla B193B a partire dal GP d’Europa. Le nuove caratteristiche? Pance laterali meno pronunciate all’altezza dei radiatori, muso ancora più rialzato e dalla punta arrotondata e un retrotreno allungato, capace di far passare un flusso d’aria maggiore verso l’alettone posteriore. Quest’ultimo, inoltre, venne anche ridisegnato e dotato più avanti nella stagione della famosa “forward wing”, un’estensione utilizzata sui circuiti da alto carico aerodinamico. Il motore, invece, era l’ultima evoluzione proposta dalla Ford, l’HBA7 poi diventato HBA8 da 3.5 Litri: un’unità decisamente superiore rispetto a quella adottata dalla McLaren, che invece poteva contare su un pacchetto elettronico più raffinato e completo della B193. Un’ulteriore variante, chiamata B193C, fu sviluppata dalla Benetton come “muletto” per il test approfondito del sistema a quattro ruote sterzanti: secondo gli ingegneri questa tecnologia era in grado di guadagnare fino a tre decimi al giro, un vantaggio che, al contrario, non fu riscontrato in pista né da Schumacher né da Patrese. I due piloti della Benetton, nelle prove di Silverstone, confermarono quanto il sistema cambiasse il feeling della vettura con l’asfalto, a tutto svantaggio della performance in ottica gara. La Benetton, di conseguenza, tornò immediatamente alla specifica precedente, che a conti fatti permise a Schumacher di centrare il podio in tutte le gare da lui portate a termine. La B193 terminò la stagione al terzo posto nel Mondiale Costruttori e fu l’ultima a presentare la tradizionale livrea gialla della Camel: dall’anno successivo, infatti, arrivò lo sponsor Mild Seven… e quella B194 protagonista di questa monografia. BENETTON-FORD B194: VIA GLI AIUTI ELETTRONICI Realizzata nuovamente dal duo Brawn-Byrne, la B194 fu pensata specificamente per aiutare Michael Schumacher nella corsa verso il Titolo Mondiale. Razionale ed efficace dal punto di vista aerodinamico, era dotata di musetto alto, pance laterali voluminose e provviste di pinne deviatrici di flusso davanti alle bocche d'aspirazione. Il motore utilizzato, invece, fu l'ultimo di una lunga stirpe che affondava le sue radici nei Ford V8: si trattava dell'EC Zetec-R da 3.5 Litri e 760 CV, decisamente più affidabile rispetto agli HBA usati fino alla stagione precedente ma ancora molto lontano nelle prestazioni dal successivo Renault RS7 V10, in dotazione alle Williams e fornito al reparto corse di Flavio Briatore sulla B195 dell'anno seguente. Rispetto alla precedente B193, la nuova Benetton aderiva anche all’ultimo cambio regolamentare voluto dalla FIA: la volontà era quella di rendere maggiormente determinante il ruolo del pilota durante i Gran Premi, senza favorire alcuna scuderia (come la dominatrice Williams) rispetto alle altre. In questo senso vennero banditi, soprattutto in seguito al tragico incidente che costò la vita ad Ayrton Senna sul circuito di Imola il primo maggio, tutti gli ausili alla guida fino ad allora utilizzati. Niente più controllo di trazione, sospensioni attive, cambio automatico, quattro ruote motrici e sterzanti, ABS, freni assistiti, differenziale elettronico e telemetria bidirezionale. Vennero autorizzati, invece, i rifornimenti di carburante durante le gare, il che permise ai progettisti di creare vetture con serbatoi più contenuti. BENETTON-FORD B194: I PRIMI SOSPETTI DI IRREGOLARITÀ Insomma, sembrava che tutte le monoposto della stagione 1994, almeno a livello di elettronica a bordo, dovessero essere tutte uguali. La repentina competitività ad inizio Campionato della nuova Benetton con livrea azzurra della Mild Seven, tuttavia, destò subito diversi sospetti… e il primo ad accorgersene fu proprio il rivale di Schumacher: Ayrton Senna. Il “Campeao” brasiliano lottò contro il pilota tedesco solo nella gara inaugurale a Interlagos, quando la sua Williams-Renault FW16 andò mestamente in testacoda mentre era in scia alla B194 numero 5. Nel successivo appuntamento del Pacifico, infatti, Senna uscì di pista per un contatto alla prima curva con la McLaren di Mika Hakkinen, a cui si aggiunse la Ferrari di Nicola Larini: con la gara ormai compromessa, Ayrton decise però di sfruttare quest'occasione per osservare da bordo pista le due Benetton di Schumacher e di Jos Verstappen, notando subito che esisteva una differenza a livello di sound tra le due monoposto. Apparentemente identiche, quella dell'olandese sembrava decisamente più instabile in traiettoria rispetto alla sua gemella, il che portò alla conclusione secondo cui la B194 di Michael potesse utilizzare ancora una sorta di sistema di controllo della trazione. I sospetti di Senna arrivarono ben presto alle orecchie della Federazione Internazionale, che richiese a Williams, McLaren, Ferrari e Benetton di fornire un riscontro sui propri sistemi informatici al fine di comprovare la regolarità delle elettroniche a bordo delle loro vetture. Questo test venne convalidato dalla scuderia di Grove e da quella di Maranello… ma non dalle altre due. Il loro rifiuto venne immediatamente sanzionato con una multa di 100.000 dollari, preludio a una faccenda che, in realtà, era appena iniziata. BENETTON-FORD B194: LAUNCH CONTROL NASCOSTO In seguito il giornale britannico The Independent pubblicò un rapporto nel quale sosteneva l'esistenza di un file chiamato “Launch Control” all'interno del software della B194: si trattava di un programma nascosto che consentiva a Schumacher di effettuare delle partenze perfette grazie all'annullamento del pattinamento delle ruote posteriori, garantito da una particolare parzializzazione della valvola a farfalla sul motore V8 Ford da 760 cavalli. Un file risalente alla vecchia B193B del 1993, che con il nuovo regolamento era diventato illegale ma che i tecnici della Benetton erano riusciti a nasconderlo sapientemente nel “cervello” della B194, per la precisione all'interno di una riga di codice apparentemente vuota e criptata con una chiave segreta. Questa, una volta inserita, metteva in azione il Launch Control senza che nulla venisse mostrato sullo schermo di controllo dell'elettronica, né sulla dashboard della vettura. Una prova che, tuttavia, non spronò ulteriormente la FIA ad indagare, ma che si rivelò fondata solamente tanti anni dopo per la stessa ammissione della scuderia di Flavio Briatore. La Benetton, infatti, confermò la presenza di questo programma ma affermò che, data la complessità del sistema, era impossibile ripulirlo da tutti i sistemi della stagione 1993; la criptatura, inoltre, lo rendeva praticamente inutilizzabile. Una giustificazione prontamente contestata da un programmatore di un'altro team, il quale sostenne che lui stesso aveva provveduto alla ripulitura delle centraline elettroniche e che lo stratagemma messo in piedi dalla Benetton era decisamente sospetto. BENETTON-FORD B194: VERSTAPPEN VA A FUOCO Da tutta questa vicenda l'intero Circus iridato credeva quindi che la B194, almeno quella di Schumacher, utilizzasse ancora quegli ausili alla guida banditi all'inizio della stagione 1994, i quali consentivano alla monoposto della Mild Seven una competitività assolutamente sopra le righe. Un'altra soluzione, sempre scoperta dalla FIA, che lasciò molti dubbi sulla regolarità della Benetton fu l'utilizzo di una valvola priva del filtro per l'immissione della benzina sulle macchine rifornitrici durante i pit-stop. Questo consentiva di velocizzare del 12,5% i rifornimenti in gara perchè l'assenza del filtro permetteva al carburante di fluire più rapidamente nei serbatoi... ma rendeva anche l'intera operazione molto meno sicura. Se lo ricorda molto bene Jos Verstappen, quando fu vittima di un pirotecnico incendio durante un pit-stop nel GP di Germania che, fortunatamente, si risolse senza gravi conseguenze. Il punto è che anche la seconda guida del team italiano si era accorta delle differenze tra la sua vettura e quella di Michael: “Sono convinto che la mia macchina era diversa dalla sua – spiegò molto tempo dopo il pilota olandese – In più di un'occasione ho provato a fare delle frenate al limite e ad affrontare le curve in maniera più veloce, ma la B194 non ti permetteva di farlo in maniera sicura. Quando meno te lo aspettavi perdeva aderenza al retrotreno e non riuscivi a controllarla. Quella di Schumacher era diversa e credo avesse degli aiuti elettronici che io non avevo”. BENETTON-FORD B194: SCHUMACHER CAMPIONE DEL MONDO Questa dichiarazione è sicuramente la riprova che la B194 era una monoposto costruita appositamente per il Barone Rosso di Kerpen, il quale portò a casa a fine stagione otto vittorie, due secondi posti e sei pole position che gli valsero 92 dei 103 punti validi per la classifica Costruttori. Le uniche battute a vuoto del Kaiser? Innanzitutto quella del GP d'Inghilterra, quando nel giro di allineamento non rispettò la sua seconda posizione e passò più volte in pista il rivale Damon Hill. Una manovra che gli costò quei famosi cinque secondi di penalità da scontare in pit-lane che lui ignorò e che indussero i commissari ad esporgli la bandiera nera, non rispettata a sua volta. Schumacher terminò la gara in prima posizione, ma gli fu prontamente tolta per non aver rispettato le direttive che gli erano state imposte. Poi ci fu l'episodio di Spa-Francorchamps, dove Michael conquistò una vittoria che, anche in quel caso, fu annullata per il consumo eccessivo del fondo della sua vettura riscontrato dalla commissione tecnica. Un azzardo che lo costrinse, poi, a saltare i successivi GP d'Italia e del Portogallo, permettendo al rivale Hill di farsi sotto in classifica. Il titolo mondiale venne deciso all'ultima gara, sul circuito cittadino di Adelaide, in Australia. Schumacher comandava il Campionato per un solo punto, e in gara riuscì ad avere la meglio... almeno nella prima parte. Perchè poi Damon cominciò a recuperare, fino a eliminare completamente il margine conquistato dalla Benetton nei confronti della sua Williams-Renault FW16. Poi, nel corso del 36° giro, la svolta: Michael commise un errore e andò a sbattere contro le barriere, ritornò in pista e, probabilmente consapevole di non poter più proseguire la corsa, tentò di chiudere la traiettoria ai danni del rivale che si era buttato all'interno per sorpassarlo. I due si toccarono, la B194 sbalzò per aria e si fermò nel muro di gomme successivo. Sembrava che la gara del Kaiser, e di conseguenza la possibilità di vincere il Campionato, fosse finita… E invece il destino giocò a suo favore: la Williams di Damon Hill, infatti, non era passata indenne all'incidente, ma era rimasta danneggiata a livello della sospensione anteriore sinistra. L'inglese ritornò ai box e i suoi meccanici tentarono invano di ripristinare il danno, ma non ci fu nulla da fare. Per un solo punto, e con una manovra che ancora oggi fa discutere, Michael Schumacher diventò per la prima volta Campione del Mondo, in una stagione costellata da mille dubbi e sospetti per una Benetton B194 che passerà alla storia come la monoposto più controversa di sempre.
  14. In questo momento F1 2020 è arrivato alla versione 1.08, ma presto Codemasters rilascerà un nuovo aggiornamento che introdurrà, tra i vari fix e ottimizzazioni, anche le ultime livree utilizzate nella realtà dalle monoposto del Circus iridato. A tal proposito la software house britannica ha rilasciato alcune immagini in anteprima, tutte scattate sul circuito di Spa-Francorchamps in occasione del GP del Belgio, che si terrà proprio in questo fine settimana. Codemasters, inoltre, ha confermato l'arrivo di un prossimo hotfix a metà ottobre che migliorerà le performance delle vetture disponibili nel gioco ufficiali, equilibrando quelle della Racing Point e della Ferrari. Ricordiamo che F1 2020, in versione Seventy Edition, è disponibile per PS4, Xbox One e Xbox One X, PC e Google Stadia, con un prezzo su Steam di 38,49 Euro. La Deluxe Schumacher Edition, invece, è attualmente scontata a 48,99 Euro: la potete trovare a questo indirizzo. McLaren Aggiunti vari sponsor, tra i quali Gulf Aggiunta la livrea arcobaleno #WeRaceAsOne Racing Point Aggiunta di logo e sponsor Sostituito il logo sul muso della Racing Point con quello We Race As One Alfa Romeo Aggiunto il logo 50 Years Sauber Aggiunti sponsor, logo di Twitter e quello #WeRaceAsOne sull'Halo Red Bull Logo #WeRaceAsOne aggiunto all'ala anteriore Aggiornato il logo Citrix posizionato sul casco del pilota e sul muso della vettura Renault Aggiunto logo #WeRaceAsOne su Halo e muso della vettura Aggiunti sponsor HP e Vitality Logo “Thank You NHS” logo aggiunto sulla parte superiore dell'Halo Williams Aggiornati gli sponsor sul muso anteriore Aggiornata la pinna a squalo della vettura
  15. A due settimane di distanza dall’appuntamento di Barcellona, il Mondiale di F1 2020 è pronto a tornare in pista e lo farà questo weekend per dare vita al Gran Premio del Belgio, tradizionale tappa che sarà ospitata sul celebre circuito di Spa-Francorchamps. Una pista ricca di storia, che ha incoronato grandi Campioni come Michael Schumacher e Ayrton Senna, senza dimenticare Jim Clark, Kimi Raikkonen e, in tempi più recenti, Lewis Hamilton e il giovane Charles Leclerc. SPA-FRANCORCHAMPS: I PRIMI ANNI Conosciuto con il nome di “Università della Formula 1”, il circuito di Spa-Francorchamps ha iniziato la propria storia negli anni ‘20, quando nella regione delle Ardenne fu ricavato un primo tracciato da 14 km, che univa le tre strade statali delle cittadine circostanti di Malmedy, Stavelot e Francorchamps. Su questa pista la prima gara si svolse nel 1922, mentre nel 1925 è datato il primo Gran Premio del Belgio ufficiale di Formula 1. Già all’epoca si trattava del circuito più lungo del Mondiale, che comprendeva una delle sezioni più famose di tutto l’automobilismo: stiamo parlando della “Eau Rouge-Raidillon”, introdotta artificialmente in seguito alle prime modifiche degli anni ‘30 volute per aggirare la lenta Ancienne Douane con una combinazione di curve molto più veloce, una destra-sinistra in salita che avrebbe dato vita, appunto, al ben conosciuto settore di Spa-Francorchamps. Subito dopo la Seconda Guerra Mondiale la pista belga è andata incontro ad altre importanti modifiche, tra le quali vale la pena citare quella che ha sostituito il “tornante di Stavelot” con un unico curvone veloce e sopraelevato posto al termine del destra-sinistra di Holowell, che di fatto ha ridotto la lunghezza originale di circa 600 metri. Con altre curve storiche come la Malmedy, la Masta e la Blanchimont, Spa-Francorchamps divenne ben presto un importante banco di prova per vetture e piloti, molto ben conosciuto per la sua pericolosità… Al punto che, al termine dell’edizione del 1970, i problemi riscontrati dai piloti di F1 circa le percorrenze elevatissime in curva hanno convinto i proprietari del Circus a trasferire il GP del Belgio prima presso il tracciato di Nivelles e poi in quello di Zolder. SPA-FRANCORCHAMPS: NASCE LA NUOVA PISTA In questo periodo la direzione dell’autodromo belga prese la decisione di costruire un nuovo tracciato semi-permanente, che avrebbe continuato ad utilizzare i tratti di viabilità ordinaria dalla Blanchimont fino al termine del rettilineo del Kemmel, passando per il tornantino La Source. Con una lunghezza di poco inferiore ai 7 km, la nuova pista di Spa-Francorchamps fu inaugurata nel 1979, mentre nel 1980 fu introdotta l’ultima doppia chicane denominata “Bus Stop”, per il fatto che in quel settore era inizialmente situata una fermata degli autobus. Con un layout completamente rinnovato, il GP del Belgio tornò stabilmente a Spa-Francorchamps dal 1985, per rimanervi fino ai giorni nostri. Nel frattempo la pista belga è andata incontro ad altri importanti ammodernamenti, come quello del 1994 che portò al rallentamento dell’ingresso nel Raidillon e all’anticipazione dell’ingresso box prima della Bus Stop. Quest’ultima, inoltre, fu ampiamente modificata tra il 2002 e il 2004, un periodo in cui gli organizzatori hanno anche ampliato le vie di fuga e spostato l’uscita dei vecchi box. Nel frattempo la costruzione di una nuova statale esterna al circuito hanno reso Spa-Francorchamps un tracciato permamente, che nel 2007 è stato ulteriormente affinato per quanto riguarda la Bus Stop: ciò ha comportato anche alcune modifiche a La Source, con un conseguente allungamento del rettilineo di partenza e un completo ammodernamento dei box, del paddock e delle tribune per gli spettatori. SPA-FRANCORCHAMPS: IL CIRCUITO AI RAGGI X Lungo 7004 metri con 19 curve in totale, il circuito di Spa-Francorchamps è diventato uno dei più belli di tutto il Mondiale: il giro di pista inizia sul rettilineo di partenza e arrivo, che conduce immediatamente al tornantino La Source. Da questo punto il tracciato picchia in discesa verso la Eau Rouge (“Acqua rossa”, dal nome del fiume che scorre nelle vicinanze), dove le monoposto di F1 vanno a comprimere le loro sospensioni prima di affrontare il successivo Raidillon in salita. L’intera sezione, chiamata Eau Rouge-Raidillon, viene percorsa oggi con l’acceleratore in pieno, mentre in passato richiedeva una certa cautela per uscire indenni verso il successivo rettilineo del Kemmel. Due esempi di quanto sia duro questo settore sulle vetture del Circus sono proposti dal cappottamento della BAR-Honda di Jacques Villeneuve nel 1999 e il piegamento della colonna dello sterzo della monoposto di Nigel Mansell all’inizio degli anni 90. Il settore successivo vede protagonista il rettilineo del Kemmel, che termina con la staccata di Les Combes per poi proseguire con la Bruxelles e la famosissima Pouhon, un lungo curvone sinistrorso ad ampio raggio che oggi le vetture di F1 percorrono praticamente in pieno. A seguire troviamo la Campus e la Stavelot, che conduce verso il settore finale del circuito, contraddistinto dalla Blanchimont e dalla Chicane “Bus Stop”, resa particolarmente insidiosa sia in ingresso che in uscita. SPA-FRANCORCHAMPS: I FATTI STORICI PIÙ IMPORTANTI La storia del circuito di Spa-Francorchamps è contraddistinta da tanti eventi entrati nella Hall of Fame della Formula 1: come dimenticare la prima vittoria di Ayrton Senna su questa pista nel 1985, che ha spianato la strada ad altri quattro successi tra il 1988 e il 1991 prima dell’arrivo del tedesco Michael Schumacher! Il Kaiser di Kerpen, infatti, fece il suo debutto nel Circus iridato proprio su questo tracciato, nell’edizione 1991 del GP del Belgio al volante della mitica Jordan 191 verde sponsorizzata dalla 7Up. Un debutto dolce-amaro per via della rottura della frizione poche centinaia di metri dopo il via, che però ha spianato la sua strada verso il successo nella massima serie automobilistica. L’anno successivo, infatti, Schumi ottenne la sua prima vittoria in assoluto proprio su questo circuito, a cui sono seguiti altri cinque trionfi che lo rendono, ad oggi, il pilota più vincente nella regione di Stavelot. Nella carriera di Schumacher, tuttavia, Spa-Francorchamps viene ricordata anche per l’incidente con David Coulthard nell’edizione del 1998, quando la sua Ferrari diventò un “triciclo”, oltre al sorpasso di Mika Hakkinen del 2000 con la BAR di Ricardo Zonta in funzione di spettatore d’eccezione in mezzo ai due Campioni. L’anno scorso, invece, è stato Charles Leclerc a raggiungere il gradino più alto del podio sul circuito di Spa-Francorchamps, un successo che ha portato in alto l’onore della Scuderia Ferrari in un weekend segnato, purtroppo, anche dalla morte di Anthoine Hubert in Formula 2. La Casa del Cavallino Rampante trionfa in Belgio da due stagioni consecutive contando anche la vittoria di Sebastian Vettel nel 2018, precedute invece da una tripletta firmata Mercedes. Come in ogni nostro appuntamento, ora è il momento di scoprire tutti i segreti del circuito di Spa-Francorchamps, grazie alla video-guida realizzata dal team di Brackley e dal suo test driver Esteban Gutierrez. Siete pronti a scendere in pista con F1 2020?
  16. Siete in difficoltà a trovare gli ultimi decimi di secondo sulla vostra pista preferita con il videogioco ufficiale della Codemasters F1 2020? Allora il video qua sotto è quello che fa per voi: grazie al contributo di SimRacingSetup.com andrete a scoprire tutti i segreti sull'assetto di una monoposto del Circus per ogni singola pista della stagione in corso, dall'Australia a Monza, da Monaco a Singapore. Si tratta di un aiuto molto importante per incrementare la propria competitività, anche in vista della prossima stagione delle F1 eSports Series. Buona visione!
  17. Nemmeno il momento di respirare dopo il doppio appuntamento di Silverstone che il Mondiale di F1 2020 è pronto a ricominciare la sua corsa con la prossima tappa prevista dal calendario iridato. Questo fine settimana, infatti, tutti gli appassionati della massima serie automobilistica potranno gustarsi il Gran Premio di Spagna, come da tradizione ospitato sullo storico circuito di Barcellona-Catalunya. Chiamata anche “il Montmelò” per la località in cui è stata costruita, questa pista nel tempo ha dato spettacolo grazie ad alcuni dei più grandi piloti del Circus iridato: come dimenticare il duello ruota a ruota tra Senna e Mansell nell’edizione inaugurale del 1991? Così come la vittoria di Michael Schumacher sotto la pioggia del Gran Premio del 1996, quando portò al successo la (poco) competitiva Ferrari F310, oppure quella al debutto di Pastor Maldonado con la Williams nel 2012. Insomma, siamo di fronte a un tracciato ricco di storia… che ora andremo a raccontarvi! BARCELLONA: SEDE PREFERITA PER I TEST Il circuito di Barcellona-Catalunya è stato costruito nel 1991 e ha iniziato ad ospitare il GP di Spagna nello stesso anno: si tratta di un tracciato che, nella configurazione attuale per la Formula 1, è lungo 4.655 metri e presenta 16 curve, molte delle quali da percorrere ad alta velocità. Per questo motivo i team sono costretti ad utilizzare setup ad elevata downforce per rendere competitive le loro vetture, il che impedisce a quest’ultime di raggiungere una top speed particolarmente alta sul rettilineo di partenza e arrivo. Nonostante ciò, i reparti corse del Circus iridato vedono il “Montmelò” come una galleria del vento a cielo aperto, il che lo rende la sede privilegiata per i test pre-stagionali di febbraio. Nei primi anni del suo utilizzo le possibilità di sorpasso su questo tracciato erano davvero elevate, perché le vetture potevano sfrecciare molto vicine l’una alle altre a partire dalle ultime due curve fino a tutto il rettifilo principale. Quando il bilanciamento aerodinamico è diventato una parte fondamentale di una monoposto di F1, questa caratteristica è tuttavia venuta a mancare sempre di più. Le turbolenze generate dalla vettura davanti, infatti, impediscono oggi a quelle che seguono di poter rimanere facilmente in scia, per un’azione di sorpasso ormai limitata esclusivamente all’utilizzo del DRS. Dopo il GP di San Marino del 1994, in cui persero la vita Roland Ratzenberger e Ayrton Senna, gli organizzatori decisero di rivedere il layout del “Montmelò”, ampliando le vie di fuga e sostituendo la variante Nissan con un tratto rettilineo, disponibile solo dall’edizione del 1995. Per favorire i sorpassi, inoltre, nel 2004 è stata modificata la morfologia delle curve La Caixa e Banc de Sabadell, mentre nel 2007 fu introdotta l’ultima chicane prima del traguardo, contraddistinta dalle curve Europcar e New Holland. L’ultima riasfaltatura, invece, risale al 2018, voluta dal Mondiale di MotoGP per aumentare il grip a disposizione durante il weekend di gara. BARCELLONA: IL CIRCUITO AI RAGGI X La pista di Barcellona-Catalunya inizia con il rettilineo di partenza, che di fatto rappresenta il punto preferito dai piloti per effettuare un sorpasso. Qui si può azionare l’ala mobile, che verrà disattivata automaticamente quando verrà premuto energicamente il pedale del freno in prossimità di curva 1: in questo punto si entra in una chicane da media velocità , in cui l’importante è uscire bene dalla seconda a sinistra a gas spalancato verso il curvone successivo. Dalla Elf si passa alla Renault, una lunga curva ad ampio raggio da percorrere in pieno fino a curva 4, la Repsol: molto simile alla mitica Parabolica di Monza, la traiettoria ideale richiede ai piloti di frenare in maniera ritardata per poi prendere l’apex in anticipo rispetto al solito, in modo da lanciarsi a tutta velocità verso la curva più lenta del circuito, la Seat. A seguire le monoposto di F1 dovranno affrontare un settore che prima si dirige in discesa e poi ritorna in salita con le curve 7 e 8, che formano una piccola chicane in cui bisogna stare attenti ai cordoli in uscita. Il motivo? Questi possono rovinare il fondo e le sospensioni delle vetture a causa della forte compressione, portandole in alcuni casi in testacoda quando si esagera con l’acceleratore. A questo punto è il momento di affrontare la Campsa, una curva a destra velocissima in cui inizialmente non si riesce a vedere il punto di corda. Da percorrere in pieno, questa conduce su un piccolo rettilineo che termina a La Caixa, tornantino a sinistra da seconda marcia che introduce successivamente nell’ultimo settore del circuito. Dopo una prima curva a sinistra i piloti di F1 si dirigono di nuovo in salita, per poi aggredire l’ultima chicane che è stata ridisegnata dal noto ingegnere tedesco Hermann Tilke. Il suo scopo è quello di abbassare la velocità di uscita verso il rettilineo principale, in modo da aumentare l’azione in pista e, possibilmente, le opportunità di sorpasso, di solito limitate alle sole zone predisposte per l’utilizzo del DRS. BARCELLONA: ATTENZIONE ALLE TEMPERATURE La presenza di diverse curve da percorrere ad alta velocità costringe gli ingegneri ad utilizzare assetti da elevato carico aerodinamico sul circuito di Barcellona: i reparti corse con vetture il più possibile efficienti in termini di downforce potranno di conseguenza azzardare degli angoli di incidenza per gli alettoni più estremi, al fine di favorire il più possibile la velocità massima in rettilineo. Benchè questa pista non metta particolarmente alla frusta le power unit, dal momento che l’utilizzo dell’acceleratore è limitato solamente al 50% di un giro completo, i team dovranno prestare attenzione alla temperatura ambientale, nonché all’elevato consumo degli pneumatici sulla distanza di gara. L’asfalto abrasivo del “Montmelò”, infatti, comporta forti sollecitazioni sulle gomme della Pirelli, che in Spagna porterà le tre mescole più dure della gamma P Zero: le C1 (Hard), le C2 (Medium) e le C3 (Soft). I carichi che dovranno sostenere hanno inoltre indotto il fornitore italiano ad alzare le pressioni medie, il che richiederà un’ulteriore attenzione alla gestione delle coperture durante l’intero Gran Premio. BARCELLONA: I FATTI STORICI PIÙ IMPORTANTI Fin dalla sua introduzione nel calendario di Formula 1, il circuito di Barcellona-Catalunya si è distinto per alcuni avvenimenti che sono entrati nella Hall of Fame della massima categoria. Nell’edizione inaugurale del 1991 Ayrton Senna e Nigel Mansell percorsero l’intero rettilineo uno di fianco all’altro alla velocità di oltre 300 km/h, con il pilota britannico alla fine capace di superare all’ultimo il rivale brasiliano. Nel 1994, invece, Michael Schumacher riuscì a raggiungere il secondo gradino del podio nonostante una Benetton bloccata in quinta marcia per oltre metà gara, a cui seguì la vittoria con la Ferrari durante il diluvio dell’edizione del 1996. Nel 2001, invece, la McLaren-Mercedes di Mika Hakkinen lasciò a piedi il finlandese proprio all’ultimo giro per un problema alla frizione, spianando la strada proprio al Kaiser di Kerpen. Da ricordare inoltre l’edizione del 2006, che incoronò Fernando Alonso, all’epoca pilota della Renault, come il primo spagnolo di F1 a trionfare “in casa” sulla pista catalana. In tempi recenti, invece, il “Montmelò” ha incoronato vincitori due debuttanti d’eccezione: nel 2012 il venezuelano Pastor Maldonado (per lui fu il primo, e unico, successo con la Williams), nel 2016 un giovanissimo Max Verstappen alla sua prima gara in assoluto nel Circus iridato con la Red Bull. Passando dalle quattro alle due ruote, la pista di Barcellona è ricordata per lo splendido duello tra Valentino Rossi e Jorge Lorenzo durante l’edizione del 2009, con il “Dottore” capace di beffare il compagno di squadra grazie a quell’incredibile sorpasso effettuato all’ultima curva prima del traguardo. Nel 2016, invece, Luis Salom fu vittima di uno spaventoso incidente in curva 12, che gli costò successivamente la vita: questo convinse la FIM a cambiare il layout utilizzato dal Motomondiale, che passò su quello utilizzato dalla F1 fino al 2006. E ora… le statistiche: il primato assoluto in qualifica del “Montmelò” appartiene a Valtteri Bottas, siglato con la Mercedes nel 2019 in 1’15’’406, mentre quello in gara porta la firma dell’australiano Daniel Ricciardo, ottenuto con la Red Bull in 1’18’’441. Il pilota più vincente su questa pista è ancora Michael Schumacher con ben sei successi all’attivo, seguito da Lewis Hamilton (quattro) e da Mika Hakkinen (tre). La scuderia più prestigiosa, invece, è la Ferrari, con otto trionfi davanti alla Williams (sei) e alla Mercedes (cinque). Ma quali sono i segreti di guida per centrare un ottimo tempo sul circuito di Barcellona? Come negli appuntamenti precedenti ce lo spiega Esteban Gutierrez, con il tradizionale appuntamento del team Mercedes AMG Petronas e il videogioco ufficiale della Codemasters F1 2020: buona visione!
  18. Un dominio delle Frecce d’Argento: si può riassumere così l’inizio di una stagione molto particolare, condizionata dall’emergenza Coronavirus, in cui però nessun team sembra riuscire a trovare uno spiraglio per mettere in difficoltà Hamilton e Bottas. Anche gli appassionati di scommesse sportive sanno perfettamente come Hamilton sia ancora una volta il grande favorito per il prossimo Gran Premio che si svolgerà sempre sul tracciato di Silverstone, nel Regno Unito. Sono in tanti ad aver cominciato a puntare sulla F1, anche se in effetti le quote legate ai due piloti targati Mercedes sono sempre molto basse. Online ci sono comunque piattaforme dedicate al betting online che offrono l’opportunità di trovare quote molto interessanti e scommesse particolari sulla F1. Non solo, dato che tali portali permettono anche di divertirsi con NetBet roulette e tanti altri giochi d’azzardo, come ad esempio il poker, piuttosto che baccarat, blackjack e slot machine. I favoriti per il Gp del 70° anniversario Non c’è bisogno di avere la sfera magica per capire come la Mercedes, in questo momento della stagione, non temi alcun rivale, semplicemente perché è la squadra più forte, con la monoposto migliore rispetto a tutte le altre. A meno di scherzetti delle gomme, saranno ancora Hamilton e Bottas a giocarsi il primo posto, sia in griglia per la pole position, sia in gara. A meno di complicazioni che andranno a colpire le gomme o a qualche problema di affidabilità, quindi, dovrebbe essere ancora un monologo delle due Frecce d’Argento. E la Ferrari? Difficile che Leclerc riesca ancora una volta nell’impresa di portare la rossa sul podio, dato che la fortuna non gira sempre dalla parte del team di Maranello. E affidarsi solo ed esclusivamente alla dea bendata è quanto di più sbagliato si possa fare. Tenendo conto di come le ambizioni di vittoria possano essere accantonate tranquillamente in soffitta, è chiaro come l’obiettivo della Ferrari sia quello di andare a punti con entrambe le vetture e battere le dirette concorrenti, ovvero Racing Point, Renault e Red Bull. Ci saranno ancora disagi con le gomme? Quello di domenica scorsa è stato un Gran Premio caratterizzato da un degrado pazzesco delle gomme Pirelli: le Mercedes sono state protagoniste loro malgrado nel finale di gara, con Bottas che ha dovuto arrendersi e Lewis Hamilton che ha concluso la gara al primo posto, ma solo su tre gomme in pratica. I due piloti della Mercedes non sono certo gli unici che hanno affrontato tali problematiche con gli pneumatici, dato che pure Sainz e Norris hanno sopportato forti vibrazioni e, nel caso del prossimo pilota della Ferrari, pure la distruzione della gomma anteriore sinistra negli ultimi giorni. La Pirelli si è giustificata sottolineando come la causa, molto probabilmente, è legata alla presenza di vari detriti sulla pista lasciati dall’alettone rotto dall’Alfa Romeo di Raikkonen e anche dei dieci giri in più che le monoposto hanno dovuto fare con l’ingresso della safety car in seguito al sinistro occorso a Kvyat. Nel prossimo weekend, come detto, si correrà ancora una volta a Silverstone, ma le cose potrebbero essere ben diverse rispetto a domenica scorsa. Infatti, ci saranno mescole differenti, con pneumatici decisamente più morbidi, evitando di ripresentare ancora la gomma dura. Non solo, dato che le previsioni parlando di un caldo notevole, con temperature che cresceranno anche di diversi gradi rispetto a quelle affrontate il 2 agosto. Cosa vuol dire tutto questo? Semplice, che ci potrebbero essere problemi diversi rispetto all’ultimo weekend. Sarà fondamentale, di conseguenza, la gestione degli pneumatici da parte dei piloti, così come pare che nessuno punterà sulla strategia di una sola sosta, come confidato anche da parte del pilota della Mercedes Valtteri Bottas. [Contributo editoriale esterno]
  19. Sono passati solamente pochi giorni dall’uscita di F1 2020, ultima edizione del tradizionale titolo di corse marchiato Codemasters: un prodotto, come dettagliatamente analizzato nella nostra recensione, che servirà da trampolino di lancio alla prossima generazione di videogiochi racing della software house britannica, ma che porta in dote un sacco di novità che sicuramente hanno incontrato i favori di tutti gli appassionati della Formula 1. Questo, tuttavia, è ciò che un utente medio è in grado di cogliere in superficie. Cosa troviamo, invece, scavando in profondità? Questa è la domanda che ci siamo posti dopo averlo provato, che ha portato a questo articolo in cui andremo ad analizzare i cambiamenti che sono stati apportati a livello di gameplay, fisica e dinamica di guida e di tutte le più importanti sensazioni al volante. Che, per un pilota virtuale, rappresentano il metro di giudizio fondamentale per prendere in considerazione un titolo di corse. Siete curiosi di sapere qual è il nostro giudizio? Continuate a leggere! F1 2020: EVOLUZIONE DELLA SPECIE Negli ultimi anni Codemasters sembrava aver perfezionato per la sua serie di Formula 1 un force feedback… strano, poco realistico ma anche decisamente poco apprezzabile e godibile. Dopo un F1 2017 poco brillante e quasi anonimo, ci siamo trovati tra le mani un F1 2018 rivisto, più guidabile e capace di trasmettere delle sensazioni al volante quantomeno vicine a quelle, invece, sapientemente realizzate da titoli come Assetto Corsa e rFactor 2. Poi è stata la volta di F1 2019: un passo indietro notevole, con delle monoposto fortemente inclini al sottosterzo in tutte le fasi di avvicinamento e percorrenza di curva che hanno fatto storcere il naso anche ai fan più sfegatati della serie. Da una vettura di Formula 1 attuale ci si aspetta tanto, tantissimo carico aerodinamico che la mantiene saldamente al suolo anche ad alta velocità… un’aspettativa che, su F1 2019, si trasformava puntualmente nella necessità di togliere il piede dall’acceleratore per riuscire a chiudere senza inconvenienti la traiettoria impostata. Un’impostazione di guida a cui ci siamo tutti adattati, ma che per fortuna è stata drasticamente rivista per il nuovissimo F1 2020: pronti, via e… cavolo, che bella da guidare questa Mercedes! Anche lasciando le impostazioni di base, il nuovo capitolo firmato Codemasters si distingue per uno sterzo assolutamente più reattivo e comunicativo, che fornisce delle sensazioni in un certo senso “parenti alla lontana” di quelle del recente Automobilista 2. F1 2020: FINALMENTE UN FFB COME SI DEVE! Con un Logitech G29 tra le mani il feeling è quello di sentire maggiormente il contatto delle gomme con l’asfalto e con tutte le altre parti della pista, cordoli e “bumps” compresi. Questo non succedeva nei precedenti capitoli della serie, solitamente anonimi sotto questo punto di vista per un modello di guida in cui la vettura sembrava poter passare sopra a qualsiasi cosa senza battere ciglio. Salvo poi intraversarsi tutta d’un colpo per un’improvvisa perdita di aderenza al posteriore dovuta, magari, a un’esagerazione di troppo sul pedale del gas. Ora, invece, la nostra Mercedes è ben piantata a terra, soffre molto meno di sottosterzo e permette uno stile di guida molto più aggressivo, in cui il pilota può finalmente dire la sua. La sensazione è quella di un maggior controllo complessivo della vettura, che può essere molto più facilmente spinta al limite con grande soddisfazione da chi sta dietro al volante. La tanto ricercata “pesantezza” progressiva dello sterzo è stata finalmente implementata ed è immediatamente percepibile anche su periferiche di fascia medio-bassa, che quindi saranno molto meno penalizzate rispetto alle concorrenti più evolute. Fare hotlapping con queste nuove sensazioni di guida diventa, quindi, un vero piacere, così come frenare all’ultimo metro disponibile per guadagnare centesimi preziosi in staccata. Mentre nel precedente F1 2019 il problema dei bloccaggi era all’ordine del giorno, ora su F1 2020 si potrà affondare sul pedale del freno senza troppi timori, ma piuttosto con quella fiducia necessaria per andare a caccia del proprio miglior tempo sul giro. F1 2020: CALIBRAZIONE (INCERTA) DELLE PERFORMANCE Quanto riportato finora, però, vale per la monoposto attualmente in vetta al Mondiale di F1 2020: la Mercedes di Hamilton e Bottas. Sia in gara che in qualifica la W11 EQ Power+ si è dimostrata nelle nostre mani un’arma affilatissima, con la quale siglare giri veloci a ripetizione anche solo utilizzando il setup di base. Lo stesso discorso, in linea generale, lo possiamo replicare anche per la Ferrari di Vettel e Leclerc, sempre guidabilissima e molto reattiva ad ogni nostro input. Rispetto alla Freccia d’Argento, però, la SF1000 paga qualche decimo di dazio, un gap prestazionale che aumenta a sua volta se prendiamo in considerazione la Red Bull di Verstappen e Albon. La RB16, tuttavia, già mostra qualche differenza di handling con le altre due monoposto prese in considerazione: è più imprecisa e sostanzialmente più “leggera” al volante, il che la rende di conseguenza anche meno stabile e meno percepibile attraverso i sensi del pilota. Volete la verità? Dal momento che il Mondiale 2020 è partito solamente due settimane fa e i test pre-stagionali di Barcellona non potevano essere presi come metro di giudizio, Codemasters ha pensato bene di fare “copia & incolla”, riproponendo le stesse performance delle monoposto 2019 nel suo nuovo titolo a quattro ruote. Così facendo la Mercedes è rimasta sempre la più veloce e consistente, seguita dalla Ferrari, dalla Red Bull e via via da tutte le altre. Insomma, le belle sensazioni che vi abbiamo enunciato nei paragrafi precedenti andranno drasticamente scemando con il nostro allontanamento dalla parte alta della griglia di partenza. Certo, l’handling di base rimarrà sostanzialmente quello della Mercedes, ma pur sempre con delle belle differenze che, in un Gran Premio tarato su performance realistiche, vi faranno rimpiangere di non essere al volante della splendida Freccia d’Argento tedesca. F1 2020: SIAMO SICURI CHE SIA UNA FORMULA 2? Al fianco della classe regina, anche quest’anno Codemasters propone la griglia completa della categoria “cadetta”, la Formula 2… anche se del 2019. Nell’attesa che la software house britannica introduca le vetture del 2020, vi possiamo raccontare come sono quelle dell’anno scorso. Senza troppi giri di parole… avete presente cosa aveva detto Alain Prost nei confronti della Ferrari 643 del 1991? Chi è un appassionato nostalgico non può dimenticare quel commento del Professore, che gli procurò il licenziamento in tronco dalla Scuderia del Cavallino Rampante in seguito al GP del Giappone. Ecco, le Formula 2 sono essenzialmente come la “vecchia” 643: un camion. Se avete letto la nostra comparativa tra la Formula Hybrid 2020 e la RSS2 V6 2020 su Assetto Corsa, vi possiamo assicurare che le F2 modellate da Codemasters non sono nemmeno lontanamente paragonabili a quelle realizzate dal team Race Sim Studio. Sullo sterzo sono pesantissime (proprio come su F1 2019) e per essere guidate al limite devono essere inserite in curva con una velocità (bassa) molto ben tarata… altrimenti il risultato è quello di finire nell’erba (o nella ghaia) senza che alcuna correzione possa mitigare l’errore compiuto. Anche la distribuzione di potenza e coppia sono da rivedere: essendo dotate di un V6 turbo-ibrido ci aspettavamo un certo “nervo” a bassi regimi, cosa che invece è sostanzialmente assente. Anzi, per massimizzare il guadagno di tempo in alcune curve strette è necessario scalare in prima e far schizzare in alto gli RPM: se facessimo così nella realtà, molto probabilmente il propulsore avrebbe una vita media di pochi giri, non di alcuni Gran Premi! Per quanto riguarda, invece, le monoposto classiche, come negli anni passati Codemasters ha differenziato notevolmente l’handling di ciascuna di esse: quelle di inizi anni ‘90 sono nettamente diverse da quelle degli anni 2000, così come queste sono un altro mondo rispetto alle ultime vetture Campioni del Mondo presenti nel garage, come la Red Bull di Sebastian Vettel. Le più difficili da guidare, ovviamente, sono le prime che abbiamo menzionato, ma anche qua non capiamo bene la base di partenza per un modello di guida così complicato e poco comunicativo di quanto accade tra la vettura e il contatto delle sue gomme con l’asfalto. Guidare la Jordan 191 di Schumacher su Assetto Corsa non ci era sembrato così impossibile come su F1 2020, dove sembra di stare costantemente sul ghiaccio! F1 2020: GRAN PREMIO O DRAG RACING? Passiamo al gameplay. Benchè quest’anno Codemasters abbia voluto aumentare la carne al fuoco con la modalità Carriera Scuderia e con tante altre chicche che rendono F1 2020 sicuramente più appetibile, il nuovo titolo di corse della software house britannica propone un’esperienza di gioco sostanzialmente molto vicina, se non identica, a quella del suo predecessore. In modalità Gran Premio F1 2020 si distingue da F1 2019 solamente per le sensazioni al volante differenti (a seconda della vettura scelta) e per la modalità ERS semi-automatica, che facilita sicuramente la vita del pilota… ma che sminuisce in un certo senso l’intero prodotto a un banale titolo arcade. Sì, la modalità Sorpasso permette di concentrarsi di più sulla guida e, quando necessario, garantisce un livello aggiuntivo di potenza… che però finisce quasi subito, proprio come accadeva su F1 2019 con i livelli di erogazione più elevati. Soprattutto quando ci troviamo coinvolti in una gara a cui teniamo molto, dove il nostro risultato può fare la differenza: in un contesto del genere, la nostra scelta sarà quella di gestire sapientemente l’energia a nostra disposizione… oppure di dare tutto quello che abbiamo fin da subito pur di metterci davanti a tutti, comandare la corsa e, possibilmente, creare un certo margine sui nostri avversari? Quello che vogliamo dire è questo: temiamo che la modalità Sorpasso induca i piloti a trasformare un Gran Premio in una gara di velocità da pochi giri. L’adrenalina che si prova in una competizione ci porta a voler utilizzare tutte le risorse a nostra disposizione, quindi perché voler gestire il nostro potenziale quando possiamo sfruttarlo a nostro piacimento fin da subito? Nella modalità Online questo aspetto sarà sicuramente estremizzato, il che non farà certamente del bene alla nostra tanto amata Formula 1… F1 2020: IMPRESA FALLITA PER MEZZA GOMMA FUORI DAL CORDOLO Un altro aspetto che non ci ha per niente convinto di F1 2020 è l’implementazione di un sistema di “corner cutting” fin troppo stringente e severo. Nelle nostre prove a Melbourne, sul Red Bull Ring e a Silverstone durate all’incirca una ventina di giri, vi possiamo dire che quelli validati si potevano contare sulle dita di una mano. Immaginatevi la scena: dopo alcuni passaggi di familiarizzazione con il tracciato, con la vettura e la dinamica di guida, cerchiamo di dare il tutto per tutto come fossimo in qualifica. Terzo settore, ultima curva: la prendiamo aggressivamente, mettiamo mezza gomma (mezza!) fuori dal limite esterno del cordolo… e Tac! Giro invalidato. Ci riproviamo e lo stesso copione si ripete, si ripete e si ripete ancora. Non è un’assurdità? Possiamo capire se il nostro “taglio” ci abbia dato un significativo vantaggio in termini cronometrici, ma in alcuni casi gli errori commessi sono accaduti in parti del tracciato che ci avrebbero comunque fatto perdere tempo per via di una traiettoria tutt'altro che ottimale. Siamo di fronte a un bug? Purtroppo no. Codemasters ha scelto consapevolmente di programmare la modalità Sfida a tempo con un “corner cutting” settato su regole “strict”, il che sicuramente premierà i più bravi a rimanere dentro i limiti della pista… ma farà anche spazientire la maggior parte dei piloti virtuali in circolazione. Per fortuna che nelle altre modalità si possono impostare i track limits su Realistic, come nella realtà… F1 2020: SEMPRE LA SOLITA STORIA? Allora, a conti fatti, qual è il nostro verdetto? F1 2020 è un prodotto effettivamente nuovo, fresco e innovativo… o è la solita “minestra riscaldata”? La risposta è… dipende, dal punto di vista attraverso il quale vogliamo vedere il nuovo titolo firmato Codemasters. Se siamo dei principianti della guida simulata, F1 2020 sarà una bella sorpresa per noi: un modello di guida godibile, divertente e ben riprodotto, una modalità Carriera completa e articolata e tutto quello che serve per apprezzare il magico mondo della Formula 1, del presente e del passato. Se, invece, abbiamo già giocato ai precedenti capitoli, l’unico aspetto che rende valido l’acquisto di questo prodotto è la possibilità di costruire da zero la propria Scuderia, con la quale diventare protagonisti con l’11esimo team in griglia di partenza. Viceversa, tutti coloro che provengono dai titoli Kunos Simulazioni, rFactor 2 o iRacing, potranno trovare in F1 2020 una nuova sfida in cui cimentarsi, a patto di adattarsi praticamente a un mondo diverso e tutto nuovo. A livello simulativo, le differenze con titoli più quotati si sentono tutte, ma fortunatamente si stanno assottigliando anno dopo anno. Così come anno dopo anno Codemasters fa dei progressi in alcune aree ma sbaglia in altre: fiduciosi che le performance (e le livree attuali) delle vetture saranno aggiornate quanto prima, il nostro timore è essenzialmente quello di vedere la Formula 1 trasformarsi sempre di più in una competizione lontana dai suoi valori originari. Tra DRS, modalità Sorpasso, azione in pista che, tante volte, si traduce nel saper sfruttare la migliore strategia possibile con gli under-cut (o gli over-cut) ai box e pit-stop programmati con i quali andare a caccia, a tre giri dalla fine del Gran Premio, del giro veloce della corsa, chi ha più la voglia di essere costanti in ogni passaggio con differenze entro un decimo tra una tornata e l’altra? Oppure di guadagnarsi veramente un sorpasso al limite staccando quella frazione di secondo dopo il tuo avversario, solo avendo preso la scia sul rettilineo precedente? A conti fatti, la Formula 1 oggi è così. Una serie automobilistica in cui il progresso ha ridotto la componente sportiva in favore di quella tecnologica, dove conta sì la prestazione… ma anche, e soprattutto, la gestione del proprio potenziale. E se ci troviamo ad affrontare una parte di gara in cui sentiamo di poter andare più veloci ma non possiamo per limitare l’usura delle componenti… bè, dobbiamo accettarlo. In questo F1 2020 è il titolo migliore che riproduce nei minimi dettagli il Grande Circo della Velocità. Sicuramente il migliore degli ultimi anni, nonostante tutti quei difetti a cui, volendo, ci si può adattare e… passarci sopra. Come in tutte le cose. Ma fino a che punto?
  20. A pochi giorni di distanza dalla release ufficiale di F1 2020, sia nella versione speciale dedicata a Schumacher che nella "classica" Seventy Edition, Codemasters vuole deliziarci proponendoci il "making of" che ha portato alla creazione di uno dei due nuovi circuiti che ospiteranno in futuro il Mondiale della massima serie automobilistica: il circuito olandese di Zandvoort. Chiamato "Zandvoort in F1 2020 - The making of a race against time", si tratta di un documentario che ci porterà nel dietro le quinte sotto il punto di vista di Codemasters, che ha inserito anche i commenti dell'ex-pilota di F1 Jan Lammers e di Hans Hugenholtz jr, che è il figlio del creatore del circuito originale John Hugenholtz. Non mancano le parole di Lee Mather, Game Director di Codemasters, e di Stuart Campbell, che ci proporrà alcuni footage esclusivi dello sviluppo portato a termine della software britannica.
  21. Grazie a un recente annuncio pubblicato dal team Renault, Fernando Alonso tornerà in Formula 1 nella prossima stagione 2021, correndo per lo stesso team che nel 2005/2006 ha portato al successo. Dopo due anni di "digiuno" dalla massima serie automobilistica, lo spagnolo potrà contare sull'esperienza accumulata in IndyCar, nella Dakar e anche nel mondo del simracing, a cui si è dedicato come un vero professionista durante il lockdown provocato dalla pandemia COVID-19. Il suo debutto ufficiale è avvenuto nel round di Zandvoort dove ha partecipato al volante della Brabham BT44B, vettura classica da Formula 1 scelta per la categoria Legends Trophy della "The Race All-Stars Series" su rFactor 2. Un esordio, in realtà, poco promettente a causa di due gare con tante difficoltà, a cui però sono seguite due rivincite nella versione virtuale della 500 Miglia di Indianapolis, vinta anche nella corsa a griglia invertita dove è scattato dalla 21esima casella. Al suo ritorno nella All-Stars Series, Alonso aveva già accumulato l'esperienza necessaria per diventare un "frontrunner": prima Silverstone e poi l'appuntamento di Monaco, dove ha trionfato davanti a un Juan Pablo Montoya sì competitivo... ma anche staccato di 10 secondi sotto la bandiera a scacchi. Poi è arrivato il turno della 24 Ore virtuale di Le Mans: Fernando ha fatto squadra con Rubens Barrichello e con i due simdriver Olli Pahkala e Jarl Teien, ma sul più bello un "glitch" gli ha impedito di concretizzare tutto il suo talento. Con tanto di penalità da scontare durante il suo pit-stop programmato a causa di un sorpasso ritenuto invalido, Alonso non ha potuto effettuare il rifornimento della sua vettura, che poi ha dovuto parcheggiare poco dopo fuori dalla pista. Il suo team, successivamente, è tornato in gara grazie a una bandiera rossa, terminando l'evento eSports più atteso di sempre, tuttavia, con diversi giri da recuperare sugli avversari. Un vero peccato, soprattutto per il grande impegno del pilota asturiano che ha anche segnato il nono giro più veloce dell'intero evento, a riprova della sua estrema capacità di adattamento a un mondo, quello del simracing, nettamente differente a ciò che è solitamente abituato. Alonso, fortunatamente, potrà rifarsi molto presto, perchè questo fine settimana parteciperà al secondo evento endurance più atteso della stagione: stiamo parlando della 24 Ore di Spa-Francorchamps su iRacing, nella quale Fernando tornerà a condividere il volante con Barrichello, Pahkala e Teien assieme ad altri simdriver di prestigio, tra i quali il pilota d'IndyCar Tony Kanaan, Ricardo Moràn, Isaac Gilissen e Balasz Remenyik. Il team FA/RB Allinsports è pronto ad accendere nuovamente i motori e a dare spettacolo, attraverso una meticolosa preparazione attuata assieme all'ex team vincente nella categoria LMP2 di Le Mans Greaves Motorsport: "Non vedo l'ora che questa sfida cominci - ha commentato Alonso - Per me sarà la prima volta su iRacing, motivo per cui ho chiesto aiuto ad alcuni amici. Sarà un appuntamento entusiasmante, e benchè l'anno prossimo sarò di nuovo impegnato in F1, sono sicuro che sarà parecchio divertente riunirmi nuovamente con i miei compagni di squadra della 24 ore virtual di Le Mans".
  22. Siete dei principianti della guida simulata e volete davvero scendere in pista con il nuovissimo F1 2020... ma non sapete da dove iniziare e come approcciare correttamente le monoposto del Circus iridato? Allora in questo breve articolo abbiamo la soluzione che fa al caso vostro: Codemasters ha voluto rendere il suo nuovo titolo di punta un prodotto accessibile praticamente a tutti, grazie a una scalabilità della difficoltà del gameplay su più livelli. Per i novizi del simracing, la cosa migliore da fare è non solo imparare dai migliori... ma anche prendere appunti guardando il video qua sotto, che vi fornirà passo dopo passo i consigli più utili per diventare gradualmente dei piloti sempre più bravi. Buona visione!
  23. Aspettando il tanto atteso “salto generazionale” che vedremo nel prossimo futuro, Codemasters per quest’anno ha ulteriormente rifinito il suo cavallo di battaglia corsistico, rilasciando un F1 2020 davvero ricco di novità che farà esaltare tutti gli appassionati delle monoposto più veloci (e belle) del mondo. Dopo mesi di corse virtuali con il precedente F1 2019, il nuovo capitolo della serie si propone come un’evoluzione che tocca tutti gli aspetti più importanti del franchise britannico a quattro ruote, diventando a tutti gli effetti come un “must-have” che anche gli amanti della simulazione “dura e cruda” dovrebbero prendere in considerazione. Perchè? Continuate a leggere la nostra recensione e scoprirete il perché! F1 2020: ZANDVOORT E HANOI, MA NIENTE MUGELLO Iniziamo con una premessa: ciò che F1 2020 vi proporrà sarà il Mondiale di Formula 1 2020 come avrebbe dovuto essere, senza quindi tutte le modifiche attuali rese necessarie a causa della pandemia Coronavirus. Si partirà con il classico debutto in quel di Melbourne, Australia, per poi transitare su altre 21 piste, tra le quali la menzione d’onore va tutta alle nuove aggiunte che rispondono al nome di Zandvoort e dell’Hanoi Street Circuit. Come avevano fatto notare gli sviluppatori, per questione di tempistiche Codemasters non è riuscita a rispecchiare fedelmente l’attuale stagione di Formula 1 2020, che invece è cominciata la scorsa settimana in Austria e vedrà un numero di appuntamenti variabile ma, probabilmente, superiore a 16. Anche se non c’è ancora l’ufficialità, il Mugello, Imola e Portimao faranno il loro esordio (o ritorno in grande stile) in calendario: una notizia assolutamente positiva, ma che avrebbe richiesto ai “Codies” di programmare da zero dei circuiti che avrebbero richiesto almeno un anno di sviluppo. F1 2020: UN TITOLO DI CORSE CON ELEMENTI DA RPG Se vogliamo, quindi, trovare il “neo contenutistico” a F1 2020, dobbiamo puntare il dito necessariamente alla scelta di implementare l’attuale stagione per come era stata organizzata inizialmente. Perchè per tutto il resto, il nuovo titolo di corse firmato Codemasters porta sotto i riflettori tanta, tantissima carne al fuoco. La novità più importante è sicuramente la modalità My Team, chiamata anche Carriera Scuderia: si tratta di una versione “alternativa” della classica Carriera Pilota, in cui saremo chiamati a creare da zero quello che diventerà l’11esimo team in forze al Circus iridato. Da protagonisti, noi vestiremo i panni sia di proprietari/team manager del nuovo reparto corse che di primi piloti: un’avventura che comincia con il scegliere un main sponsor, un fornitore per la power unit della nostra monoposto (ovviamente personalizzabile a piacimento) e un compagno di squadra, da individuare tra le giovani leve della Formula 2. Una volta definite le basi del nostro team, avremo la responsabilità di farlo crescere passo dopo passo, in modo da migliorare i singoli reparti che lo compongono. In questo aspetto le differenze con la modalità Carriera tradizionale sono esigue, ma ciò che fa la differenza sarà l’organizzazione di tutti quegli eventi che fanno da contorno a un weekend di gara. Per progredire dai bassifondi della griglia di partenza verso le prime posizioni sarà necessario organizzare i propri impegni con attività legate al marketing della scuderia (che doneranno visibilità), attività inerenti il lavoro di ricerca e sviluppo della monoposto e di affinamento della preparazione dei piloti (non manca il nostro tanto amato simulatore!). Così facendo attrarremo altri sponsor e otterremo maggior denaro, spendibile per progredire, appunto, nello sviluppo del proprio team. Il tutto senza dimenticare di dare il massimo in ogni Gran Premio, dove la conquista di preziosi punti iridati farà felici i nostri “finanziatori” e aumenterà il blasone del nostro reparto corse. Grazie a ciò si potranno così attrarre anche altri piloti da arruolare tra le nostre fila, tenendo presente, però, che quelli più appetibili richiederanno dei requisiti minimi per convincerli ad indossare i colori delle nostre tute. Ognuno di loro avrà dei punteggi a seconda delle sue abilità di guida, le quali andranno a confluire nel complessivo Driver Rating che definirà, in ultimo, la sua esperienza e il suo valore in griglia. Insomma, la modalità Carriera Scuderia si propone come il modo definitivo di vivere non una, bensì 10 stagioni da piloti/team manager di Formula 1. Tra una corsa e l’altra, finalmente, il nuovo titolo firmato Codemasters prende un senso, diventando qualcosa di più di un – comunque divertente e appagante – titolo di corse su pista. F1 2020: PILOTI SI DIVENTA Benchè tutta l’attenzione è stata catalizzata dalla modalità appena descritta, F1 2020 propone ovviamente anche tutte le alternative che erano già presenti nel capitolo precedente. Non manca, quindi, la classica Carriera Pilota, sapientemente rivista con alcuni degli elementi presenti nella modalità gemella. Anche qui avremo un calendario attraverso il quale gestire i nostri impegni, con i quali ottenere dei bonus da spendere per migliorare la nostra posizione da piloti di F1. La nostra carriera, come già sottolineato, sarà decennale e dovremo gestirla facendo leva non solo sulle nostre capacità in pista, ma anche sulla nostra immagine di fronte alla stampa. Si potrà ingaggiare una squadra di social media manager per far incrementare la nostra fama più velocemente, oppure ci verrà data la possibilità di sbloccare nuove risposte durante le interviste, ora gestite non solo dalla simpatica Claire ma anche da un secondo giornalista. Rispetto a quanto visto in F1 2019, inoltre, nel nuovo capitolo manca la storyline introduttiva con le gare d’esordio in Formula 2: al suo posto si potrà scegliere se avere un assaggio della classe cadetta, correrla in parte o completamente oppure fare il salto diretto nella massima serie automobilistica. Confermati i “driver transfer” tra un team e l’altro, mentre è stato introdotto al termine della Carriera la possibilità di andare incontro al proprio ritiro sportivo per lasciare spazio alle giovani leve dell’automobilismo. Per tutto il resto, la Carriera Pilota di F1 2020 è sostanzialmente la stessa dell’anno scorso: si dovranno affrontare i vari turni di libere e le sfide proposte in pista per incrementare i punti ottenibili, da spendere successivamente nello sviluppo delle varie parti della nostra monoposto. F1 2020: IN ONORE DI MICHAEL SCHUMACHER Allo stesso modo, Codemasters ha mantenuto anche le altre modalità di gioco classiche della serie, vale a dire “Gran Premio”, “Sfida a tempo” e “Campionato”, dove potremo scegliere in quale contesto gareggiare senza dover per forza passare attraverso l’aspetto gestionale delle due modalità Carriera appena descritte. Tra le altre novità contenutistiche, F1 2020 è stato creato con l’intenzione di omaggiare uno dei piloti più vittoriosi di tutto il Circus iridato: stiamo parlando di Michael Schumacher, per il quale il team britannico ha creato anche un’edizione speciale dedicata che, appunto, propone alcuni contenuti extra relativi al Campione tedesco. Ciò che salta subito all’occhio sono, ovviamente, le vetture classiche che hanno contraddistinto la carriera del Barone Rosso di Kerpen: oltre alla sempreverde F2004, nella Schumacher Edition troveranno spazio la Jordan 191, prima monoposto guidata nel 1991 a Spa-Francorchamps, le Benetton-Renault B194 e B195 Campioni del Mondo delle stagioni 1994 e 1995 e la Ferrari F1-2000, monoposto che ha permesso al Kaiser di riportare il Cavallino Rampante sul tetto del mondo durante la stagione 2000. Al loro fianco sono state introdotte anche le tute e i caschi del pilota tedesco, che tra l’altro potranno essere utilizzati nella carriera e nella modalità Online. Per quanto riguarda l’edizione “Standard”, invece, troveranno spazio altre vetture classiche tra le più apprezzate dagli appassionati, come la Williams-Renault di Nigel Mansell e la McLaren-Honda di Ayrton Senna, così come le monoposto che hanno preso parte alla stagione 2019 di Formula 2. Ci aspettiamo in un futuro update di vedere anche quelle della stagione odierna. F1 2020: NUOVA MODALITÀ ERS Oltre ai contenuti, F1 2020 si distingue dal precedente capitolo per alcune scelte tecniche che lo renderanno sicuramente di più facile utilizzo non solo ai novizi della guida simulata, ma anche a coloro che hanno già qualche chilometro sulle spalle. Mentre in F1 2019 si doveva ancora gestire l’ERS in maniera manuale con cinque modalità di erogazione, ora l’Energy Recovery System è stato completamente automatizzato, su consiglio di alcuni piloti reali di F1 che hanno evidenziato quanto fosse poco realistico l’intervento volontario da parte del pilota. In questo modo, ora l’ERS viene erogato e gestito automaticamente dal gioco secondo dei parametri stabiliti a seconda della pista dove si corre; l’unica possibilità di “bypassare” il sistema consiste nell’utilizzare la modalità Sorpasso, vale a dire un pulsante che permette di aumentare considerevolmente la potenza della power unit per effettuare degli attacchi nei confronti dei propri avversari oppure per migliorare il proprio tempo sul giro. Si tratta, a tutti gli effetti, del famoso Push-to-pass presente sulle vere monoposto di F1, che donerà un boost di potenza al costo di un consumo veramente veloce dell’energia a nostra disposizione. Su una gara al 25%, abbiamo notato che un utilizzo aggressivo di questa componente porta a far rimanere nelle batterie solamente un 20% di energia dopo soli tre giri, il che non si discosta molto da quanto accadeva con la gestione manuale del precedente F1 2019. Benchè questo significhi che il sistema non è cambiato molto, ciò che è migliorato è il suo utilizzo durante ogni Gran Premio: ora finalmente ci si può concentrare di più sulla guida, dovendo gestire solamente un pulsante piuttosto che ricordarsi che in ogni curva bisogna portare l’erogazione sulla modalità 0, per poi aumentarla fino a 5 e farla scendere a 4 in ogni rettilineo al fine di massimizzare la spinta della power unit... F1 2020: LA NUOVA MODALITÀ SPORTIVA Un’altra aggiunta degna di nota è sicuramente l’inedita “Modalità Sportiva”: no, non si tratta di una modalità di gioco, ma di una modalità di guida adatta a tutti coloro che si avvicinano per la prima volta al mondo della Formula 1. L’intenzione di Codemasters, infatti, è quella di far avvicinare al nuovo F1 2020 un numero sempre maggiore di appassionati, il che ha creato la necessità di rendere quanto più scalabile possibile il gameplay. Al fianco dei “soliti” aiuti alla guida (traction control, ABS, traiettoria ecc…), quindi, trova spazio questa Modalità Sportiva, che aiuta tutti quei giocatori eventualmente impauriti dalla difficoltà eccessiva del titolo in questione con un driving model più semplice. Ogni sterzata sarà assistita, così come l’utilizzo di acceleratore e freno, mentre le uscite fuori pista non saranno così penalizzanti come nella modalità di guida tradizionale (ridenominata “Realistica”). Utilizzabile esclusivamente offline, questa modalità di guida crea a tutti gli effetti un gioco completamente diverso da quello originale, che in realtà impoverisce l’esperienza al volante. Il computer, infatti, farà di tutto per farvi mantenere la traiettoria ideale, anche contrastando le vostre sterzate con la sensazione che sia inserito il “pilota automatico”. A nostro parere, questa modalità può essere utilizzata dai novizi della serie giusto per avere un assaggio di quello che è in realtà F1 2020: poi, però, il nostro consiglio è di ritornare sulla retta via… F1 2020: TUTTE LE ALTRE NOVITÀ Le novità per F1 2020, tuttavia, non sono ancora finite. A grande richiesta, infatti, è stata introdotta nuovamente la modalità Split-Screen, grazie alla quale si potranno sfidare i propri amici proprio come si faceva una volta, seduti fianco a fianco sul divano di casa. Implementato, inoltre, anche il retrovisore virtuale quando si utilizza la visuale dall’abitacolo: non tutti hanno a disposizione schermi ultra-larghi che includono gli specchietti (dove, tra l’altro, la visuale posteriore offerta non è mai stata eccelsa…), quindi l’introduzione di questa feature può essere considerata un toccasana. A livello di grafica, F1 2020 non presenta grandissimi stravolgimenti rispetto al precedente capitolo: le vetture sono sempre realizzate con cura maniacale, l’illuminazione – già ottima in F1 2019 – è stata ulteriormente affinata, mentre grande cura è stata posta nella progettazione dei circuiti e di tutto quello che circonda la pista. Per un livello di dettaglio ancora più elevato, però, bisognerà aspettare l’anno prossimo. Grande passo in avanti, invece, per il comparto sonoro: i sound delle monoposto ci sono sembrati più convincenti, corposi e belli da ascoltare, perché finalmente dotati di una tonalità che rispecchia una monoposto moderna dotata di power unit. Alcuni campionamenti di F1 2019, infatti, ci avevano lasciato l’amaro in bocca (Toro Rosso e Renault su tutte), mentre ora anche l’udito, finalmente, potrà “avere la sua parte”. Ultimo aspetto da considerare è l’intelligenza artificiale: Codemasters si è riproposta di migliorare il già ottimo lavoro portato avanti con il precedente F1 2019 e i risultati si notano fin dalla prima gara. In pista gli avversari sono davvero combattivi e non mollano facilmente quando ci si trova uno di fianco all’altro in staccata; se sono davanti a noi tenteranno di difendersi portandosi all’interno, mentre se si trovano dietro proveranno il tutto per tutto anche arrivando a ruote bloccate. Rispetto al passato, in aggiunta, abbiamo notato una “tendenza all’errore” più marcata, che lascia intendere un comportamento meno “sui binari” e più umano. Ben fatto! CONCLUSIONE Siamo giunta al termine di questa nostra recensione: com’è, quindi, F1 2020? Il nuovo titolo di corse targato Codemasters ci ha stupito: la grande quantità di contenuti che mette sul piatto garantisce ore di sano divertimento, mentre l’esperienza generale in pista permette anche ai puristi della guida simulata di trovare del buono in quello che è, in sostanza, un simcade. La tentazione di creare un proprio team, di gestirlo come si vuole e di corrervi per scalare tutti i gradini della Formula 1 facendo arrivare il proprio nome davanti a tutti è sicuramente un incentivo per godersi senza remore quello che è, probabilmente, il miglior titolo di F1 mai creato fino ad oggi. Anche per quanto riguarda le sensazioni al volante, che abbiamo volutamente omesso in questa recensione perché faremo un secondo articolo dedicato per spiegarvi per filo e per segno cos’è cambiato rispetto al precedente F1 2019. Qualche anticipazione? Poco sottosterzo e tanta guidabilità, che equivale a tanta soddisfazione per ogni giro portato a termine con successo: FINALMENTE!
  24. Puntuale come ogni anno, il gran giorno per tutti gli appassionati di Formula 1 è finalmente arrivato! Oggi, 7 luglio, il prossimo titolo di punta firmato Codemasters, F1 2020, sarà disponibile sugli scaffali di videogame di tutto il mondo in quella Schumacher Edition che vuole essere un tributo al grande Barone Rosso di Kerpen, vincitore di sette Titoli Mondiali nella massima serie automobilistica. Acquistabile su PlayStation 4, Xbox One e su PC attraverso la piattaforma Steam, la F1 2020 Schumacher Edition permetterà a tutti i fans del Circus iridato di mettere le mani sul nuovo titolo Codemasters tre giorni in anticipo rispetto al lancio ufficiale della versione "standard", dalla quale si differenzia per alcuni contenuti aggiuntivi. Innanzitutto quattro, inedite, vetture storiche, tra le quali la Jordan 191, le due Benetton-Renault del 1994 e del 1995 e la Ferrari F1-2000, con la quale il Kaiser riportò il Cavallino Rampante sul tetto del mondo durante la stagione 2000. La Schumacher Edition conterà anche delle livree esclusive a tema per la propria vettura, nuovi articoli per la personalizzazione del pilota e inedite celebrazioni quando si arriva a podio in ogni gara. A richiesta, inoltre, la si potrà acquistare in una speciale confezione Steelbox da collezione. Per quanto riguarda, invece, il titolo in sè, F1 2020 porterà in scena diverse novità rispetto al precedente 2019: la modalità MyTeam con la quale si potrà creare la propria, personale, scuderia con cui competere nel Campionato del Mondo, una rinnovata e ancora più completa Modalità Carriera, i Driver Ratings per ogni pilota (inclusi quelli di Formula 2), un modello di guida rifinito e disponibile anche in versione "sportiva" per i novizi del genere, lo Split-Screen per correre le gare a schermo condiviso e tanto, tanto altro. Per un'analisi approfondita del nuovo titolo Codemasters, non vi resta che attendere ancora qualche giorno: la nostra, personale, recensione è in arrivo!
  25. Tutto avrebbe dovuto cominciare all’inizio di marzo, sul circuito Albert Park di Melbourne, ma l’esplosione dell’emergenza Coronavirus ha costretto FIA e Liberty Media a sventolare momentaneamente bandiera bianca. Dopo mesi di stop forzato, ora è tempo di tornare in pista, quella vera! Il Mondiale di Formula 1 2020, infatti, è finalmente cominciato oggi sul circuito del Red Bull Ring, che domenica darà vita a quel Gran Premio d’Austria che sarà, a tutti gli effetti, il primo appuntamento di questa stagione. I piloti più veloci del mondo si troveranno di fronte un tracciato corto, veloce e ricco di storia, sul quale la massima serie automobilistica ha cominciato a correre fin dagli anni ‘60. Il momento che tutti gli appassionati stavano aspettando è finalmente arrivato: indossate tuta, casco, guanti e scarpette e scendete in pista con noi alla scoperta della pista austriaca. Siete pronti? DALL’AERONAUTICA AI GRAN PREMI L’attuale circuito del Red Bull Ring è situato in Austria, nella regione della Stiria e, più precisamente, nella località di Spielberg bei Knittelfeld: un luogo che già negli anni ‘50 ospitò delle corse automobilistiche, organizzate su un circuito ricavato all’interno dell’aeroporto militare di Zeltweg. Denominate Flugplatzrennen, queste gare portarono in breve tempo ai classici Gran Premi di Formula 1 del 1961 e del 1963, divenuti poi ufficiali nel 1964 con il nome di “GP d’Austria”. La superficie sconnessa e abrasiva della pista ricavata nell’aerodromo, tuttavia, si rivelò ben presto poco adatta alle monoposto della massima serie automobilistica, che lasciarono quindi il posto nel 1965 alle vetture sport e da Gran Turismo. La comunità, tuttavia, voleva riportare la Formula 1 in pianta stabile in Austria: una volontà che, poco dopo, portò alla realizzazione del primo tracciato permanente destinato a questa categoria, che potè ritornarvi a partire dal 1970. I PRIMI ANNI DELL’ÖSTERREICHRING Il nuovo circuito austriaco fu battezzato Österreichring e fu inaugurato nel 1969 con una prima gara che precedette la 1000 km di Zeltweg. L’anno successivo, invece, fu il turno della Formula 1, che tornò a disputare in pianta stabile il locale Gran Premio d’Austria. La pista così creata si presentò subito come un tracciato particolarmente veloce e caratterizzato da un’altimetria variabile, visto che venne costruito sul fianco di una collina. In origine aveva una lunghezza di 5.911 metri e, subito dopo la linea di partenza in salita, si caratterizzava per la Hella-Licht Kurve, una pericolosa chicane che lasciò ben presto il posto alla Vöst-Hügel, prima curva a destra “cieca” che non permetteva ai piloti di vedere il punto di corda in uscita. Successivamente bisognava affrontare il Flatschach, un tratto prevalentemente rettilineo che conduceva alla curva Dr. Tiroch, tornante a destra da percorrere in appoggio. Nel settore successivo, in leggera discesa, si arrivava alla Bosch-Kurve, che immetteva nell’unica parte del circuito caratterizzata da due curve a sinistra, raccordate nella Texaco-Schikane. L’ultimo settore, invece, era contraddistinto da un piccolo tratto rettilineo che conduceva verso la Jochen Rindt Kurve, tornante a destra molto difficile da affrontare che poi terminava sul rettilineo d’arrivo. Nel 1976 l’incidente mortale che costò la vita a Mark Donohue in prima curva fu il primo segnale che l’Österreichring necessitava di profondi lavori di ammodernamento. L’allargamento provvisorio della sede stradale non bastò e dopo le tre partenze del GP d’Austria 1987, la Formula 1 decise di abbandonare il circuito, a causa degli scarsi standard di sicurezza garantiti dagli organizzatori. LA SECONDA GIOVINEZZA: L’A1-RING Pur di far tornare la massima serie automobilistica in pista, nella primavera del 1988 il circuito fu sottoposto a tre mesi di lavori: la sede stradale fu allargata di un paio di metri, il rettilineo di partenza passò da 9 a 12 metri in larghezza, la Bosch-Kurve fu ridisegnata spostandola verso l’interno e le vie di fuga furono drasticamente migliorate. Questo, tuttavia, non fu sufficiente per far tornare immediatamente la Formula 1 protagonista del GP d’Austria: solo l’arrivo nel 1995 del noto architetto Hermann Tilke salvò la situazione, grazie a un profondo progetto di ammodernamento finanziato dalla società austriaca di telefonia A1. Gli interventi? La pista fu accorciata, eliminando del tutto la Hella-Licht Kurve e costruendo un rettilineo parallelo allo Flatschach per ricongiungersi alla Remus Kurve, secco tornante a destra in ripida salita che prese il posto della Dr. Tiroch. Oltre a ciò, la Texaco-Schikane fu riposizionata all’interno, la Bosch-Kurve fu rallentata e la Jochen Rindt Kurve fu trasformata in un lungo tornante a doppia curva a gomito, in modo da ricavare lo spazio sufficiente per le vie di fuga. In questo modo la F1 tornò in Austria a partire dal 1997, dando vita a un lungo periodo di corse che durò fino al 2003: quell’anno la proprietà dell’A1-Ring passò nelle mani della Red Bull, che lo chiuse di nuovo per sottoporlo ad ulteriori lavori di ammodernamento in vista di un futuro utilizzo per il DTM. IL RITORNO DEL TORO: ECCO IL RED BULL RING! Le intenzione della Red Bull, inizialmente, erano quelle di utilizzare la fisionomia del precedente A1-Ring per dar vita a un circuito più lungo e articolato: questo avrebbe compreso un’estensione chiamata “Circuito Ovest”, caratterizzata nuovamente dal Flatschach e dalla curva Dr. Tiroch, per un’iniziativa che voleva riportare in auge l’originario Österreichring. Tale progetto, tuttavia, non ebbe alcun seguito, a causa di diverse proteste ambientaliste. In questo modo, il vecchio A1-Ring rimase per lungo tempo in stato di abbandono, fino alla definitiva riattivazione dell’impianto, opportunamente ammodernato a livello di box e zona paddock, nell’autunno del 2010. In questo periodo la FIA diede il via libera a una nuova omologazione, che avrebbe ricalcato lo stesso disegno della pista precedente ma con un nome del tutto nuovo: Red Bull Ring. L’inaugurazione avvenne il 15 maggio dell’anno successivo e fu caratterizzata dalla presenza del team ufficiale Red Bull Racing, che fece scendere in pista Sebastian Vettel e Mark Webber al volante della RB6 Campione del Mondo. La prima gara ufficiale, invece, fu organizzata giusto la settimana dopo, permettendo alle Porsche Targa Tricolore di dare di nuovo spettacolo tra le colline della Stiria. Fu poi la volta del DTM, delle gare organizzate dal gruppo italiano Peroni Race, dall’ADAC tedesco e dall’International GT Open. Fecero ritorno anche le moto derivate dalla serie dell’IDM, mentre la Formula 1 ritornò a correre il locale Gran Premio d’Austria solamente dal 2014. Solitamente impegnate su questa pista per una volta l’anno, in questa stagione le monoposto più veloci del mondo, invece, correranno sul Red Bull Ring per ben due volte: questo weekend e il prossimo del 12 luglio, quando prenderà vita il Gran Premio di Stiria. RED BULL RING: DATI E STATISTICHE Attualmente il circuito del Red Bull Ring è lungo 4,318 metri e presenta 10 curve: otto a destra e solo due a sinistra. Ospita la Formula 1, le categorie minori del Circus iridato, il Campionato Sportprototipi, il DTM e alcune serie dell’ADAC tedesco, oltre al Motomondiale e al Campionato Superbike. Il record in qualifica è 1’03’’003, fatto segnare l’anno scorso da Charles Leclerc, mentre in gara è 1’06’’957, stampato da Kimi Raikkonen al volante della Ferrari SF-71H del 2018. Per quanto riguarda il Gran Premio d’Austria, il pilota più vincente di sempre in Stiria è il francese Alain Prost (tre vittorie), mentre quello più veloce è l’austriaco Niki Lauda, con tre pole position a parimerito con René Arnoux e Nelson Piquet. Il pilota con più giri veloci all’attivo è il britannico David Coulthard, primo anche in fatto di podi conquistati (cinque), mentre quello capace di accumulare più punti sulle diverse stagioni è Lewis Hamilton (83 punti). Tra i costruttori, il team più vincente e con più giri veloci all’attivo è la McLaren (sei vittorie), mentre la Ferrari svetta per il numero di pole position (otto), podi (25) e punti conquistati (271,5). Volete sapere come si affronta un hotlap sul circuito del Red Bull Ring? Allora date un’occhiata alla guida preparata dal team Mercedes AMG Petronas: il test & development driver Esteban Gutierrez vi spiegherà per filo e per segno come conquistare la prima casella in griglia!
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